Aggiornamento sulle curve e sui tassi


A distanza di qualche settimana, torniamo ad aggiornare le nostre consuete curve, assurte a nostra guida per provare ad interpretare gli sviluppi del mercato obbligazionario ormai in tempi non sospetti. Giusto per rinfrescarsi la memoria, a ottobre, i rendimenti “free-risk” sulla curva ZC avevano un top in area 0,80% di rendimento sul tratto a lunga e la curva non era particolarmente ripida; i forward su Euribor 6 mesi vedevano un top in area 1,30% con rendimenti negativi a breve termine sino a metà 2020.

Oggi la situazione è decisamente diversa, e non è una novità per chi segue costantemente i mercati e le notizie finanziarie, ma è piuttosto interessante quantificare queste differenze generatesi nel giro di poche settimane, dopo un tempo immemore di totale immobilità sul fronte dei rendimenti. Giova anche ricordare che quanto stiamo osservando sui mercati è perfettamente compatibile con il quadro che si era tracciato già diverse settimane orsono.

Passando all’esame delle nostre consuete curve, sulla ZC Yield Curve osserviamo un deciso allargamento dei rendimenti su tutto il tratto di curva, con punte di oltre 40 bps sul tratto a lunga. Infatti nell’ultimo aggiornamento si viaggiava in area 0,80% mentre ora siamo schizzati 1,22%. La curva ha inoltre mostrato un deciso irripidimento, cosa del tutto compatibile con la dinamica dei tassi impliciti cui stiamo assistendo.

Anche i forward su Euribor 6 mesi, impliciti nella curva ZC Yield Curve, seguono la stessa dinamica, con un deciso incremento di oltre 40 bps, passando da un top poco sopra 1,30% ad un top in area 1,76% circa; inoltre la curva risulta più ripida e i tassi a breve sono ora visti negativi solo fino a metà 2019.

L’aspetto singolare di tutto questo fermento, che di fatto sancisce definitivamente l’inizio del sell-off sui mercati del reddito fisso, è che le cose stanno accadendo senza che le Banche Centrali abbiano modificato di un solo bps i tassi di riferimento. E allora come si spiega?

A mio modesto modo di vedere, si spiega con il fatto che i fondamentali macro indicano ripresa (un po’ a sorpresa molto probabilmente) e quindi sul fronte USA abbiamo una buona probabilità di rialzo dei tassi il mese prossimo. Trump o non Trump, i dati della crescita sono riferiti ai trimestri precedenti, e a maggior ragione stando ai suoi piani di ulteriore crescita, la FED non potrà procastinare i rialzi oltre un certo limite. Ci può stare direte voi, ma con l’area Euro che c’entra?

C’entra per due motivi: uno che possiamo dire è di “riflesso” e l’altro che è più pratico. Se è vero che la BCE è ancora in pieno regime di QE e non ha ancora nemmeno proferito un sussurro in merito a rialzi dei tassi, è altresì vero che il QE sta giungendo al termine e si è vociferato già di tapering. Ne consegue che in un mercato drogato come quello dei bond in questi ultimi anni è normale che ci “si porti avanti con il lavoro”, iniziando a liquidare le mega posizioni costruite sulla scia del sostegno di Draghi, ben prima che la politica monetaria cambi davvero.

Possiamo quindi recitare definitivamente il de prufundis per i bond?
Certamente no: molto probabilmente si è chiusa un’epoca e non rivedremo più la salita poderosa di questi anni, tuttavia il mercato del reddito fisso ritroverà un suo equilibrio e continuerà ad essere il “core” dei portafogli e dei patrimoni di tanti risparmiatori. Ciò che cambia, e che deve cambiare da subito – salvo che non sia già cambiato – è l’approccio al mercato, onde evitare scottature feroci. Da qui in poi l’attenzione su cosa si mette in portafoglio deve essere massima, in termini di Duration, Credit Risk, DV/01 e liquidità dell’emissione.