Prese di beneficio fisiologiche sul dollaro


EurUsd (PC: 1,0535)


Pausa di riflessione per il biglietto verde, con indebolimento sul finire d'ottava.
La cavalcata post-elettorale da 1,1300 ha riportato il dollaro sui massimi del marzo 2003, con un accelerazione dopo il rialzo dei tassi di 25 b.p. da parte della Fed nella riunione del 14 dicembre che porta l'euro a toccare un nuovo minimo per l'anno contro il biglietto verde a 1,0352 il 20 dicembre, infrangendo così il precedente minimo del 16 marzo 2015 a 1,0457. 

È quindi iniziata una fase di consolidamento, con base al di sopra dei minimi ed una risalita verso 1,0600 sul finire d'ottava. La pausa di assestamento in atto appare del tutto fisiologica e verosimilmente dovrebbe proseguire nelle prossime sedute, con possibili risalite verso 1,0700-1,0800. Un segnale di maggiore forza per l'euro si avrebbe però solo al superamento della forte resistenza a 1,0800 (prematuro), con conferma al di sopra di 1,0875. Rinnovata debolezza per l'euro su discese sotto 1,0450 ma il trend dominante, che rimane impostato al ribasso, riprenderebbe solo alla violazione dei minimi a ridosso di 1,0350 (al momento poco probabile), con obiettivo 1,0250 ed estensioni (al momento improbabili) verso la parità. Per le prossime settimane la resistenza a 1,1000 non dovrà essere superata, per conservare un'impostazione favorevole al biglietto verde. 

Strategicamente il dollaro USA rimane forte, con possibili movimenti nei mesi a venire verso il grande obiettivo, anche psicologico, del macro movimento ribassista di EurUsd, sviluppatosi a partire dallo scoppio della crisi finanziaria nell'estate 2008: la parità; senza escludere livelli anche inferiori. 

La divergenza tra le politiche monetarie della Fed, da un lato, e della Bce, dell'altro, rimane un fattore a favore del dollaro. La Fed ha ipotizzato di proseguire con altri 3 rialzi nel corso del 2017, anche se è pur vero che un anno orsono aveva prospettato 4 rialzi per il 2016 e poi si è limitata a farne uno soltanto. Se pensiamo poi che negli ultimi 10 anni il rialzo complessivo è stato dello 0,50%, partendo da tassi a zero (la cosiddetta ZIRP, zero interest rate policy) e che il Bilancio Fed rimane stabile da due anni sui picchi a ridosso di 4500 miliardi di dollari, si comprende bene come il contesto della politica monetaria Usa rimanga decisamente espansivo.  I timidi rialzi che la Fed sta ipotizzando servirebbero solo a ridurre in parte una situazione che rimane strutturalmente squilibrata, ma come del resto capita anche nel resto dei Paesi sviluppati, a partire dai tassi negativi del Giappone ai tassi schiacciati verso lo zero nell'area euro. E la modalità con cui le Banche Centrali, in tutto il mondo, hanno deciso di gestire l'enorme mole dei debiti pubblici fuori controllo in un contesto economico stagnante: tassi bassi ed inflazione, negli auspici, in risalita verso il 2%, in modo che rendimenti reali negativi abbattano il valore reale dei debiti.

In tale contesto generalizzato di tassi bassi, la Bce risulta comunque tendenzialmente più espansiva della Fed e questo aspetto gioca a favore del biglietto verde contro euro.
La forza del dollaro è confermata anche dal notevole recupero post-elettorale contro lo yen (balzo da 101 a 118,65, con ripiegamento sul finire d'ottava verso 116,70), oltre che dal fatto che il dollaro si stia rafforzando contestualmente al buon andamento del mercato azionario (il Dow Jones è ad un passo da quota 20000, +14% circa da inizio anno).

OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul Dollaro, valutando alleggerimenti in ottica tattica sui livelli correnti. Possibili nuovi acquisti di dollari su risalite di EurUsd verso 1,1000.

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(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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