Piano Bar : European Zone 2016_05


Piano Bar - European Zone

Maggio 2016

Con buona probabilità i massimi che abbiamo visto lo scorso mese rappresentano l'inizio delle nuova ondata di ribasso che non risparmierà nessun indice europeo; prima che il declino sia finito i prezzi dovrebbero scendere ben al di sotto del minimo di febbraio 2016. In ogni caso tutti gli indici europei restano ben distanti dai massimi del 2015 e presentano tutti, chi più chi meno, una pessima cera. Dopo una carrellata degli indici principali, questo mese voglio concentrarmi sul FTSE 100 visti che siamo ormai a un mese dal referendum sulla BREXIT.

E sotto vediamo il Dax …

Dulcis in fundo veniamo al FTSE 100 coi suoi 17 anni di alti e bassi, bolle e crisi.

Quando migliaia di risparmiatori-investitori, si buttarono nella mischia 17 anni fa (aprile 1999) nel pieno del più sfrenato bull-market dando fiducia al mercato azionario, nemmeno i più scaltri analisti potevano prevedere che si sarebbero ritrovati, 17 anni dopo, agli stessi livelli a cui avevano acquistato allora. Eppure il FTSE 100 ha fatto esattamente questo; ad aprile del ’99 chiuse a 6583 punti e l’anno successivo ad aprile del 2000 chiuse 256 punti più giù a 6327 punti… seguì la crisi fino al minimo di onda A cerchiata a 3287 punti  a marzo del 2003 che saranno però 3926 punti a fine aprile del 2003. Passano altri anni e ad aprile del 2007 ritroviamo il FTSE a 6462 punti praticamente a un centinaio di punti dai massimi del 1999. Oggi ad aprile 2016 i libri finanziari hanno archiviato il FTSE a 6117 punti ovvero circa 400 punti sotto ai massimi del 1999 dopo aver ritestato i minimi del 2003 nel 2009. Oggi non possiamo sapere quanti analisti si sarebbero attesi allora di terminare piatti dopo 17 anni turbolenti di trading, ma possiamo facilmente stimare il numero come prossimo a zero. Due crisi finanziarie si sono prese il loro pesante tributo, l’austerità ha decimato numerose economie europee , i governi hanno scatenato stimoli finanziari a livelli mai visti nella storia umana e i tassi debitori sono oggi i più economici degli ultimi secoli se non millenni ma, nonostante questo, il grafico ci mostra come un altro pesante sell-off stia prendendo corpo. Ce n’è abbastanza per far discutere gli storici economici per i prossimi decenni su questo stupefacente capitolo della storia finanziaria britannica. Io iniziai a leggere i primi report  di Elliott Wave  International  proprio in quel lontano 1999, anche se a quel tempo non ero ancora un fedele abbonato, ma avevo un caro amico che mi girava i pdf dei numeri più significativi.

E gli analisti di EWI sul picco di aprile 1999 avevano messo un bella label di fine onda (5) di grado intermediate che a sua volta chiudeva la 5 cerchiata di grado Primary e la V di grado Cycle iniziata dai minimi del 1987…       

Il futuro dell’Europa non è mai stato messo in dubbio più di oggi. I manifestanti anti-euro ingrossano le loro fila e i partiti politici di estrema destra si stanno moltiplicando, e tra poco più di un mese i cittadini britannici sono chiamati al voto per decidere se lasciare la UE definitivamente.

Statisticamente il mood sociale (lo stato d’animo della gente) è ancora troppo elevato per pensare a una vittoria schiacciante degli anti europeisti, tuttavia gli effetti sociali del mercato orso a lungo termine sono ormai evidenti: una delle economie più importanti e grandi della UE voterà per decidere se abbandonare uno dei progetti più ambiziosi della storia. Sorprendentemente la sociètà è ancora aggrappata  alla punta alta dell’iceberg dello stato d’animo sociale. Ma nel tempo, i mercati azionari, scandaglieranno profondità prima impensabili e gli ultimi strali di ottimismo del vecchio  mercato toro si scioglieranno definitivamente.

Ora, se torniamo sui tre grafici daily iniziali,vediamo che dopo un calo di cinque onde terminato a febbraio  abbiamo avuto un movimento in contro trend che ha ripercorso circa due terzi delle precedente gamba ribassista… Ora i prezzi stanno nuovamente girando verso il basso e se  il movimento in contro trend è effettivamente terminato presto l’onda iii cerchiata dovrebbe portare rapidamente a nuovi minimi. Poi, per adesso, non chiudiamo completamente la porta anche all’alternativa rialzista, ma  graficamente la situazione non è bella anche se la % di ottimisti continua a restare alta. Un gestore di portafoglio britannico che si schiera dalla parte dei rialzista per esempio ci dice che statisticamente negli ultimi 20 anni ogni spavento, o evento geo-politico è stata una opportunità rialzista. (Telegraph del 21/4/2016) Secondo la sua analisi, la grande paura dovrebbe raggiungere il culmine due settimane prima del voto del 23 giugno. “Quello sarà il momento in cui mi darò agli acquisti” prosegue nello stesso articolo.

La reazione dei mercati alla Brexit è stata ritenuta talmente critica da indurre Bloomberg a condurre uno speciale di 30 minuti di webinar sul tema. Il Titolo “Risposta dei Mercati: Brexit vs Bremain”.

I titoli recenti dei media mostrano che sia i tori che gli orsi concordano sull’idea che il voto storico sarà un fattore pesantemente influenzante i mercati finanziari del paese. Ma siccome l’ovvio non lo controlla mai nessuno, vien da chiedersi se sarà poi vero che questo voto causerà sconvolgimenti nei mercati finanziari. L’unica cosa certa è che il voto sulla "brexit" ha generato e genera incertezza che come tutti sanno non è amata dai mercati. Tuttavia c’è anche chi ritiene che una volta espresso il voto , la fiducia negli investitori tornerà e che i mercati finanziari torneranno al loro normale svolgimento dell’attività. Ma dall’altra parte si osserva invece che applicare la parola “normale” alla negoziazione dei mercati finanziari è molto difficile dal momento che le azioni riflettono degli stati d’animo collettivi che vacillano selvaggiamente da un estremo all’altro. Va inoltre ricordato che un paio di anni fa quando la Scozia tenne il suo referendum per decidere se rimanere o meno nel Regno Unito, la paura e l’incertezza che precedettero l’evento erano molto simili al voto di oggi. E siccome alla fine il voto decise per la permanenza della Scozia nel Regno Unito, uno poteva aspettarsi che, all’indomani del voto, il FTSE 100 avrebbe dovuto salire… giusto?  E invece manco per niente! Passato il 19 settembre, nelle quattro settimane successive l’indice perse un 11%.

Il modello delle onde e la socionomica spiegano perché i mercati non rispondono alle notizie in modo convenzionale, ma le persone sono talmente abituate alla teoria che le news guidano il mercato che la prova contraria non ha alcun valore. Il prossimo voto sulla Brexit è un testa a testa, ma per quello conta il nostro pensiero, probabilmente lo schieramento favorevole all’uscita sarebbe aiutato da un importate sell-off sul mercato azionario, ma se questo non accade, è probabile che lo status-quo prevalga e la UE resti per ora intatta.

Prima di terminare diamo uno sguardo al problema della deflazione.

Oggi, la comunità finanziaria non ha ancora piena consapevolezza del potenziale deflazionistico dell'Europa, così che la maggior parte delle persone sottovaluta ancora pericolosamente quanto la deflazione può fare ad un'economia malata. Il capo economista di una grande banca con sede a Varsavia su Bloomberg del 6 aprile dice:  "Qua in Polonia una profonda e persistente deflazione è un dato di fatto". In effetti, i prezzi al consumo polacchi a marzo 2016 sono scesi quasi dell’1%.

Per trovare un simile dato bisogna tornare indietro fino alla metà degli anni ’50. Il tutto aggravato dal fatto che l’attuale depressione in Polonia, difficilmente potrà porre fine a questo contesto in tempi rapidi. Il WIG20 è sceso del 35%  da marzo 2015 portando gli investitori ad attaccarsi alle obbligazioni, a prescindere da quanto basso sia il loro rendimento. Il Bank of America Index Global Broad Market, che traccia i rendimenti sul debito pubblico in relazione al loro investment-grade in tutto il mondo,  è appena sceso ai livelli più bassi degli ultimi 20 anni. Quindi, chiaramente, gli investitori a reddito fisso, che seguono da vicino gli indici dei prezzi a causa del loro effetto sui pagamenti di cedole, non mostrano quasi nessuna preoccupazione per un aumento dell’inflazione  guidato della banca centrale. Il tranello è che mentre gli investitori di bond rimangono schiavi  distratti da ciò che percepiscono storicamente come "un’inflazione benigna", il nemico più pericoloso della deflazione continua a radunare le sue forze.

Per esempio, sempre da Bloomberg apprendiamo che il numero di rivenditori in difficoltà in Gran Bretagna dal 2013, è tranquillamente raddoppiato.

Bloomberg definisce le difficoltà finanziarie come "Insolvenza o un marcato peggioramento dei principali indici finanziari". Ma poiché gli indici finanziari sono in ritardo sull'economia, che a sua volta è in ritardo rispetto ai mercati azionari, il numero di imprese travagliate nel Regno Unito sarà sicuramente più alto se i mercati azionari continueranno a cadere.

Nel mese di aprile, BHS Group, che è sopravvissuto ad ogni recessione economica dall’apertura del suo primo negozio a sud di Londra nel 1928, ha presentato istanza di fallimento e sta mettendo a rischio 11.000 posti di lavoro.  Come ha detto di recente uno stratega di  Bloomberg, "Abbiamo avuto il debito aziendale più alto che mai, e  la leva più alta che mai, che aumenta il potenziale per un maggiore dolore". (Bloomberg, 4/6/16) Chiaramente, l'economia di oggi presenta un puzzle deflazionistico che anche le imprese più robuste devono ancora capire.

Ci sono un paio di aspetti sottovalutati circa la deflazione, nell'ambiente di oggi. Mentre l'inflazione semplicemente danneggia il mercato obbligazionario svalutando capitale e interessi, la deflazione praticamente distrugge il mercato generando diffusi fallimenti. E poiché l'ottimismo rimane elevato, gli investitori a reddito fisso rimangono dell’idea che i default diffusi sono impossibili nell’economia del 21° secolo. Questa convinzione pericoloso sta per far evaporare enormi segmenti dell'economia. La montagna di debiti del Regno Unito ed anche del debito europeo è in costante crescita dal 2008. Il totale dei debiti dell'Eurozona e del Regno Unito durante i primi anni del 2000 oscillavano tra il 50% e il 60% del PIL,  ma la crisi finanziaria del 2008 ha cambiato tutto: i rapporti debito-PIL si sono spiniti ora al di sopra del 90%  man mano che i governi hanno emesso presititi per impedire l'inevitabile contrazione economica.

Ciò che sale deve scendere, però, questo articolo di Bloomberg riconosce che l'inversione incombente sarà una delle più agonizzanti ancora:

The Coming Default Wave Is Shaping Up to Be Among Most Painful —Bloomberg, April 6, 2016

La prossima ondata di default si preannuncia di essere tra le più dolorose - Bloomberg, 6 Aprile 2016.

In conclusione la prossima crisi dovrebbe superare di molto quella del 2008 per diversi motivi. In primis va considerato che il  calo dei tassi di interesse nel corso dell'ultimo ciclo del credito ha permesso a molte aziende di rifinanziare il loro debito , anziché  finire inadempienti in default, ma oggi quel tipo di rimedi non è più disponibile. Poi va messo in conto che i livelli di leva attuali sono molto più alti di quanto non lo fossero nel 2008 per cui le emittenti di obbligazioni oggi detengono più debito di prima in rapporto alle attività disponibili, ragion per cui, quando le condizioni finanziarie costringeranno queste aziende a liquidare, un  mucchio di ricavi in contrazione dovrà coprire una montagna crescente di passività e infine non va dimenticato che i tassi di recupero sono significativamente in calo, il che significa che gli investitori quando un'emittente di obbligazioni va in default, non recuperano interamente il capitale.  Negli ultimi due anni, il tasso di recupero dei crediti è sceso  da 44 centesimi a 29 centesimi per dollaro secondo Bank of America Merrill  Lynch. La stessa Bank of America dice anche che questo fenomeno  potrebbe colpire la metà degli adolescenti prima di questo ciclo del credito finisca, ma pensiamo che i tassi di recupero arriveranno molto più vicini allo zero. Il problema è che, una volta che gli investitori diventano sospettosi sulla possibilità di recuperare i loro denari, la preoccupazione diventa quasi impossibile da sloggiare.

Esiste poi un "aspetto culturale" che dobbiamo considerare: la maggior parte delle persone danno per scontato gli effetti benefici della cooperazione continentale; tutte cose che diventeranno praticamente inesistenti durante la prossima ondata verso il basso. Nel 2008, i governi montarono uno sforzo coordinato per salvare l'economia europea. Ma la prossima volta, ogni città, regione, e paese dovrà provvedere a se stesso. "Le frontiere aperte difficilmente sopravvivono ad una crisi di umore sociale ". Le norme di Schengen che dal 1985 hanno permesso agli europei di viaggiare liberamente senza passaporto, sono sempre più spesso messe in discussione e rischiano una lenta scomparsa.

Da alcuni mesi i ricercatori hanno iniziato a stimare i costi economici per un'eventuale reintroduzione delle frontiere. I numeri sono ancora ballerini ma si è già arrivati a stimare quasi 500 miliardi di Euro di Pil che andrebbero in fumo nel giro di 10 anni. Praticamente sarebbe come chiudere un'azienda delle dimensioni delle BMW ogni anno per i prossimi 10 anni. I muri di filo spinato in Ungheria come le minacce dell'Austria di chiudere lo storico passo del Brennero, sono tutti segnali di un Europa disunita e insistente che lasciano presagire un rafforzamento dei confini fisici man mano che l'umore sociale peggiorerà al crescere di flussi di migranti illegali crescenti e le barriere culturali aumenteranno. Ma a parte questo, è significativo il fatto che la maggior parte delle banche tedesche si rifiutino di condurre trattative in inglese. E dire che il 90% delle banche europee comunica con la BCE in inglese, ma nonostante questo solo tre banche tedesche lo fanno.

Chi vivrà vedrà...

alla prossima

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