Report Valutario


EURUSD (PC: 1,1275)

Major Trend: l’impostazione dominante rimane al ribasso, con tendenza alla lateralizzazione a partire dal marzo 2015. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in via di progressiva normalizzazione, anche se ancora molto espansiva – e della Bce – in ulteriore espansione fino al marzo 2017 (ed in accelerazione da aprile 2016), con tassi di interesse schiacciati sullo zero quando non in territorio negativo – mantiene un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Il trend ribassista dominante riprenderebbe una volta esaurita la fase laterale in essere alla violazione di 1,0700-1,0800 (prematuro), con primo obiettivo i minimi del marzo-dicembre 2015 in area 1,0455-1,0540 e quindi (al momento improbabile) il test del supporto psicologico rappresentato dalla parità. L'ipotesi ribassista dovrebbe essere accantonata in caso di risalite del cambio al di sopra dei picchi di fine agosto 2015 a 1,1715, eventualità che al momento pare ipotizzabile soltanto qualora la Fed dovesse decidere di soprassedere rispetto al programma annunciato di graduale rialzo dei tassi o, in caso di forti tensioni sul sistema finanziario (al momento improbabili), ipotizzare addirittura un nuovo round di easing quantitativo, riprendendo il programma interrotto nell'ottobre 2014 con ulteriori espansioni del proprio Bilancio (stabile da ottobre 2014 a ridosso di 4,5 trilioni di dollari).
Le preoccupazioni della Fed sulla tenuta dei mercati finanziari sono emerse a partire dalla riunione del 16 marzo 2016 quando il Fomc ha iniziato ad assumere un atteggiamento decisamente attendista, confermato nelle ultime settimane, in merito al percorso inizialmente previsto di graduale rialzo dei tassi: ciò conferma che la "normalizzazione" della politica monetaria ultra-espansiva degli Usa sarà decisamente lenta, e ciò potrebbe portare ad un lungo stallo nel cambio EurUsd, all'interno dell'intervallo con estremi 1,0700-1,0800 (ext 1,0455-1,0540) e 1,1615-1,1715, con zona spartiacque in area 1,1100-1,1200.

Medium Trend: da metà marzo 2015 si è assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo in area 1,0455/0540 ed al di sotto di area 1,1615/1715. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, dopo il tracollo dai picchi del maggio 2014 a ridosso di 1,4000. All’interno di tale trading-range, l'atteggiamento 'dovish' della Fed degli ultimi mesi ha favorito un indebolimento del dollaro: dal valido supporto a ridosso di 1,0800, testato il 2 marzo e ritestato durante la conferenza stampa di Draghi del 10.03, si è sviluppata una risalita dell'euro con un picco a 1,1618 il 3 maggio; verso fine maggio il cambio è poi ridisceso verso 1,1100, per poi risalire verso 1,1430 il 9 giugno - alla luce dei dati negativi sul mercato del lavoro Usa, che inducono la Fed a rinviare ulteriormente il rialzo tassi, precedentemente ipotizzato per il mese di giugno - e da un ripiegamento verso 1,1130 nelle ultime sedute.  Un nuovo impulso rialzista affidabile per l'euro si avrebbe solo al superamento di 1,1615 (poco probabile), con conferma al superamento della resistenza critica a 1,1715 (improbabile). È verosimile che un eccessivo apprezzamento dell'euro verrebbe prontamente contrastato dalla Bce, la cui preoccupazione maggiore è arginare le spinte deflazionistiche nell'area, che sarebbero ovviamente aggravate da un euro in risalita. Un nuovo segnale ribassista si avrebbe però solo alla violazione del supporto in area 1,1050-1,1100 (prematuro), che riproporrebbe la parte bassa del trading-range, il valido supporto in area 1,0700-1,0800. Solo alla violazione di tale supporto (al momento improbabile) si avrebbe un segnale di ripresa delle vendite sull'euro, ma ciò appare assai prematuro visto che anche la Fed difficilmente accetterebbe apprezzamenti marcati del dollaro Usa in questo frangente. Gli interessi contrastanti delle due Banche Centrali potrebbero quindi risolversi nel prolungamento della fase di stallo dell'ultimo anno ancora per molti mesi a venire, all'interno di un trading-range dove il cambio potrebbe continuare a muoversi liberamente per mutuo, tacito consenso delle parti. In tale prospettiva si rischia di correre dietro a molti falsi segnali, alla ricerca di una direzionalità di più ampio respiro che invece manca.

Minor Trend: dal minimo a 1,0825 del 2 marzo - livello ritestato durante la conferenza stampa di Mario Draghi di giovedì 10.03 quando il Presidente della Bce ha cercato di stemperare le dichiarazioni di allargamento quali-quantitativo del QE e del ribasso tassi con note che volevano evitare eccessive attese di ulteriori tagli dei tassi nel prossimo futuro (probabilmente per scongiurare una caduta repentina dell'euro, che avrebbe fatto salire la tensione con la Fed) - si è sviluppata una risalita del cambio esauritasi nel picco del 3 maggio  a 1,1618. Sono quindi prevalsi i realizzi con una ridiscesa verso 1,1100 a fine maggio e quindi da una risalita verso 1,1430 il 9 giugno, alla luce di dati negativi sul mercato del lavoro Usa che hanno indotto la Fed a rinviare ulteriormente l'ipotizzato rialzo tassi, precedentemente atteso per il mese di giugno. Nelle ultime sedute il cambio è poi ripiegato verso 1,1130. La tenuta della valida resistenza in area 1,1400/1450 conferma la scarsa tonicità del cambio ed è coerente con l'ipotesi di ampia lateralità avanzata. Un impulso rialzista si avrebbe solo al superamento di tale resistenza (poco probabile), con primo obiettivo la resistenza a 1,1525. Un nuovo segnale distensivo si avrebbe su pronte ridiscese al di sotto di 1,1180, con obiettivo il valido supporto in area 1,1050-1,1100, dove dovrebbero esserci ordini in acquisto. Un impulso ribassista affidabile si avrebbe solo alla violazione di 1,1050 (al momento poco probabile), che riproporrebbe il test del valido supporto a 1,0800, dove sono comunque attesi ordini in acquisto. Le posizioni corte aperte sulla recente risalita del cambio in area 1,1400/1450 sono mantenibili con obiettivo in area 1,1050-1,1100. Per l'apertura di eventuali posizioni lunghe attendere storni in area 1,0700-1,0800.

USDJPY (PC: 104,22)

Major Trend: l’impostazione dominante al rialzo degli anni passati denota una tendenza alla lateralizzazione nell'ultimo semestre 2015, al di sotto del picco a ridosso di 126 toccato ad inizio giugno, con un peggioramento da inizio febbraio 2016 ed un veloce sell-off che respinge il cambio al di sotto del supporto in area 110-111 (minimo 105,55 il 3 maggio); il cambio si riporta verso 111,50 a fine maggio, per poi ridiscendere velocemente nelle ultime sedute portandosi al di sotto del supporto chiave a 105 (min 103,55 il 16.06), alla luce del nuovo rinvio del rialzo tassi negli Usa. Le forti prese di beneficio sulle posizioni corte in yen nei mesi passati si sono accompagnate, come divenuto oramai consueto negli ultimi anni, alle pesanti vendite sui mercati azionari, in specie in Giappone e nell'area euro: in una situazione di risk-off, ovvero di avversione al rischio con conseguenti liquidazioni di posizioni lunghe sull'azionario, è infatti normale assistere a contestuali ricoperture sulle posizioni corte detenute in yen in ottica di "carry-trading". Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in via di graduale, molto graduale normalizzazione, anche se comunque molto espansiva – e quella portata avanti dalla Banca del Giappone – in continua espansione da fine 2012 per volontà del Governo Abe, con tassi di interesse schiacciati sullo zero – mantiene ancora, nonostante il forte indebolimento degli ultimi mesi, un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Il quadro tecnico per i mesi a venire, tuttavia, tornerebbe rialzista solo al superamento di 118 (assai prematuro), con conferma sopra 122 (al momento improbabile). La conferma della violazione del supporto chiave a ridosso di 105 potrebbe far crescere le tensioni con la Banca del Giappone, fortemente preoccupata da un così veloce apprezzamento dello yen.

Medium Trend: dal picco a ridosso di 122 (max 121,87 il 29.01) il cambio è sceso in accelerazione fino a toccare un minimo a ridosso di 111 l'11 febbraio, con un consolidamento al di sotto di 115 ed un nuovo test di 111 il 24 febbraio, e poi ancora il 17 marzo (min 110,66). Ad inizio aprile si è assistito ad un'accelerazione al ribasso, con un nuovo minimo il 3 maggio a 105,55, per poi rimbalzare verso 111,50 a fine maggio e nuovamente ridiscendere in velocità nelle ultime sedute con la rottura del supporto chiave a 105 (min 103,55 il 16.06), a causa del nuovo rinvio del rialzo tassi da parte della Fed. Le dichiarazioni "dovish" della Fed sui prossimi rialzi tassi negli Usa rilasciate a partire dal Fomc del 16 marzo, e recentemente rafforzate dalla Yellen alla luce del deterioramento dei dati sul mercato del lavoro, hanno sinora tenuto sotto pressione il dollaro, con crescenti segnali di nervosismo da parte della BoJ. Anche nel cambio dollaro/yen sono infatti le politiche monetarie più o meno espansive delle rispettive Banche Centrali a fare la differenza, col rischio di tensioni e di gare a chi fa di più per deprezzare la propria divisa, senza innervosire troppo le controparti. Il nuovo rinvio dell'ipotizzato rialzo tassi fa crescere la pressione sul biglietto verde portandolo su livelli di forte tensione nei confronti della BoJ. Se il cambio dovesse rimanere sui livelli correnti, o peggio scivolare verso quota 100, ci sarebbe da attendersi ritorsioni da parte delle autorità politico-monetarie giapponesi. Per avere un primo segnale distensivo occorrerebbe una pronta risalita e consolidamento al di sopra di 111,50-112 (prematuro).

Minor Trend: dopo avere toccato un nuovo minimo di periodo a 105,55 il 3 maggio, il cambio ha messo a segno un rimbalzo verso 111,50 a fine maggio, per poi accelerare nuovamente al ribasso alla luce di dati negativi sul mercato del lavoro Usa che fanno slittare nuovamente l'atteso rialzo tassi Fed, precedentemente ipotizzato per il mese di giugno. Le vendite hanno spinto il cambio al di sotto del supporto chiave in area 105,00/50, registrando un nuovo minimo a 103,55 il 16 giugno. I livelli correnti rappresentano sicuramente un "eccesso", che potrebbe innescare ritorsioni da parte delle autorità politico-monetarie giapponesi, sopratutto se la discesa dovesse proseguire verso la soglia psicologica di supporto a quota 100. Possibili rimbalzi verso 107,50-108 ma le pressioni ribassiste diminuirebbero solo su pronte risalite al di sopra di 110 (prematuro), ed un segnale convincente di miglioramento si avrebbe solo al superamento della resistenza in area 111,50-112,00 (al momento poco probabile), con obiettivo l'area 114,00/60: finché il cambio resta al di sotto di tale resistenza il tono di fondo permane fragile. Le posizioni lunghe aperte sulla discesa in area 105,00/50 si possono mantenere con obiettivo 110 e quindi 111,50.


EURGBP (PC: 0,7856)

Major Trend: dal gennaio 2009 l'impostazione è stata stabilmente al ribasso, con la sterlina inglese favorita da un differenziale di rendimento – ancorché modesto –  a proprio favore. Rispetto ai livelli di fine 2008 la sterlina è arrivata ad apprezzarsi di un 40% circa contro euro, col cambio passato da 0,9800 ad un minimo a 0,6935 a luglio 2015. Nei mesi passati si è assistito ad una fase di lateralizzazione al di sopra dei minimi di luglio ed al di sotto dei picchi di metà ottobre a ridosso di 0,7500, superati al rialzo a partire dal 20 gennaio, con un'accelerazione verso 0,8000-0,8100 (max 0,8117 il 07.04). Le quotazioni sono ripiegate verso 0,7735 a fine aprile, per poi consolidare al di sotto di 0,7950 e quindi ridiscendere verso 0,7565-0,7600 a fine maggio; a partire da inizio giugno il cross ha poi iniziato una risalita verso 0,8000. Nostante il buon rialzo dell'euro nel periodo dicembre-inizio aprile - legato al rischio della possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, da decidersi nell'oramai imminente referendum del 23 giugno - il quadro tecnico più ampio rimane ancora a favore della sterlina. Non si possono comunque escludere movimenti erratici per diversi mesi a venire e possibili ulteriori risalite nelle settimane a venire verso 0,8250, il cui superamento (poco probabile) metterebbe in discussione la validità del major down-trend. Perdita di spinta su ridiscese al di sotto di 0,7500 (prematuro) e ripresa delle vendite sotto 0,7200-0,7400 (al momento poco probabile), con obiettivo i minimi 2015 in area 0,6935-0,7000

Medium Trend: da inizio marzo 2015 si assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo a 0,6935 ed al di sotto di 0,7500, superato al rialzo a metà gennaio, con strappi verso 0,7900, seguiti da un consolidamento al di sopra di 0,7695 e quindi da una nuova risalita verso 0,7930 il 25.02, livello superato negli ultimi mesi (max 0,8117 il 07.04). Dal picco del 7 aprile le quotazioni sono poi ripiegare verso 0,7735 a fine aprile, per poi consolidare al di sotto di 0,7950 e quindi ridiscendere verso 0,7565-0,7600 a fine maggio, risalendo poi verso 0,8000 nelle ultime sedute. La tenuta della resistenza in area 0,7950-0,8000 mantiene un quadro tecnico sostanzialmente laterale, al di sopra del supporto in area 0,7500/7565. 

Minor Trend: dai picchi del 7 aprile a 0,8117 il cross scende fino a toccare un minimo a 0,7565 il 25 maggio, livello ritestato il 31 maggio, per poi risalire verso 0,8000 il 16 giugno. La tenuta di 0,7650 conserva un tono moderatamente positivo, ma un nuovo impulso rialzista si avrebbe solo al superamento della valida resistenza in area 0,7950-0,8000 (prematuro). Il tono peggiorerebbe su pronte ridiscese al di sotto di 0,7650, con conferma alla violazione del supporto a 0,7565 (prematuro), che riproporrebbe il test del supporto a 0,7500, dove sono attesi ordini in acquisto. Eventuali posizioni lunghe in sterline aperte in area 0,7750-0,7800 sono da mantenere, con stop sopra 0,8000. Non è opportuno aprire posizioni corte in sterline, per lo meno finché il cross rimane al di sotto di 0,8000. L'imminenza del referendum sul cosiddetto "Brexit" (23 giugno) potrebbe far salire la volatilità sul cross: al momento, tuttavia, non emergono segnali di tensione o di particolare direzionalità, come se il mercato - nonostante le molte chiacchiere sul tema - si attendesse in realtà un nulla di fatto.


EURCHF (PC 1,0828)

Major trend: nei mesi passati il cross si è mosso lateralmente tra 1,0150 e 1,1050, con volatilità in progressiva diminuzione dopo il collasso del cambio avvenuto nella mattinata del 15 gennaio 2015 a seguito della rimozione del cap sul franco svizzero ad 1,2000 e conseguente caduta libera dell'euro fino a toccare un minimo infraday a ridosso di 0,8500 e successiva risalita sopra la parità. La Banca Nazionale Svizzera ha portato in negativo i rendimenti (il decennale "rende" il -0,50% e per avere un tasso positivo sui governativi occorre acquistare scadenze superiori ai 30 anni!), in modo da scoraggiare acquisti di franchi svizzeri e conseguenti apprezzamenti del cambio, considerati come una minaccia per l'economia del Paese. A fine gennaio 2016 si è assistito alla fuoriuscita del cambio dalla parte alta del suddetto trading-range, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, seguito però da una veloce ridiscesa verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da una risalita che si è recentemente riportata verso 1,1135 (il 23 maggio), per poi ripiegare velocemente, riportandosi verso 1,0775-1,0800 nelle ultime sedute. Anche se è prematuro ipotizzare rialzi consistenti dell'euro in ottica plurimensile, investimenti in franchi svizzeri rimangono poco interessanti stante la remunerazione decisamente negativa dei titoli espressi in CHF e la bassa probabilità di sostanziali apprezzamenti della divisa elvetica nei mesi a venire.

Medium trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in consolidamento all'interno del range tra 1,0750 e 1,0945, il cross ha messo a segno una veloce risalita verso 1,1200 il 4 febbraio, seguita da uno storno verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da un consolidamento al di sotto di 1,1025, recentemente superato al rialzo con un allungo verso 1,1135 il 23 maggio. Nelle ultime settimane il cross è poi velocemente ridisceso, riportandosi in corrispondenza di 1,0775-1,0800 nelle ultime sedute, contestualmente al nuovo scivolone dei mercati azionari dell'area euro. Il trend di fondo denota una lateralizzazione all'interno dell'intervallo con estremi 1,0750-1,0800 e 1,1135-1,1200: il quadro tecnico in ottica plurisettimanale si deteriorerebbe solamente su ridiscese al di sotto del valido supporto in area 1,0800-1,0750 (in fase di test), con primo obiettivo importante area 1,0500-1,0600. 

Minor Trend: il movimento di risalita dai minimi del 18 dicembre a 1,0756 ha portato il cross a fuoriuscire dalla parte alta del trading-range dominante nei mesi passati, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, per poi ripiegare velocemente verso 1,0800 a fine febbraio e quindi, dopo un consolidamento al di sotto di 1,1025, risalire verso 1,1135 il 23 maggio. Nelle ultime settimane il cross è ridisceso, riportandosi in corrispondenza di 1,0775-1,0800 nelle ultime sedute, contestualmente al nuovo scivolone dei mercati azionari dell'area euro. Finché il cross rimane al di sotto di 1,1000 il tono rimane debole, anche se la prossimità del valido supporto in area 1,0750-1,0800 dovrebbe sostenere le quotazioni. Il supporto successivo rilevante è individuabile in area 1,0500-1,0600. Moderata positività al superamento di 1,1000 (poco probabile), ma un impulso rialzista affidabile si avrebbe solo al di sopra della resistenza in area 1,1135-1,1200 (improbabile). Possibili vendite di euro su risalite del cross in area 1,1150-1,1200; le posizioni lunghe aperte sulla discesa in area 1,0750-1,0800 si possono mantenere con obiettivo 1,1000. Al momento movimenti consistenti appaiono ancora poco probabili.

DOLLAR INDEX (PC: 94,28): il "Dollar Index" esprime la dinamica del dollaro USA nei confronti di un paniere costituito dalle maggiori divise mondiali, rappresentative dei maggiori partner commerciali dagli Usa. In termini di pesi la parte del leone la fa l'euro (circa il 57%), seguito dallo yen (circa il 14%), la sterlina inglese (circa il 12%), il dollaro canadese (circa il 9%), la corona svedese ed il franco svizzero (circa il 4% ciascuno).

Major Trend: dopo una lunga fase laterale, di riaccumulazione, da metà 2008 a metà 2014, con volatilità in contrazione, si è sviluppato un forte movimento rialzista che ha portato il Dollar Index a registrare un massimo poco sopra quota 100 nel marzo 2015, livello ritestato nel mese di dicembre, con una base al di sopra del supporto chiave in area 92,60-94,00, recentemente perforata, anche se solo marginalmente (min 91,92 il 3 maggio 2016). Il rimbalzo delle ultime settimane ha poi ricondotto il dollar Index verso quota 96 (a fine maggio), per poi consolidare al di sopra di 93,40, fornendo così un segnale di tenuta dei supporti chiave. La debolezza del dollaro Usa a partire da inizio febbraio 2016 non ha quindi ancora compromesso il quadro strategico, che rimane nonostante tutto ancora a favore del dollaro Usa. Sembra comunque che la fase di trading-range in atto possa continuare nei mesi a venire e rifletta una zona di "equilibrio", mutuamente e tacitamente accettata dalle varie Banche Centrali: una fuoriuscita da tale intervallo comporterebbe probabilmente un'impennata della volatilità e possibili ritorsioni da parte di quei Paesi (Giappone, in primis, ed area euro) che non sono disposti ad accettare eccessivi apprezzamenti dei rispettivi livelli di cambio contro il dollaro Usa, per gli impatti deflazionistici che ciò avrebbe sui propri sistemi economici e le possibili ricadute negative sui propri sistemi finanziari. I livelli raggiunti dal dollaro Usa nelle ultime sedute riflettono già una situazione di forte tensione contro yen, e i supporti testati non devono essere infranti pena tensioni tra Banche Centrali e possibili "guerre valutarie". Il quadro tecnico si stabilizzerebbe solo su pronte risalite e consolidamenti al di sopra di 97,50-98,00 (prematuro). 

Medium Trend: da inizio marzo il dollaro si è decisamente indebolito, ridiscendendo al test dei minimi dell'agosto 2015 in area 92,60-94,00, marginalmente perforati (min 91,92 il 3 maggio). Il rimbalzo in essere dai minimi ha raggiunto quota 96 a fine maggio, seguito da un veloce storno verso 93,40 nelle ultime sedute:  i dati negativi sul mercato del lavoro Usa delle ultime settimane hanno indotto la Fed a procrastinare ulteriormente il rialzo tassi, precedentemente ipotizzato per il mese di giugno. La tenuta del supporto in area 93,40-94,00 potrebbe consentire una ripresa del rimbalzo (segnale al superamento di 96,00/50), ma finché l'indice rimane al di sotto della resistenza in area 98,00/50 il tono di fondo per le prossime settimane rimane ancora debole. La tenuta del supporto chiave in area 91,90-92,60 (probabile) è fondamentale pena un avvitamento al ribasso per le settimane ed i mesi a venire. 

Minor Trend: la discesa del dollaro si spinge al di sotto dei minimi dell'agosto 2015 in area 92,60-94,00, toccando un nuovo minimo minimo a 91,92 il 3 maggio. Nelle ultime settimane il dollar Index  è poi risalito raggiungendo quota 96, a fine maggio, riducendo le pressioni ribassiste, per poi però ridiscendere velocemente verso 93,40 l'8 giugno e quindi stabilizzarsi al di sotto di 95,30, a causa dell'atteggiamento attendista della Fed sul prossimo rialzo tassi, precedentemente previsto per il mese di giugno. Pena un nuovo deterioramento del quadro tecnico, le quotazioni devono mantenersi al di sopra di 93,40-94,00; il tono migliorerebbe su pronte risalite al di sopra di 95,50 e gli acquisti tornerebbero al superamento di area 96,00/50 (prematuro), con primo obiettivo 97,50. Le vendite riprenderebbero al di sotto di 93,00/50 (al momento poco probabile), per un nuovo test di 91,90 (ext 90). Il dollaro si trova a ridosso di livelli chiave di supporto contro yen, col rischio che si inneschino tensioni con la Banca del Giappone; tranquillo invece il quadro tecnico del dollaro contro le altre principali divise. Eventuali posizioni lunghe aperte sulla discesa in area 92,60-93,00 si possono mantenere con obiettivo 96,25 e quindi 97,00. 

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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