Cedole & dividendi: ● “Inflation”, lasciateli stare ● Rand, questi i migliori bond ● Nuove emissioni ● 5 azioni regine di utili


Questo report viene pubblicato ogni mercoledì, con aggiornamenti infrasettimanali in presenza di notizie di rilievo

BOND

Dopo aver analizzato la scorsa settimana la situazione dei Cct in confronto ai bond a tasso fisso, proseguiamo oggi con un parallelo fra titoli “inflation linked” (più precisamente emessi dallo Stato Italiano) e Btp. E’ il momento di rientrare alla grande sulla prima categoria di obbligazioni? La risposta è negativa, poiché al momento attuale Btp€i (indicizzati all’inflazione europea) e Btp Italia (indicizzati a quella di casa nostra) rendono decisamente meno dei “colleghi” a cedola costante. Con previsioni di rialzo del costo della vita per il 2016, nell’area euro, dello 0,20% e in Italia – nel migliore dei casi – fermo allo 0%, è evidente che l’“appeal” resta molto basso. Attenzione però: per gli “inflation” occorre valutare due tipi di rendimenti:

Btp 3,75% scad. 2021 (Isin IT0004009673): yield 0,08%

Btp€I 2,1% scad. 2021 (Isin IT0004604671): yield -0,10% (con infl. swap 0,54%)

Btp Italia 1,25% scad. 2020 (Isin IT0005058919): yield -0,16% (con infl. swap 0,57%)

E’ evidente come in questo momento l’inflazione non paghi; lo dimostra il fatto che perfino un calcolo dei rendimenti parametrati alle previsioni di “inflation” media futura – mediante gli strumenti finanziari conosciuti come “swap” – attesta un valore di poco superiore allo 0,50%, del tutto risibile. Se ci si allunga nelle scadenze e si va verso il 2030 la situazione risulta ancora peggiore, con un divario fra Btp e Btp€i che si allarga.

In sintesi: l’inflazione costa a chi investe e la sintesi porta a valutare piuttosto il posizionamento su dei tassi variabili, visto che presumibilmente sarà la politica monetaria ad anticipare quella inflattiva. Per ora sono comunque ragionamenti da teorici: la realtà dice che scegliere strade alternative ai tassi fissi – pur con i movimenti quasi irrazionali delle ultime due settimane – non conviene. Tutto il resto conta poco.

Quelli in valute emergenti: 1° puntata - in rand sudafricani

L’esordio sul Mot di nuove obbligazioni di World Bank in rand e real (ne scriviamo successivamente) è l’occasione per aprire una finestra stabile sulle obbligazioni in valute emergenti, uniche che da due anni consentono di affrontare un mercato altrimenti avaro di rendimenti, iniziando proprio dalla divisa sudafricana, con un’analisi adatta a valutare le sue “chance” e a scegliere i bond più redditizi.

Quadro economico – Il sud Africa attraversa una fase complessa, con l’economia però in ripresa grazie al traino dell’industria mineraria. Il tasso di crescita annua del Pil è risalito al 3,3% nel secondo trimestre 2016, dopo il pessimo -1,2% dei primi tre mesi dell’anno. L’inflazione è stabile sul 6%, mentre il tasso di interesse primario si è stabilizzato da marzo al 7%.

Quadro politico - Piuttosto confuso, con un’avanzata di oppositori all’attuale sistema partitico, che si esprime anche con quote non trascurabili di popolazione dichiaratamente favorevole al ritorno a un regime segregazionista. Alcuni scandali hanno colpito il Paese, ma appaiono impensabili passi indietro sul fronte della democrazia.

La valuta – Da inizio anno è partito un canale di consolidamento sull’euro, con una rincorsa che ha riportato il rand da quota 18 a quasi 15, area di inevitabile congestione. Una sua decisa rottura ricondurrebbe il “cross” in area 13. Livello di forza: sotto i 14,8 contro euro – livello di debolezza: alla rottura di 16,4 contro euro.

Cosa monitorare – Le quotazioni di oro, platino e carbone, di cui il sud Africa è grande esportatore. Se salgono, il rand si rafforzerà su dollaro ed euro.

Le emissioni più redditizie – Eccole le migliori, che occorre valutare prendendo a riferimento l’attuale tasso di interesse al 7%, livello da cui potrebbe ripartire una fase di riduzione del costo del denaro nel 2017.

A Borsa Italiana

Incontrastato dominio di tre Bei (rating AAA), con scadenze lunghe e scambi soddisfacenti. 

1°) Bei – rendimento 8,4% - cedola 8,5%, scadenza 17/9/2024, lotto minimo 10.000 Zar, Isin XS1110395933, volatilità piuttosto bassa e quotazione di acquisto consigliata: 100.

2°) Bei – rendimento 8,3% - cedola 8,125%, scadenza 21/12/2026, lotto minimo 5.000 Zar, Isin XS1167524922, volatilità piuttosto bassa e quotazione di acquisto consigliata: fra 97 e 98.

3°) Bei – rendimento 8,3% - cedola 8,75%, scadenza 18/8/2025, lotto minimo 5.000 Zar, Isin XS1274823571, volatilità media e quotazione di acquisto consigliata: fra 101 e 102.

Sul mercato non regolamentato (“Otc”)

Molto ricca l’offerta di emissioni in rand, ma spesso poco liquide o del tutto illiquide, perché detenute da istituzionali. Rilevante anche l’offerta di zero coupon, un mondo di cui scriveremo in futuro. Questi i bond migliori in assoluto:

1°) ING (banca olandese) – rendimento 11,2% - cedola 8,25%, scadenza 16/8/2023, lotto minimo 10.000 Zar, Isin XS0963375158, volatilità media e quotazione di acquisto consigliata: 88.

2°) Transnet (società di trasporto sudafricana) – rendimento 11,1% - cedola 13,5%, scadenza 18/4/2028, lotto minimo 50.000 Zar, Isin XS0085235090, volatilità alta e quotazione di acquisto consigliata: 112,5.

3°) IBRD (World Bank) – rendimento 8,9% - cedola 0,5%, scadenza 2/8/2018, lotto minimo 10.000 Zar, Isin XS0527257124, volatilità molto bassa e quotazione di acquisto consigliata: 86,5/87.

L’occasione della settimana

E’ davvero per investitori caparbi il bond che segnaliamo: si tratta di uno zero coupon, trattato alla Borsa di Francoforte e riferito all’emittente Deutsche Bank. Espresso in peso messicani (valuta attualmente in fase di forte debolezza, a causa del calo del petrolio e delle tensioni politiche derivanti dalle minacce anti Messico del candidato alle presidenziali Usa Trump), ha il vantaggio di quotare sui 12/13 Mxn, il che significa che, con un investimento, per esempio, di nominali 200.000 Mxn (equivalenti a 9.043 euro), ovvero circa 1.000 euro in termini di impiego effettivo, si punta su un rendimento a scadenza di circa l’8% con in più la potenziale leva di un rafforzamento del peso sull’euro. Occorre essere caparbi, perché il titolo è trattato solo a Francoforte o da broker (quindi sul mercato “Otc”) e non sempre con controparti che definiscono le quantità in vendita.  Provare però non nuoce!

Ecco i riferimenti del bond: Deutsche Bankrendimento indicativo 8% - valuta Mxn, zero coupon, scadenza 15/5/2043, lotto minimo 50.000 Mxn, Isin XS0931961121 e quotazione di acquisto consigliata fra 12 e 13,5 (dal che dipende la non precisa indicazione del rendimento a scadenza).

Rischio maggiore: l’emittente (nella fase attuale), ma l’investimento può essere talmente modesto da poterlo accettare.  

Le nuove emissioni

Per precisa scelta analizziamo solo le novità con piccolo taglio, variabile in funzione delle diverse divise di espressione di ciascun bond.

1°) L’abbiamo anticipato nella sezione riferita al rand sudafricano. E’ uscita sul Mot dal 26 settembre una World Bank (finalizzata a finanziare progetti di sviluppo proprio in Sud Africa) in tale divisa: valuta Zar, cedola fissa 6,6%, scadenza 26/9/2019, lotto minimo 40.000 Zar (circa 2.600 euro), Isin XS1488416592 e quotazione di acquisto consigliata sotto la pari.

Rischio maggiore: oltre a quello di cambio (inevitabile) l’operazione espone a un modesto importo globale di soli 50 milioni di rand. E’ vero che il titolo è quotato sul Mot, ma considerando che gira leggermente sopra la pari – con un’unica controparte in vendita - perde decisamente nel confronto diretto con tutti i bond di cui abbiamo scritto sopra. Il solo punto forte sta nella solidità dell’emittente World Bank (AAA), ma un margine di ben il 2% in termini di rendimento, nei confronti dei Bei (pure AAA), appare eccessivo.

2°) Parallela operazione di World Bank in real brasiliano: valuta Brl, cedola fissa 7,6%, scadenza 26/9/2019, lotto minimo 10.000 Brl, Isin XS1488416329 e quotazione di acquisto consigliata sotto la pari.

Rischio maggiore: oltre all’inevitabile incognita da cambio, vale la stessa considerazione relativa al bond in Zar. L’operazione è modesta (23 milioni di Brl), seppur quotata al Mot. C’è un vantaggio rilevante però, che consiste nel fatto che le valute di negoziazione/liquidazione sono Brl ed euro, il che evita la triangolazione Brl/Usd/Eur, tipica di molti bond in real. Il rendimento medio degli altri titoli in Brl, quotati al Mot, si aggira fra il 9 e il 10%. Anche in questo caso il divario è quindi di circa 2 punti a sfavore del World Bank.

3°) Sul dollaro e sul mercato “Otc” ecco due titoli “investment grade”, seppur appartenenti a un emittente attivo nel campo della ricerca e dell’estrazione petrolifera. Si tratta di Hess (rating BBB- di S&P), quotata al Nyse come azione, con la sigla HES. Questa caratteristica è importante e sempre consigliabile da prendere in considerazione per l’obbligazionista: disporre infatti del riferimento del relativo titolo azionario aiuta a monitorare i movimenti dell’emittente. Queste le due obbligazioni:

valuta Usd, cedola fissa 4,3%, scadenza 1/4/2027, lotto minimo 2.000 Usd, Isin US42809HAG20 e quotazione di acquisto consigliata sotto la pari, contro i 100,3 di ieri.

valuta Usd, cedola fissa 5,8%, scadenza 1/4/2047, lotto minimo 2.000 Usd, Isin US42809HAH03 e quotazione di acquisto consigliata sulla pari, contro i 101,6 di ieri.

Rischio maggiore: il rialzo dei tassi da parte della Fed, che porterà questi titoli su quotazioni sotto la pari. Il basso taglio consente però di strutturare acquisti scalari nel tempo. Monitorare comunque sempre l’azione Hess, che ora quota sui 47 Usd, contro un “target price” medio di 55 Usd. Il suo dividendo è di 0,25 cent ogni trimestre, valore invariato dal 2013.

4°) Una valuta di cui scriveremo spesso è il dollaro australiano, non fosse altro per la solidità di economia e debito pubblico del relativo Paese. In tale divisa ha esordito al Mot un bond senior di Credit Suisse, del tipo a tasso misto, che si affianca a un’equivalente emissione di Bnp con scadenza 2023 (Isin XS1235187306). La CS è così strutturata: valuta Aud, cedola mista (tasso fisso 6,0% per le cedole in pagamento il 14 settembre 2017 e 2018 - tasso variabile indicizzato all’Aud-Bbr-Bbsw a 3 mesi, con un “floor” pari al 2,0% per le restanti cedole in pagamento il 14 settembre dal 2019 fino a fine vita), scadenza 14/9/2026, lotto minimo 2.000 Aud, Isin XS1444047697 e quotazione di acquisto consigliata sui 98 contro i 98,5 di ieri.

Rischio maggiore: l’importo è modesto (50 milioni di Aud), ma la struttura si adatta bene a chi voglia puntare sulla valuta australe, sebbene la parte a cedola variabile preveda sì un “floor” (livello sotto il quale non si va) ma nettamente inferiore al valore medio del tasso primario degli ultimi dieci anni, collocato sul 4%, per l’Aud.

5°) Un’altra emissione bancaria senior, pure a tasso misto ma in dollari Usa, viene proposta da Citigroup attraverso vari canali commerciali: valuta Usd, cedola mista (tasso fisso 2,5% per i pagamenti riferiti agli anni 2017, 2018 e 2019, fino al 30/11 di quest’ultimo anno e poi tasso variabile fino a scadenza indicizzato Usd Libor 3 mesi + 1,12%, con “floor” (tasso minimo) 0% e “cap” (tasso massimo) 5%, scadenza 30/9/2026 e Isin XS1389110716. L’importo dell’operazione è di tutto rilievo (750 milioni di Usd) e il titolo sarà quotato prima sulla Borsa irlandese e successivamente su EuroTlx. Attenzione alle commissioni di collocamento molto elevate.

Rischio maggiore: oltre al cambio euro-dollaro c’è il fattore commissionale di collocamento, che spinge a un eventuale posizionamento sul titolo solo dopo la quotazione al secondario.

AZIONI  

Cinque big italiane favorite - come “dividend yield” - dalla crisi dei mercati

Le Borse scendono e c’è chi vede ormai il Ftse Mib tornare sui 15.000 punti. Non tutti però si strappano i capelli! Si stanno infatti aprendo interessanti occasioni per gli investitori alla ricerca di elevati “dividend yield”, riferiti ad azioni di primo piano del nostro listino. Cinque leader da seguire con attenzione.

Intesa Sanpaolo

All’attuale quotazione, considerando il dividendo di 0,14 euro pagato per l'ordinaria il 25/5/2016 e valutando che sia riconfermato anche per l’esercizio in corso, si otterrebbe il prossimo anno il 7,24%, di fatto maggiore rispetto perfino alle cedole di alcuni bond subordinati Tier 1 della stessa banca. Ipotizzando poi una correzione, in presenza di ulteriore debolezza, fino a 1,83 euro o – al di sotto – a 1,60 euro, corrispondenti ad aree di supporto più volte testate, il rendimento salirebbe rispettivamente al 7,6% e all’8,7%.

Unipolsai

All’attuale quotazione, considerando il dividendo di 0,15 euro pagato per l'ordinaria il 25/5/2016 e valutando che sia riconfermato anche per l’esercizio in corso, si otterrebbe il prossimo anno il 10,7%, risultato record per il listino di casa nostra. Ipotizzando poi una discesa, in presenza di ulteriore debolezza, fino a 1,26 euro, supporto già testato a luglio, il rendimento salirebbe addirittura all’11,9%.

Assicurazioni Generali

All’attuale quotazione, considerando il dividendo di 0,72 euro pagato il 25/5/2016 e valutando che sia riconfermato anche per l’esercizio in corso, si otterrebbe il prossimo anno il 6,65%, in linea con i rendimenti cedolari di alcune obbligazioni subordinate della società triestina. Ipotizzando poi una discesa, in presenza di ulteriore debolezza, fino a quota 10, testata a luglio, il rendimento salirebbe al 7,2%.

Eni

All’attuale quotazione, considerando il dividendo di 0,80 euro pagato in due tranche il 25/5/2016 e il 21/9/2016 e valutando che sia riconfermato anche per l’esercizio in corso, si otterrebbe il prossimo anno il 6,55%, nettamente maggiore rispetto agli “yield” dei bond della stessa società. Ipotizzando poi una discesa, in presenza di ulteriore debolezza, fino all’area dei 12 euro o addirittura ai minimi di febbraio sui 10,9 euro, il rendimento salirebbe rispettivamente al 6,6% e al 7,3%.

Poste Italiane

All’attuale quotazione, considerando il dividendo di 0,34 euro pagato il 22/6/2016 e valutando che sia riconfermato anche per l’esercizio in corso, si otterrebbe il prossimo anno il 5,6%. Ipotizzando poi una discesa, in presenza di ulteriore debolezza, verso quota 5,7 euro o addirittura verso i minimi di febbraio a 5,1 euro, il “dividend yield” salirebbe rispettivamente al 5,9% e al 6,7%.

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