L’inflazione torna su ma richiede ben altre conferme (almeno in Europa)


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La nemica inflazione si è risvegliata e nelle ultime settimane il tema ha destato l’interesse di tutti i media economici, impegnati nel sottolineare come si stia tornando indietro, cioè al 2013, in termini di aumento del costo della vita nel contesto euro. E’ il caso allora di verificare un po’ di dati.

Area euro: nell’ultimo mese del 2016 l’inflazione è salita all’1,1% annuo, cancellando di colpo un triennio di più o meno deflazione. Le previsioni per gennaio parlano di un 1,2%, il che significa un ritorno all’estate 2013. In effetti il movimento rialzista è stato non solo netto negli ultimi cinque mesi, ma costante. Un segnale definitivo di inversione si manifesterà però soltanto in presenza di un superamento dell’1,5% - sempre su base annua – ma non tutti gli indicatori correlati sono concordi nel far pensare che ciò avverrà a breve termine. L’indice dei prezzi “core” – quello al netto delle componenti più volatili, quali i prodotti petroliferi – è ancora indietro, collocandosi allo 0,90%. I dati si riferiscono a un mese (dicembre) comunque “caldo” per i consumi, ma è evidente come il rimbalzo dell’oro nero sia stato decisivo nel trend.

Area nord America: negli Usa la barriera dell’1,5% annuo è già stata superata, ma storicamente – quando ciò accade – inizia una fase di volatilità. L’ultima volta essa è durata dal 2012 al 2015. Un consistente segnale si manifesterà quindi solo nel momento in cui l’inflazione degli States passasse oltre il 2% e si avvicinasse al 2,5%. Ci vorrà tempo perché ciò accada, sebbene l’indice dei prezzi “core” sia già più alto, attestandosi al 2,1%. Inoltre il tasso di inflazione su base annua viene previsto all’1,8% a gennaio e all’1,9% a febbraio. In Canada la situazione è invece più incerta e non sembra che lo sbarramento dell’1,5% voglia essere valicato: da quasi due anni rappresenta una resistenza tabù.

Cina: il 2% su base annua è ratificato, ma si tratta di un risultato modesto, poiché attesta un valore stabile da anni. E’ vero che c’è il dubbio di rilevazioni poco attendibili, proprio perché fasi di surriscaldamento o di raffreddamento dell’economia non sono state accompagnate da forti variazioni inflattive. Alcuni analisti ritengono che siamo però vicini a un rimbalzo, che potrebbe già portare l’aumento del costo della vita al +2,6/2,7% entro marzo. Quella “core” resta sull’1,9%, poco sopra la media degli ultimi anni.

E’ un’inversione reale? L’inflazione sta realmente tornando sul banco degli imputati? Realisticamente solo gli Usa forniscono segnali concreti in tal senso, sebbene non si possa ancora parlare di consistente surriscaldamento dei prezzi. La correlazione con l’andamento del petrolio è comunque evidente. Quindi tutto dipenderà ancora una volta dalla componente energetica. Non si pensi in ogni caso a un’inversione di trend in Europa. Qualcosa si sta muovendo, ma – per avere conferme definitive – occorre che area euro, nord America e Cina forniscano un quadro uniforme di rialzo del costo della vita. Per ora si è lontani da questa consonanza.

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