Dollaro ancora in lettera


EurUsd (PC: 1,0698)


Proseguono le prese di beneficio, comunque contenute, sul biglietto verde. Dal minimo contro euro del 3 gennaio a 1,0340 si è avviata una fase di risalita, ftuttora in corso, che la scorsa ottava ha riportato il cambio verso 1,0720. Sul finire di settimana le quotazioni si sono poi assestate a ridosso di 1,0700. Non si segnala comunque una variazione del quadro tecnico: il cambio sta attraversando una fase di consolidamento dopo il forte ribasso dell'euro avviatosi dal picco a quota 1,1300 registrato nelle prime ore successive all'esito delle elezioni presidenziali Usa dell'8 novembre.


Il dollaro si trova sui massimi del 2003 e mancano segnali chiari di esaurimento della cavalcata post-elettorale. Sembra probabile, tuttavia, che la fase di assestamento sui livelli correnti, poco al di sopra o poco al di sotto, possa proseguire ancora. La pausa di assestamento in atto appare del tutto fisiologica e rimangono possibili ulteriori rimbalzi verso la forte resistenza in area 1,0800/0875. Un segnale di maggiore forza per l'euro si avrebbe però solo al superamento di 1,0875 (prematuro) e non dovrebbe comunque estendersi al di sopra della resistenza critica a 1,1000. Un segnale di rinnovata debolezza per l'euro si avrebbe invece su ridiscese al di sotto del supporto a ridosso di 1,0550.


Il trend dominante, che rimane impostato al ribasso, riprenderebbe solo alla violazione dei minimi di inizio gennaio a ridosso di 1,0340/0350 (al momento improbabile), con obiettivo 1,0250 ed estensioni verso la parità. Per le prossime settimane la resistenza a 1,1000 non dovrà essere superata, per conservare un'impostazione favorevole al biglietto verde. 

Strategicamente il dollaro USA rimane forte, con possibili movimenti nei mesi a venire verso il grande obiettivo, anche psicologico, del macro movimento ribassista di EurUsd, sviluppatosi a partire dallo scoppio della crisi finanziaria nell'estate 2008: la parità; senza escludere livelli anche inferiori. La forza del dollaro è confermata anche dal notevole recupero post-elettorale contro lo yen (balzo da 101 a 118,65, seguito poi da un ritracciamento  verso 112,60 e quindi da una stabilizzazione la scorsa ottava a ridosso di 114,50) oltre che dal fatto che il dollaro si stia rafforzando contestualmente al buon andamento del mercato azionario (il Dow Jones ha raggiunto la soglia psicologica dei 20000, +14% circa nel corso del 2016).


La divergenza tra le politiche monetarie della Fed, da un lato, e della Bce, dell'altro, rimane un fattore a favore del dollaro. La Fed ha ipotizzato di proseguire con altri 3 rialzi nel corso del 2017, anche se è pur vero che un anno orsono aveva prospettato 4 rialzi per il 2016 e poi si è limitata a farne uno soltanto, lo scorso 14 dicembre per un misero 0,25%. Se pensiamo poi che negli ultimi 10 anni il rialzo complessivo è stato dello 0,50%, partendo da tassi a zero (la cosiddetta ZIRP, zero interest rate policy) e che il Bilancio Fed rimane stabile da due anni sui picchi a ridosso di 4500 miliardi di dollari, si comprende bene come il contesto della politica monetaria Usa rimanga decisamente espansivo.

I timidi rialzi che la Fed sta ipotizzando servirebbero solo a ridurre in parte una situazione che rimane strutturalmente squilibrata, ma come del resto capita anche nel resto dei Paesi sviluppati, a partire dai tassi negativi del Giappone ai tassi schiacciati verso lo zero nell'area euro. E la modalità con cui le Banche Centrali, in tutto il mondo, hanno deciso di gestire l'enorme mole dei debiti pubblici fuori controllo in un contesto economico stagnante: tassi bassi ed inflazione, negli auspici, in risalita verso il 2%, in modo che rendimenti reali negativi abbattano il valore reale dei debiti. In tale contesto generalizzato di tassi bassi, la Bce risulta comunque tendenzialmente più espansiva della Fed e questo aspetto gioca a favore del biglietto verde contro euro.

Da aprile, tuttavia, le iniezioni di liquidità della Bce scenderanno da 80 a 60 miliardi di euro al mese, per poi terminare del tutto, se il programma di easing quantitativo non sarà ulteriormente prolungato, a fine anno: in prospettiva ciò potrebbe portare ad una stabilizzazione dell'euro su orizzonti strategici.

OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul Dollaro, valutando ulteriori alleggerimenti in ottica tattica sui livelli correnti.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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