Dollaro USA ancora debole


EurUsd (PC: 1,0803)

Settimana ancora all'insegna della leggera debolezza per il dollaro. Da 1,0745 il cambio EurUsd si è spinto verso 1,0825, rimanendo comunque all'interno di un contesto più ampio di sostanziale lateralità.


Dal minimo del 3 gennaio a 1,0340 si è avviata una fase di rimbalzo per l'euro/dollaro che ha riportato il cambio a toccare un picco a ridosso di 1,0830 il 2 febbraio, al test della resistenza in area 1,0800/0875. Nelle settimane seguenti le quotazioni sono arretrate, fino a toccare un minimo a 1,0521 mercoledì 15 febbraio, livello ritestato il 22.02 (min 1,0494) ed il 3 marzo (min 1,0495). Nelle ultime settimane il cambio è poi risalito, assestandosi stabilmente al di sopra del supporto a 1,0600. Prosegue quindi l'andamento altalenante del biglietto verde:scarsa direzionalità e dollaro 4 punti percentuali al di sotto dei massimi di periodo.

Graficamente non si segnalano variazioni del quadro tecnico: il cambio sta attraversando una fase di consolidamento dopo il forte ribasso dell'euro avviatosi dal picco a quota 1,1300 registrato nelle prime ore successive all'esito delle elezioni presidenziali Usa dell'8 novembre. Anche se mancano segnali chiari di definitivo esaurimento della cavalcata post-elettorale sembra probabile, tuttavia, che la fase di assestamento sui livelli correnti, poco al di sopra o poco al di sotto, possa proseguire ancora. La pausa di consolidamento in atto appare del tutto fisiologica: un segnale convincente di forza per l'euro si avrebbe solo al superamento di 1,0800/0875 ma non dovrebbe comunque estendersi al di sopra della resistenza critica a 1,1000. 

Un segnale di perdita di spinta per l'euro si avrebbe su ridiscese al di sotto di 1,0600 (prematuro), ma il tono si indebolirebbe in modo chiaro solo dell'indebolimento alla violazione del forte supporto a ridosso di 1,0500 (al momento poco probabile). Il trend dominante dell'euro, che rimane impostato al ribasso, riprenderebbe comunque solo alla violazione dei minimi di inizio gennaio a ridosso di 1,0340/0350 (al momento improbabile), con obiettivo 1,0250 ed estensioni verso la parità.

Strategicamente il dollaro USA rimane forte, con possibili movimenti nel corso dell'anno verso il grande obiettivo, anche psicologico, del macro movimento ribassista di EurUsd sviluppatosi a partire dallo scoppio della crisi finanziaria nell'estate 2008: la parità, senza escludere livelli anche inferiori. 

La divergenza tra le politiche monetarie della Fed, da un lato, e della Bce, dell'altro, rimane un fattore a favore del dollaro. La Fed ha ipotizzato di proseguire con ulteriori altri 2 rialzi nel corso del 2017 (dopo il rialzo dello scorso 15 marzo e del 14 dicembre, entrambi dello 0,25%; il rialzo precedente, anch'esso di 25 b.p., era avvenuto il 16 dicembre 2015, il primo dopo 7 anni di tassi fermi allo 0,25% nel periodo dicembre 2008 - dicembre 2015). Se pensiamo poi che negli ultimi 10 anni il rialzo complessivo è stato finora dello 0,75%, partendo da tassi a zero (la cosiddetta ZIRP, zero interest rate policy) e che il Bilancio Fed rimane stabile dall'ottobre 2014 sui picchi a ridosso di 4500 miliardi di dollari, si comprende bene come il contesto della politica monetaria Usa rimanga ancora decisamente espansivo, nonostante i recenti rialzi. I timidi rialzi che la Fed sta portando avanti servono solo a ridurre in parte una situazione che rimane strutturalmente squilibrata, come del resto capita anche negli altri Paesi sviluppati, a partire dai tassi negativi del Giappone ai tassi schiacciati verso lo zero nell'area euro. E la modalità con cui le Banche Centrali, in tutto il mondo, hanno deciso di gestire l'enorme mole dei debiti pubblici fuori controllo in un contesto economico stagnante: tassi bassi ed inflazione, negli auspici, in risalita verso il 2%, in modo che rendimenti reali negativi abbattano il valore reale dei debiti. In tale contesto generalizzato di tassi bassi, la Bce risulta comunque tendenzialmente più espansiva della Fed e questo aspetto gioca a favore del biglietto verde contro euro.
Da aprile, tuttavia, le iniezioni di liquidità della Bce scenderanno da 80 a 60 miliardi di euro al mese, per poi terminare, se il programma non sarà ulteriormente prolungato, a fine 2017: in prospettiva ciò potrebbe portare ad una stabilizzazione dell'euro su orizzonti strategici.

La forza strutturale del dollaro, al di là delle prese di beneficio a partire dai picchi di inizio gennaio, è confermata anche dal notevole recupero post-elettorale contro lo yen: il cambio ha fatto un balzo da 101 a 118,65 verso fine 2016, per poi consolidare e quindi stornare verso 110,65 nell'ultima ottava. Positivo anche il  fatto che il dollaro si è rafforzato contestualmente all'ottimo andamento del mercato azionario degli ultimi mesi (il Dow Jones è salito ben oltre la soglia psicologica dei 20000 punti, spingendosi ad un nuovo massimo storico a 21170 il 1* marzo).

OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul Dollaro; dopo avere effettuato alleggerimenti tattici le scorse settimane valutare nuovi acquisti di dollari in caso di risalite di EurUsd verso 1,1000.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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