Il piano di rimborsi per gli azionisti delle banche venete


In questi giorni è tornata in auge la vicenda del piano di rimborsi agli azionisti di Pop Vicenza e Veneto Banca, con diversi articoli sui media finanziari, dove si è cercato di tirare le fila della vicenda. Alcuni abbonati ci scrivono per avere, giustamente, lumi sull’eventuale da farsi con il bond Veneto Banca che abbiamo in portafoglio per un peso del 3% circa, del tutto compatibile con la vocazione a rischio moderato del portafoglio nel suo complesso.

Cerchiamo ora di inquadrare, nel miglior modo possibile, la vicenda che si sta riperquotendo per ora più sul piano mediatico che non su quello dei prezzi. Il bond infatti viaggia in area 92 da diversi giorni, sì in ritracciamento da area 96, ma ben al di sopra dei minimi in area 88 di dicembre scorso, dove le news erano di fatto le stesse che circolano oggi.

Il grosso problema delle due banche è legato al piano di rimborsi ai vecchi azionisti “azzerati”. E questo è un punto fondamentale, come vedremo nel dettaglio tra poco. L’offerta di transazione di Veneto Banca e Popolare Vicenza stenta a decollare, evidentemente perché ritenuta troppo bassa dai vecchi soci. Il “guaio” è che questa operazione, a torto o a ragione, è ritenuta (dai media) fondamentale per i destini delle due banche, poiché sono “bisognose di abbattere un contenzioso legale che potrebbe far lievitare il fabbisogno di capitale, già stimato in circa 5 miliardi, e mettere a rischio il salvataggio da parte dello Stato”.

Quindi, né più né meno, siamo nel campo delle ipotesi di carattere giornalistico, poiché è piuttosto verosimile che lo Stato – che ha già stanziato i denari necessari con il D.L. “Salva Banche” – non sia poi troppo condizionato dall’esito della transazione proposta ai vecchi soci. Semmai qui è chiaro che i vecchi azionisti puntino a spuntare, con l’intervento dello Stato, un maggior ristoro e quindi si dimostrano recalcitranti ad aderire al piano di rimborsi presentato dalle due banche.

Ciò che in tutto questo marasma sembra abbastanza chiaro è che non sia in vista una seconda opzione più favorevole agli azionisti, nemmeno a fronte della ricapitalizzazione precauzionale dello Stato. Attualmente le adesioni son ferme a circa un terzo della soglia dell’80%, che è l’obiettivo per mettere in sicurezza tutta l’operazione. Ed è proprio questo ritmo rallentato alle adesioni che mette in tensione il mercato. Per cercare di comprendere meglio la contrapposizione di interessi, riportiamo un estratto da Il Sole24Ore che indirettamente, ma apertamente, “invita” i vecchi soci ad aderire alla proposta delle banche.

“[…] Certo, l'esperienza di Monte Paschi (dove a mancare all'appello del tentativo di mercato furono i grandi investitori e non i retail) insegna che i giorni decisivi sono gli ultimi, quando le adesioni accelerano parecchio, ma l'obiettivo dell'80% per mettere in sicurezza tutta l'operazione è ancora lontano. Proprio il parallelo con Siena conferma che un treno alternativo non è destinato a passare, a meno ovviamente di non tentare la strada dei ricorsi da parte di risparmiatori che hanno in carico azioni ad un valore molto superiore a quello spuntabile oggi. Proprio il rischio contenzioso è il trait d'union che collega la situazione veneta a quella di Siena, ma appena si va nel dettaglio le somiglianze scompaiono. Il decreto «salva-risparmio» è riuscito a intervenire per «porre fine o prevenire una lite» (come recita l'articolo 19, comma 2) con un meccanismo che però riguarda gli obbligazionisti, e che è stato al centro di un confronto serrato con l'Europa. Gli azionisti, invece, occupano la prima posizione nella gerarchia dei soggetti chiamati a “pagare” la ristrutturazione delle banche, per cui qualsiasi ipotesi di indennizzo di Stato sarebbe destinata a cadere a Bruxelles. Non solo, l'esito dell'operazione rimborsi è destinato a pesare anche sulle chance di ricapitalizzazione precauzionale e sull'estensione della platea chiamata a sopportarne i costi. A ricordarlo sono le stesse regole europee:come mostra ancora una volta il caso Monte Paschi, e le discussioni in corso sul tema nella triangolazione fra Roma, Bruxelles e Francoforte, l'intervento dello Stato deve servire a una «ricapitalizzazione precauzionale», cioè a riportare in alto i livelli di capitale in banche che comunque rimangono solvibili, e non a salvare istituti destinati altrimenti a cadere e nemmeno a coprire con i soldi dei contribuenti perdite pregresse o prevedibili. E in quest'ottica un gruppo nutrito di azionisti intenzionato a imbracciare le carte bollate in un contesto viziato da prassi illegittime come i prestiti baciati porrebbe un'incognita aggiuntiva pesante.”

Da altra fonte ricaviamo che intanto “Pop Vicenza e Veneto Banca hanno costituito un fondo di 30 Mln Euro ciascuna a sostegno degli azionisti in condizioni di particolare disagio socio-economico, riservato solo a coloro che rientrano nel perimetro dell’offerta di transazione (quindi a chi ha aderito all’aumento di capitale negli ultimi 10 anni) e rinunciano ad azioni risarcitorie nei confronti delle due ex Popolari. L’attivazione del fondo è però subordinata all’esito positivo della stessa offerta di transazione, per la quale sono stati previsti 600 milioni, che prevede per i soci che la sottoscrivono il 15% del valore storico delle azioni (9 euro ad azione per BpVi e tra i 4,5 e i 6 euro per Veneto Banca), in cambio della rinuncia ai contenziosi con le banche. I due istituti, come ha detto fin da subito l’amministratore delegato di BpVi Fabrizio Viola, subordinano la validità dell’offerta all’adesione di almeno l’80% delle azioni interessate.”

Poi c’è la parentesi JP Morgan, che si spinge a lanciare un allarme sui bond senior delle due banche, suggerendo di vendere “in quanto un salvataggio statale, attraverso la forma della ricapitalizzazione precauzionale, potrebbe non superare le forche caudine dell'Unione Europea”. La notizia è riportata da Bloomberg, che ha sentito in merito l’analista Axel Finsterbush, il quale sostiene che “le due banche potrebbero far fatica ad accedere a una ricapitalizzazione precauzionale, che metterebbe i titolari di bond senior al riparo da perdite”. Come a dire, se non ci sono le adesioni necessarie dei vecchi soci, salta tutto.  

Quindi, di fatto, secondo Il Sole 24 Ore e JP Morgan lo spettro del bail-in si sta agitando concretamente sulle due banche venete. Non di meno, sempre JP Morgan - per altro vicina agli affari del Tesoro e parte in causa nella redazione dei piani di salvataggio delle due banche, come per altro già avvenuto per Mps – aggiunge che “un salvataggio statale per le venete, attraverso la forma della ricapitalizzazione precauzionale, potrebbe non trovare il via libera dall’Unione Europea a causa dell’eccessivo peso dei crediti deteriorati. Inoltre, il Fondo Atlante (azionista delle due banche venete) non avrebbe manifestato interesse a sostenere ancora altre ricapitalizzazioni, se troppo onerose”.

Ora, posto che nessuno di noi conosce il futuro, e tanto meno può immaginare i piani reconditi di tutti gli attori in gioco in queste vicende, a nostro modesto parere al momento pare abbastanza chiaro che si stia cavalcando un po’ la tensione legata all’incertezza sul futuro di Pop Vicenza Veneto Banca. D’altronde in prossimità della scadenza dell’offerta (salvo una proroga di cui già si vocifera…) vi sia un po’ di “pressione”. Di fatto ci può anche stare, poiché come considera un altro media finanziario – del quale condividiamo l’ipotesi – si cerca “di infondere terrore psicologico per spingere il maggior numero possibile di soci ad aderire all’offerta evitando quindi le litigations che potrebbero costare agli istituti bancari veneti centinaia di milioni di euro”.

Infine, elemento concreto a favore della vicenda sono le dichiarazioni della UE, per voce della commissario Margrethe Vestager, la quale non esclude la possibilità di compensare gli azionisti nei casi di vendita abusiva anche nel caso di salvataggio pubblico.

La Vestager, che ricordiamo è commissario alla concorrenza, ha infatti affermato che "Ciò che abbiamo fatto in passato è assicurarci che i clienti possono essere compensati nei casi di vendita abusiva. Se vai in una banca con i tuoi risparmi, che possono essere le pensioni, e vuoi metterli in un posto sicuro, la tua impressione è di metterli in un conto di risparmio ma di fatto diventi proprietario di una piccola parte della banca, il che porta un rischio molto più alto" a causa del "burden sharing" e del "bail-in".

Non di meno, gli effetti del bail-in e del burden-sharing sul sistema bancario sono uno degli argomenti avanzati dal governo italiano nella dialettica con l’UE con il caso Mps, per ridurre al minimo le perdite per gli investitori privati nei casi di salvataggi pubblici. Infine Vestager ha ricordato che “le compensazioni sono state effettuate anche in precedenza, per esempio in Spagna con la creazione di meccanismi arbitrali o in altri casi quando si è potuto dimostrare un basso livello di educazione finanziaria”. E in merito a basso livello di educazione finanziaria, probabilmente sono pochi quelli che possono competere con gli italiani…

Detto questo, sotto il profilo più strettamente operativo, al momento siamo dell’idea di non uscire dal titolo che abbiamo in portafoglio. Ciò non significa che stiamo sottovalutando il potenziale rischio, per altro pesato a monte in maniera adeguata, e non significa che in caso di significativi peggioramenti no agiremo di conseguenza. Tuttavia ricordiamo sempre che se da un lato il bail-in non risparmia sulla carta nemmeno le obbligazioni senior, è altresì vero che questo genere di titoli è praticamente in fondo all’elenco degli asset aggredibili, e a memoria nostra, nessun bail-in ha al momento intaccato bond senior e depositi bancari, nemmeno la vicenda del primo bail-in della storia della banca olandese SNS nel febbraio 2013.

Non accontentarti solo degli articoli Free!

Registrati gratuitamente e avrai accesso senza limitazioni ai servizi premium per 7 giorni!