Bond week: novità, notizie e analisi di mercato


Pressioni rialziste sui rendimenti del Bund, il ritorno della Grecia con un’ulteriore emissione, le novità sul Mot, gli high yield e i bond emergenti: oggi parliamo di questo.

Cedole & dividendi

Il rendimento del decennale tedesco non vuole più scendere: all’opposto sale! Dopo i picchi di metà mese e la successiva marginale debolezza, è tornato allo 0,56-0,58%, a dimostrazione dei timori dei mercati che la fine del Quantitative Easing sia più vicina di quanto la Bce non voglia far credere. E un altro segnale viene dall’arretramento dei tassi negativi per vari governativi dell’area euro. Le curve segnalano che la linea zero interessa ormai solo le scadenze medie, mentre fino a qualche settimana fa coinvolgevano anche quelle medio/lunghe. Questa mattina, per esempio, si sono registrati movimenti violenti sui 5/7 anni, con la Germania che segnalava un netto movimento al rialzo del sette anni, dopo il recupero dello yield positivo il 29 giugno scorso.

La pressione all’insù tocca inevitabilmente i titoli di Stato più “oppressi” dalla politica monetaria della Bce, mentre lascia un po’ di respiro per l’Italia, che sta subendo una minore tensione ribassista per le quotazioni e quindi rialzista dei rendimenti dei Btp.

L’altro motivo di incertezza viene, nel settore obbligazionario, dall’accentuata debolezza di molte valute emergenti, sull’onda in parte di quanto sta avvenendo per il dollaro.

Questo il quadro generale. Ora un’analisi dei movimenti di varie emissioni sui mercati primario e secondario.

Interesse attorno alla nuova obbligazione della Grecia, tornata sui mercati dopo tre anni. Si tratta della tasso fisso 4,375% - scadenza 1/8/2022 – Isin GR0114029540 – importo 3 miliardi di euro – taglio 1.000 euro, di cui non si conosce il destino relativo a Mot o Tlx. In emissione a 98,906, con rendimento del 4,625%, viene ora data a 99,5 euro su varie Borse europee: per esempio Francoforte e Berlino, su cui è già presente. Con rating B- da parte di S&P, anticipa – secondo lo stesso Governo di Atene – una più vasta operazione prevista per i prossimi mesi. Il Governo Tsipras non ha fornito dettagli in proposito ma ha semplicemente sostenuto che si tratta di una nuova tappa. Notevole l’impatto positivo su altre emissioni quotate sul secondario: per esempio la Grecia Step Up 24fb26 (Isin GR0128013704), quotata su Tlx, ha superato quota 90 nelle ultime ore.

Sul fronte italiano bene l’asta della seconda tranche di Btpi inflation linked, con cedola 1,8% più inflazione e capitale rivalutato all’indicizzazione dei prezzi al consumo Eurostat (escluso il tabacco) – scadenza 15/5/2028 – Isin IT0005246134 – importo 3 miliardi di euro – taglio 1.000 euro. Il titolo quota sul secondario sui 100,5 euro e conferma volatilità, date le incertezze in tema di aumento del costo della vita nell’area europea, cui è appunto correlato.

Sempre sul fronte Btp si è ancora una volta osservata un’accentuazione di scambi per il Btp Italia novembre 2017, scelta dettata probabilmente più da motivi fiscali che da una convenienza in termini di rendimento. Sempre molto volatile – nell’ambito dei tassi fissi – il Matusalemme per eccellenza, ovvero il 2,8% scadenza marzo 2067 – Isin IT0005217390 – che si muove fra gli 81,7 e gli 85,4 euro. Oggi ha perso quasi un punto in percentuale, confermandosi una volta il ruolo di “cavaliere errante” dei governativi di casa nostra. La mancata rottura nei giorni scorsi di area 85,5 potrebbe essere il segnale di un’inversione ribassista più stabile rispetto a quelle registratesi da marzo in poi. In realtà una resistenza molto chiara è fissata sugli 85,1. Il tentativo di forzarla, come successo a metà giugno, non è riuscito e la debolezza da timori di cambiamenti di politica monetaria si è fatta sentire. Meno accentuato l’impatto sui corporate lunghi in euro: per esempio il Telecom Italia 7,75% scadenza 2033 (Isin XS0161100515) e il Psa Peugeot/Citroën 6% scadenza 2033 (Isin FR0010014845), le cui “duration” sono inevitabilmente minori.

Sul fronte delle nuove emissioni una proposta viene da Banca Imi, che lancia un tasso fisso (7,8%) in rubli russi – Isin XS1650145458. L’aspetto anomalo sta nella scadenza: 21/7/2019. Quindi solo due anni! Una scelta che dimostrerebbe come si possa prevedere un rafforzamento della divisa moscovita nel medio termine. Sul secondario il titolo quota sui 99,7 Rub, ma gli scambi sono modesti e si limitano di fatto a un ruolo ancora primario del collocatore.

Molto positivo l’esordio della nuova Mittel 2023 con cedola fissa 3,75% in euro (Isin IT0005257784), al contrario delle nostre previsioni: la liquidità si è manifestata, con volumi rilevanti ma concentrati su acquisti pesanti. Bene anche gli “spread” denaro/lettera. C’è ora da capire dove possa muoversi, dopo che il titolo è salito oggi oltre 102, con rendimento netto al 2,5%. I margini di ulteriore “upside” esistono ma sono marginali.

Prosegue intanto il calo degli Etf high yield, che soffrono quasi soltanto – quando non hedgiati – della debolezza del dollaro sull’euro. L’Ishares $ High Yield Corp (Isin IE00B4PY7Y77), riferito a emissioni in dollari, da inizio anno ha perso l’8%, mentre l’Ishares High Yield Corp (Isin IE00B66F4759), relativo a quelle in euro ha guadagnato l’1,58%. Altrettanto significativo il confronto fra il Pimco Short Term $ High Yield Eur Hedged (Isin IE00BF8HV600), che regge molto bene con una performance stabile da inizio anno, e il suo collega non hedgiato Pimco Short Term $ High Yield (Isin IE00B7N3YW49), che ha perso il 9%.

Infine l’obbligazionario emergente: ha ben performato nella prima parte dell’anno, supportato da fondamentali solidi. Molti gli elementi che contribuiscono al successo di questa asset class. Non solo la ricerca del rendimento attira gli investitori verso il debito emergente, ma la crescita economica dei relativi Paesi sta tuttora superando quella degli sviluppati e il debito governativo nei confronti dell’estero si è alquanto ridotto. I prezzi delle materie prime, inoltre, nonostante la volatilità, crescono rispetto all’anno scorso. Proseguendo, in generale l’obbligazionario emergente si è dimostrato resiliente agli eventi che hanno coinvolto i singoli Paesi, come il caso Temer in Brasile, che non si sono rispecchiati nelle altre realtà in via di sviluppo.

Parlando di rischi, al primo posto si collocano l’incertezza intorno alle politiche commerciali Usa e i trend dei prezzi delle commodities, elementi che possono deviare le direttrici di crescita dei Paesi emergenti. In particolare, il fronte americano rimane un interrogativo: è improbabile che il gabinetto Trump inizi una guerra commerciale potenzialmente masochista e la spinta populista sembra stia perdendo slancio. Questo scenario ha permesso ai bond emergenti di comportarsi bene anche in presenza di bassi prezzi del petrolio e di una traiettoria al rialzo nelle politiche sui tassi di interesse Fed. A tutto ciò si aggiunge la Cina, fattore trascinante nel caso in cui dovesse mantenere un buon ritmo di crescita, che quest’anno dovrebbe essere tra il 6% e il 7%.

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