Euro ancora forte, in attesa delle presidenziali francesi


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Euro ancora tonico, in attesa del ballottaggio di domenica 7 maggio tra Emmanuel Macron, candidato pro-establishment su cui stanno scommettendo i mercati, e Marine Le Pen la cui vittoria - considerata poco probabile ma gli ultimi sondaggi non hanno certamente brillato per preveggenza! - avrebbe invece un forte impatto ribassista sulla moneta unica vista la volontà del Presidente del Front National di uscire dall'area euro.
Nella riunione del 2-3 maggio la Fed ha mantenuto invariati i tassi di riferimento, ribadendo un orientamento di politica monetaria accomodante.


Da quota 1,0800 l'euro mette a segno l'atteso rimbalzo verso la resistenza a 1,1000, dove dovrebbe iniziare a perdere spinta, anche se non si possono escludere degli ulteriori sbuffi rialzisti verso 1,1140. Il tono si indebolirebbe su ridiscese al di sotto di 1,0840 ma solo la violazione di 1,0800 (prematuro) sancirebbe il probabile esaurimento del rally in essere dal 24 aprile.


Nonostante l'indebolimento degli ultimi mesi, strategicamente il dollaro USA rimane forte, favorito dalla divergenza tra le politiche monetarie della Fed e della Bce.


Difficilmente la Fed potrà spingersi oltre ulteriori 2 rialzi nel corso del 2017 (dopo il rialzo dello scorso 15 marzo e del 14 dicembre, entrambi dello 0,25%; il rialzo precedente, anch'esso di 25 b.p., era avvenuto il 16 dicembre 2015, il primo dopo 7 anni di tassi fermi allo 0,25% nel periodo dicembre 2008 - dicembre 2015). Se pensiamo poi che negli ultimi 10 anni il rialzo complessivo è stato finora dello 0,75%, partendo da tassi prossimi allo zero (la cosiddetta ZIRP, zero interest rate policy) e che il Bilancio Fed rimane stabile dall'ottobre 2014 sui picchi a ridosso di 4500 miliardi di dollari, si comprende bene come il contesto della politica monetaria Usa rimanga ancora decisamente espansivo, nonostante i recenti rialzi. I timidi rialzi che la Fed sta portando avanti servono solo a ridurre in parte una situazione che rimane strutturalmente squilibrata, come del resto capita anche negli altri Paesi sviluppati, a partire dai tassi negativi del Giappone ai tassi schiacciati verso lo zero nell'area euro. E la modalità con cui le Banche Centrali, in tutto il mondo, hanno deciso di gestire l'enorme mole dei debiti pubblici fuori controllo in un contesto economico stagnante: tassi bassi ed inflazione, negli auspici, in risalita verso il 2%, in modo che rendimenti reali negativi abbattano il valore reale dei debiti. In tale contesto generalizzato di tassi bassi, la Bce risulta comunque tendenzialmente più espansiva della Fed e questo aspetto gioca a favore del biglietto verde contro euro.


Da aprile, tuttavia, le iniezioni di liquidità della Bce sono scese da 80 a 60 miliardi di euro al mese, e sono destinate a terminare, se il programma non sarà ulteriormente prolungato, a fine 2017: in prospettiva ciò potrebbe portare ad una stabilizzazione dell'euro su orizzonti strategici

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)