Il bello delle obbligazioni è che sono adatte ai pigri; infatti i bond non necessitano di molta manutenzione e nemmeno di una operatività molto serrata. In fondo basta acquistarli, incassare le cedole, e poi aspettare il rimborso che di solito, se abbiamo prestato i soldi a debitori seri, arriva.
Ecco che per scegliere una obbligazione è decisivo il momento in cui la si acquista, perché poi può essere opportuno in moltissimi casi tenerla fino alla scadenza.
Questo è vero però solo in parte, perché lungo la vita della nostra obbligazione qualcosa può cambiare, e portarci a considerarne la vendita; in particolare, per le obbligazioni corporate, possono mutare radicalmente la struttura finanziaria e gli obiettivi industriali della società che le ha emesse. Perciò sui bond corporate è meglio avere un approccio piuttosto scettico e conservativo, prestare attenzione ed essere vigili su quello che combinano i nostri debitori.
E’ il caso delle obbligazioni NewPrinces; emesse da una società che prima si chiamava NewLat rappresentavano un classico esempio di ottimo bond corporate: società di buon livello nel settore di trasformazione e vendita alla grande distribuzione di beni alimentari di prima necessità (pasta, latte e quant'altro), con un indebitamento piuttosto contenuto e che continuava a crescere con acquisizioni mirate. E soprattutto produceva utili e cash flow positivo, uno scenario rassicurante e coerente con il rendimento offerto dalle obbligazioni, non allettantissimo ma di buon livello.
Consideriamo il bond Newlat (ora NewPrinces) con scadenza febbraio 2031 e cedola 4,75% (isin XS2958536976) che, con corsi costantemente intorno a 101, circa rende più o meno il quattro e mezzo lordo; nel luglio scorso però interviene nella vita della società emittente un piccolo (o grande) colpo di scena: viene effettuata una acquisizione (per un MILIARDO di euro di Enterprise Value, recita il comunicato stampa della stessa NewPrinces) del 100% di Carrefour Italia, con l'obiettivo di integrare la filiera di produzione e trasformazione agroalimentare con quella della vendita diretta nella grande distribuzione.
Il problema è che l'operazione si configura da subito come quella di un topolino che ingoia una balena, e pure un pochino spiaggiata: infatti, se il fatturato 2023 di NewPrinces era di circa 700 milioni di euro, mentre nel 2024 è passato a un miliardo e seicento milioni di euro, sempre per effetto di acquisizioni, il fatturato della “preda” Carrefour Italia è di oltre quattro miliardi di euro; ma quello che spaventa di più è l'apparente e ineluttabile accumularsi delle perdite dei supermercati Carrefour: circa 900 milioni complessivi dal 2019, in vari esercizi. Insomma, a un anno con il bilancio in rosso segue un anno con i conti in profondo rosso, e così via.
Dal punto di vista finanziario, Carrefour Francia non riceve nulla per la cessione di Carrefour Italia da NewPrinces, anzi, lascia in dote circa 240 milioni di euro pur di liberarsi dal fardello dei supermercati italiani; e infatti, leggendo bene bene e fino in fondo il comunicato di NewPrinces, il miliardo di Enterprise Value sbandierato nelle prime righe si riduce a 1 (un!) euro di Equity Value.
Traduciamo dal dialetto finanziese in italiano questa operazione: Carrefour regala a NewPrinces 240 milioni di euro purchè si accolli Carrefour Italia
All'annuncio dell'operazione il titolo Carrefour, quotato in Francia, esulta, mettendo a segno un corposo più sei per cento; dall'altra parte l'imprenditore italiano che guida il gruppo NewPrinces, Mastrolia, annuncia un profondo cambio di linea di gestione e di organizzazione dei punti vendita, oltre che un maquillage del nome (si tornerà all’antico, rispolverando il marchio GS).
Un piano molto ambizioso, ma bisogna dire che il management di NewPrinces ha dato in passato prova di essere veramente valido, e lo testimoniano le recenti ottime performance dell’azione in borsa; però questa è una sfida molto importante, numeri alla mano, sul fronte industriale; è chiaro che in caso di successo gli azionisti di NewPrinces avranno dei ritorni assai pingui.
Ma torniamo al nostro bond con scadenza 2031; noi obbligazionisti (o, come nel mio caso, ex obbligazionista) abbiamo poco da guadagnare e tanto da rischiare; da essere creditori di una società con una buona produzione di utili, in equilibrio finanziario e con una “mission” molto chiara (vendere latte, pasta, pane e panelle alla grande distribuzione) ci ritroviamo nel vortice di una complessa operazione finanziaria e industriale, che ha come protagonista una catena di supermercati della grande distribuzione che macina perdite da anni.
Cosa ci può succedere di buono, al massimo, con questa obbligazione del 2031? Eh, che il nostro quattro e mezzo lordo, che diventa il 3,3% netto all’anno, continua a essere remunerato e a scadenza il prestito viene rimborsato; questo è tutto quello che ci può succedere di buono. Invece il rischio derivante dall’operazione Carrefour Italia, che è sicuramente anche un'opportunità per gli azionisti, ma non per noi obbligazionisti, lo correremo in futuro, ma non sarà remunerato.
Quindi per chi opera in obbligazioni è urgente alzarsi dal torpore della poltrona, e fare un confronto con altre alternative di mercato; e allora fanno capolino altre domande, legittime e corrette: quanto riusciamo a guadagnare con questa obbligazione di più che con un semplice BTP 2031?
Un BTP 2031 a tasso fisso rende circa il 2.6% netto, contro il 3.3% di NewPrinces; sempre restando ai titoli di stato, con un semplice BTP Italia (per esempio il BTP Italia Giugno 2030, o il BTP Italia 2032) basterà che l'inflazione rimanga sui livelli attuali (1.8% all’anno, storicamente non molto) per pareggiare il rendimento netto offerto dal bond NewPrinces.
Vale la pena rischiare questo mal di pancia da grande distribuzione? La pigrizia di chi non cerca forti emozioni consiglia diversamente
L'autore del presente articolo potrebbe detenere a livello personale i titoli oggetto della presente analisi e/o averli consigliati ai suoi clienti nel corso della sua attività professionale.
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