Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

Mercati: dati e illusioni collettive


In vista delle prossime decisive riunioni di BCE e FED, vale la pena fermarsi un momento per osservare da vicino i più recenti sviluppi macroeconomici e politici. Non meno importante, vale la pena rileggere – con il distacco che il tempo ci permette – alcune delle previsioni che fino a pochi anni fa sembravano scolpite nella pietra, ma che oggi si rivelano assai meno solide di quanto si pensasse.

Partiamo dalla Germania, dove i dati del primo trimestre 2025 hanno sorpreso positivamente: il PIL ha segnato una crescita dello 0,4%, il doppio rispetto allo 0,2% previsto, grazie soprattutto a un inatteso slancio di consumi ed esportazioni. Quello che molti analisti hanno battezzato “effetto Trump” – ovvero la corsa a rafforzare gli scambi commerciali prima dell’introduzione dei nuovi dazi americani – ha fornito una spinta temporanea a un’economia che, sul medio periodo, resta tuttavia appesantita da sfide strutturali. Il governo di coalizione guidato da Friedrich Merz ha promesso enormi investimenti pubblici, soprattutto in difesa e infrastrutture, ma gli stessi consiglieri economici di Berlino mantengono un outlook di stagnazione per il 2025, ricordando che il rischio di contrazione non è affatto archiviato.

L’indice Ifo, uno dei termometri più seguiti sul clima di fiducia delle imprese tedesche, ha offerto segnali moderatamente positivi, salendo a 87,5 punti a maggio (da 86,9 ad aprile). Tuttavia, il quadro settoriale rimane misto: ottimismo nella logistica e nei trasporti, debolezza nel comparto chimico e costruzioni, e una ripresa manifatturiera ancora fragile.

Sul fronte italiano, l’agenzia Moody’s ha alzato l’outlook sul debito sovrano da stabile a positivo, mantenendo il rating a Baa3, un gradino appena sopra la soglia “junk”. Un riconoscimento importante, che segue quello già arrivato da S&P il mese scorso, e che riflette un miglioramento del quadro fiscale, con un deficit 2024 al 3,4% del PIL, meglio delle attese. Restano criticità, soprattutto legate all’elevato rapporto debito/PIL, atteso in crescita fino al 138,4% nei prossimi due anni, ma il sentiment generale verso la carta italiana si è rafforzato. L’attenzione del mercato si concentra ora sul nuovo BTP Italia in emissione dal 27 al 30 maggio, che offre un premio fedeltà dell’1% per chi lo deterrà fino a scadenza (2032), e si prepara a testare l’appetito sia dei retail che degli istituzionali.

Sul fronte geopolitico, Donald Trump ha nuovamente spostato il baricentro, annunciando la proroga fino al 9 luglio dell’entrata in vigore dei dazi al 50% sui prodotti europei. Una mossa che ha temporaneamente rasserenato i mercati. Ma dietro al rimbalzo immediato resta la consapevolezza che i mercati scontano una volatilità ormai strutturale, e che le aperture negoziali possono rovesciarsi in chiusure aggressive da un giorno all’altro.

Ed eccoci al cuore del ragionamento: quanto valgono le previsioni? Nel 2019, al Salone del Risparmio di Milano, i principali gestori presenti prevedevano un futuro di rendimenti globali bassi per decenni, sostenuti da demografia e crescita delle economie emergenti. A sei anni di distanza, il quadro si è ribaltato: il Treasury Usa a 30 anni ha superato il 5%, i Gilt britannici sono sopra il 5,5%, i bond giapponesi a lungo termine hanno raggiunto livelli record oltre il 3,6%. Il disordine fiscale, la pandemia, le guerre, il reshoring industriale e l’inflazione hanno spazzato via gli schemi predefiniti, restituendoci un mondo meno lineare e più instabile.

La lezione, per chi fa informazione e analisi sui mercati, è una sola: i mercati non si prevedono, si seguono. È troppo semplice – e poco utile – attaccarsi a chi ha sbagliato previsione; molto più interessante è ricordare che la costruzione di strategie solide passa dall’adattabilità, dalla lettura continua dei segnali e dalla capacità di navigare attraverso l’imprevisto. Le “verità” del 2019 non sono state demolite da un errore di calcolo, ma dall’irruzione della storia. Ed è questa consapevolezza che oggi dovrebbe guidare ogni approccio serio all’investimento.

Come sempre, staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro, ma ora passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.

Analisi ZC-Yield Curve Eur
La fotografia aggiornata del mercato obbligazionario mostra una curva dei rendimenti che continua a inclinarsi progressivamente, con segnali di rafforzamento rispetto alla scorsa settimana. Il rendimento del titolo decennale si attesta al 2,61%, in rialzo rispetto ai valori precedenti, mentre il trentennale raggiunge il 2,66%, confermando un movimento coordinato sull’intera struttura. Il differenziale tra 10 e 2 anni si amplia a 0,65%, suggerendo un irrigidimento nella parte centrale della curva, in attesa dei prossimi interventi di politica monetaria da parte delle banche centrali.

Nel tratto breve (2025–2027), non emergono novità sostanziali: l’inclinazione resta negativa e nervosa, con tassi ora sotto il 2% per il 2027, riflesso di una persistente incertezza sulle prossime mosse delle autorità monetarie e di una volatilità intrinseca che continua a impedire al mercato di trovare una direzione chiara. Gli operatori appaiono ancora cauti, consci che gli spazi per un allentamento rapido della politica dei tassi sono limitati.

Nel segmento medio-lungo (2027–2043), la curva si mostra invece più vivace: si osserva un irripidimento progressivo, con i rendimenti nella fascia 2041–2043 che superano ora il 2,80%. Questo movimento riflette una rivalutazione dei rischi legati alle scadenze più lunghe, probabilmente influenzata dal ricalcolo delle aspettative macroeconomiche e dall’impatto delle dinamiche geopolitiche in corso.

Oltre il 2043, nel tratto ultra-lungo, l’inclinazione rimane negativa, ma con una tendenza all’appiattimento sempre più evidente. Il mercato, pur mantenendo una struttura coerente con quella osservata nelle ultime settimane, mostra segnali di assestamento che lasciano spazio a una graduale normalizzazione delle curve, in linea con un quadro che sta lentamente metabolizzando le tensioni recenti.

Infine, sul fronte monetario, il forward Euribor a 6 mesi per la fascia tra fine 2026 e inizio 2027 registra un lieve calo, portandosi all’1,75%. Questo movimento segnala come il mercato abbia ripreso a scontare, nel medio termine, un possibile ciclo di tassi più bassi, pur restando vincolato a molteplici incertezze legate all’evoluzione dell’inflazione e al complesso mosaico delle trattative commerciali globali.

Analisi Integrata Trendycator
L’aggiornamento settimanale dei rendimenti governativi, integrato con il modello Trendycator, conferma un quadro ancora stabile ma con chiari segnali di rafforzamento, in particolare nelle aree core europee, mentre sul lato americano la situazione resta più incerta.

Nel Regno Unito, il rendimento del Gilt decennale sale ulteriormente, attestandosi al 4,76%, segnando così un nuovo massimo relativo rispetto alle ultime settimane. Il Trendycator mantiene il segnale LONG, riflettendo un contesto in cui le aspettative di riduzione dei tassi restano rinviate e la Banca d’Inghilterra si muove con cautela, lasciando che i tassi alti continuino a operare una pressione selettiva sull’economia. La frenata dell’inflazione ha smorzato solo parzialmente le tensioni, e il mercato resta orientato a prezzare scenari di stabilità monetaria prolungata.

In Germania, il Bund decennale si porta al 2,63%, proseguendo una dinamica di consolidamento che ha preso corpo a partire da marzo. Il Trendycator conferma il segnale LONG, segnalando una fase in cui i rendimenti vengono progressivamente riallineati con l’attuale contesto macro, in vista del prossimo importante appuntamento con la BCE previsto per il 5 giugno. Sebbene l’attesa per nuove decisioni monetarie stia aumentando, il posizionamento complessivo degli investitori non mostra ancora tensioni particolari.

In Italia, il BTP decennale registra un rendimento del 3,64%, con lo spread rispetto al Bund leggermente ridotto a 102,9 punti base. Il Trendycator rimane su NEUTRAL, segnalando una fase di transizione delicata: il mercato apprezza la stabilità politica e la gestione fiscale più ordinata, oltre al miglioramento dell’outlook da parte di Moody’s. Gli investitori sembrano prudentemente ottimisti, in attesa di conferme concrete.

Negli Stati Uniti, il Treasury decennale si attesta al 4,53%, evidenziando un recupero dai minimi recenti ma senza rompere la struttura laterale che caratterizza ormai da settimane il mercato. Il Trendycator conferma il segnale NEUTRAL, coerente con un quadro macroeconomico che resta complesso: il downgrade del rating da parte di Moody’s, le incertezze sulla politica fiscale interna e la posizione ancora poco chiara della Fed continuano a mantenere gli operatori in una fase tattica, più attendista che direzionale.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.

Conclusioni operative
Il quadro operativo rimane sostanzialmente invariato. I mercati obbligazionari continuano a muoversi all’interno di un contesto strutturalmente incerto, segnato da segnali macroeconomici frammentati, evoluzioni ancora imprevedibili sul fronte commerciale e attese non univoche in vista dei prossimi interventi delle banche centrali. Nessuno degli elementi attualmente in campo giustifica un cambio di rotta nelle strategie operative consolidate.

In questo scenario di transizione, la prudenza resta l’approccio più sensato. La costruzione di portafogli attraverso una logica di laddering concentrato tra i 3 e i 10 anni continua a rappresentare la strategia più efficace: consente di sfruttare il tratto della curva dove l’inclinazione è nettamente favorevole, riducendo al minimo il rischio di duration e offrendo una combinazione equilibrata tra rendimento e protezione.

Un’unica novità, che resta però una strategia residuale e adatta esclusivamente a chi dispone di liquidità in eccesso e può permettersi di immobilizzarla anche per un lungo periodo, riguarda il segmento degli extralunghi: la possibilità di sfruttare una sorta di “effetto leva naturale” sui bond quotati molto sotto la pari, incassando cedole calcolate sull’intero nominale.

Per esempio, acquistare un bond con cedola all’1% al prezzo di 50 equivale a spendere 500 euro per portarsi a casa un nominale da 1.000 euro, raddoppiando di fatto il rendimento cedolare immediato in termini percentuali sul capitale effettivamente investito. Naturalmente, questa opzione non deve essere intesa come sostitutiva delle strategie principali, ma solo come componente accessoria per portafogli già solidamente costruiti.

Quanto al nuovo BTP Italia in collocamento dal 27 maggio, il tasso minimo garantito (previsto in uscita oggi) deve ancora essere comunicato mentre scriviamo queste righe. Secondo diversi analisti, in base ai dati attuali sull’inflazione e ai rendimenti dei titoli nominali, il tasso reale potrebbe oscillare tra l’1,4% e l’1,8%. Un rendimento all’interno di questa forchetta renderebbe il titolo competitivo rispetto ai Btp tradizionali e utile come copertura in caso di eventuali risalite dei prezzi. Inoltre, previsto un bonus fedeltà dell’1% per chi detiene il titolo sino a scadenza, fissata al 4 giugno 2032.

In sintesi, ci troviamo ancora in una fase guidata più dall’attesa che dalla direzionalità. Non è il momento di anticipare il mercato né di forzare le scelte: la gestione del rischio rimane la priorità assoluta.

Qui sotto, l’aggiornamento dei Btp con scadenze tra 5 e 10 anni, visto il potenziale di riduzione del rendimento visto l’attuale sentiment decisamente positivo sul nostro debito pubblico.  

L’autore del presente articolo è iscritto all’Ordine dei Giornalisti e non detiene gli strumenti oggetto delle sue analisi.
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