Nel primo caso si aspettano novità dal fronte cessioni. Nel secondo caso nuovo massimo storico (del tutto inatteso!). Nel terzo caso ecco una vittima del petrolio che scende di prezzo: è un’occasione? Nel quarto caso nuova pesante seduta con il ritorno sotto i 200 Usd: eccola una vittima delle scelte economiche di Trump.
Buy or sell
Immagine tratta da Wikimedia Commons
In una seduta di attesa sulle decisioni della Fed in relazione ai tassi di interesse e sulle trattative sui dazi molte storie si sono messe in luce. Ve le raccontiamo.
Cominciamo da Iveco. Giornata contraddittoria in relazioni a certe voci, accavallatesi a spron battuto? |
Continuano a circolare in effetti le chiacchiere che vogliono due big del private equity Usa interessate a trattare (per conto certamente di altri) Iveco Defence Vehicles, società del gruppo Iveco attiva nel settore dei veicoli militari o – per dirla in maniera elegante – della difesa. Da quanto se ne parla? I lettori di questa rubrica forse ricorderanno che ne riferimmo molti mesi fa. Poi le indiscrezioni sono diventate quasi certezza – almeno così sembrava – ma improvvisamente si sono assopite e ora tornano a galla. È un’operazione che comporterebbe forti plusvalenze per Iveco ma bisogna portarla a termine, il che appare più difficile di quanto si pensi. |
Il titolo da alcune sedute non dà segnali particolari. Sembrerebbe comunque muoversi in un timido contesto di accumulazione. Lo si può vedere così? |
I volumi non confermerebbero quest’interpretazione del trend. Dal 10 aprile Iveco si muove di fatto in un laterale senza particolari spunti dopo la scivolata di marzo, causa dazi. Nelle ultime sedute le chiusure si stanno allineando su una resistenza dinamica rialzista ma poco marcata. C’è chi compra in previsione della conclusione di un accordo di cessione di IDV? I segnali non sono chiari e solo una rottura al rialzo dei 15,0 Eur (contro la chiusura ieri a 14,41 Eur) ridarebbe direzionalità al titolo. Che si muove senza particolari spunti anche rispetto al mercato in generale. |
Passiamo ora a Generali. Quali novità? |
La Reuters ha riportato la seguente notizia: il presidente delle Generali, Andrea Sironi, ritiene che nel prossimo Cda della compagna il 7 maggio si discuterà anche dell'Ops lanciata da Mediobanca su Banca Generali la scorsa settimana. “Penso di sì”, si è limitato a dire Sironi a chi gli chiedeva in merito. Commentiamo questa news: al contrario di quanto avvenuto nel caso delle altre Ops (Unicredit su Banco Bpm e Mps sulla stessa Mediobanca), dove i tempi si sono allungati senza decisioni specifiche da parte dei Cda, per Generali la rapidità sembra quasi un obbligo. E nei palazzi dei poteri finanziari si dà per scontata la possibilità che i tempi annunciati da Piazzetta Cuccia saranno rispettati, evitando le tante incertezze viste - complice la politica - sugli altri fronti. |
Dopo la notizia dell’Ops di Mediobanca su Banca Generali si dava per scontata una fase di assestamento per il titolo Generali. Invece ieri ha decisamente superato la resistenza dei 32,4 Eur per chiudere a 33,64 Eur (+3,22%). Davvero un bel movimento! |
Nuovo massimo storico e nessuno se lo aspettava! Ormai si è ben oltre la media dei target degli analisti specializzati, quantificabile nei 30 Eur, il che lascia intendere come le mani forti continuino ad acquistare. Cosa intravedono? Un possibile allargamento dell’operazione Mediobanca-Banca Generali, con un coinvolgimento diretto del Leone triestino nel risiko bancario? Tutto è possibile, in un contesto certamente sempre più complesso. Le voci che corrono sono davvero destabilizzanti rispetto al quadro attuale: vuoi vedere che dopo le battaglie italiane si passerà al contesto europeo? C’è chi lo dà per certo, indicando due mercati che potrebbero diventare terreno di scontro, ovvero Francia e Spagna. |
Una delle leader europee del petrolio sta soffrendo oltre ogni previsione. È la francese TotalEnergies. Cosa succede? |
I prezzi del petrolio sono crollati, a causa di un annuncio a sorpresa, ovvero quello di un nuovo aumento della produzione Opec per il mese di giugno. Il greggio Brent, il barometro globale, è sceso di oltre il 4% sotto la soglia dei 59 dollari, pericolosamente vicino ai livelli più bassi degli ultimi quattro anni, sebbene nelle ultime ore sia risalito sui 61 Usd. L’effetto è stato immediato per una big come TotalEnergies, che occorre sempre seguire con interesse per vari motivi: la forza del brand, l’ottima redditività da dividendi e lo sforzo intrapreso da tempo per una diversificazione nell’energia pulita. |
Graficamente cosa sta capitando all’azione? |
Dopo il pesante storno iniziato il 2 aprile (chiusura a 59,4 Eur) e terminato il 9 aprile (chiusura a 48,25 Eur) si pensava in un progressivo recupero, timidamente evidenziatosi per alcune sedute fino a sfiorare la resistenza dei 53,45 Eur. Poi nuova ridiscesa verso il supporto dei 50,5 Eur, che è ora il riferimento per le prossime giornate. Il titolo è comunque di nuovo orientato a un ribasso dopo la caduta sotto la media mobile a 20 sedute, collocata anch’essa a 50,5 Eur, con chiusura ieri sera a 50,51 Eur. La coincidenza dei numeri lascia intendere come la quotazione in corso sia decisiva per gli sviluppi futuri. |
Vedere un diffondersi di raccomandazioni “neutral” su Apple non è un bel segnale. Considerando che spesso il “neutral” nasconde valutazioni in realtà negative. È quanto sta accadendo. Apple, una stella cadente? |
Un insieme di vicende pesa sugli sviluppi della società: le incertezze sui dazi, le preoccupazioni su come su modificherà la catena di approvvigionamenti e infine problemi nello sviluppo del suo progetto di intelligenza artificiale. In realtà la notizia più preoccupante è quella del trasferimento della produzione di iPhone in India, allo scopo di evitare la guerra Trump-Cina. Per l’India i dazi sono attualmente del 26%, il che significa 150 Usd di oneri per ogni cellulare prodotto contro i quasi 300 nel caso dell’alternativa cinese. Altro che riportare la produzione negli Usa! I numeri dell’ultima trimestrale di Apple sono comunque positivi ma mai come ora si guarda al futuro e sulle prospettive della prossima trimestrale ci sono davvero incertezze. L’aumento dei costi – causa dazi – è stimato in quasi 900 milioni di Usd, cui si aggiungono le multe Ue per violazione delle norme sui mercati digitali: altra botta da 500 milioni di euro. C’è chi sostiene così che la strategia di Berkshire Hathaway di ridurre fortemente la sua quota in Apple sia stata un segnale non adeguatamente seguito dai piccoli e medi investitori, che forse ora condividono quella scelta e – in ritardo – vendono. Nella notte si è diffusa poi la notizia che proprio Berkshire potrebbe diminuire ulteriormente la presenza in Apple. |
E così la quotazione torna sotto i 200 Usd, evidenziando nervosismo. Cosa succede? |
Certamente dal punto di vista delle soglie psicologiche questa è di nuovo una brutta notizia. Ciò è avvenuto fra l’altro in presenza della rottura al ribasso di un importante triangolo che tratteneva da settimane i movimenti dell’azione. La chiusura ieri a 198,89 Usd ripropone i timori di un doppio minimo sui 172,4 Usd. Apple si sta dimostrando una delle vittime sacrificali delle politiche economiche di Trump e certamente è il confronto con i 200 Usd che rappresenta un livello decisivo nell’eterno confronto fra venditori e compratori. |