Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

Pressioni sulla Fed


Negli ultimi quindici giorni l’attenzione degli investitori si è focalizzata su una sequenza ravvicinata di dati e appuntamenti chiave per il mercato obbligazionario statunitense: i dati sull’inflazione, la revisione del PIL del primo trimestre e la riunione della Federal Reserve del 18 giugno. Un insieme di informazioni che, seppur prive di svolte immediate, ha contribuito a definire un contesto in progressiva transizione.

Il primo segnale è arrivato con i dati sull’indice dei prezzi al consumo (CPI) per il mese di maggio. L’inflazione headline è cresciuta dello 0,1% su base mensile (2,4% su base annua), mentre la componente core ha registrato un +0,1% m/m e un +2,8% a/a, entrambi inferiori alle attese. I dati hanno rafforzato l’ipotesi di una Federal Reserve ancora attendista: nella riunione del 18 giugno, l’istituto centrale ha infatti mantenuto invariati i tassi, ribadendo l’intenzione di attendere ulteriori conferme prima di valutare eventuali tagli.

Secondo diversi analisti, le attuali condizioni economiche – inflazione sotto controllo e un mercato del lavoro in progressiva decelerazione – giustificano un approccio cauto, ma non precludono la possibilità di un allentamento nella seconda parte dell’anno.

Un secondo segnale è arrivato dal dato sul PIL, con la terza lettura del primo trimestre che ha evidenziato una contrazione annualizzata dello 0,5% (rispetto al -0,2% precedente). Anche i consumi personali sono stati rivisti al ribasso (+0,5%), a conferma di un contesto in raffreddamento. I mercati hanno reagito con un rafforzamento delle aspettative di taglio dei tassi: il rendimento del Treasury decennale è sceso al 4,25% e i future prezzano ora oltre 60 punti base di allentamento entro fine anno, con una probabilità crescente di una prima mossa già a settembre.

A chiudere il quadro è arrivato l’aggiornamento del dato PCE. A maggio, l’indice headline è salito dello 0,1% su base mensile (+2,3% annuo), mentre il dato core ha mostrato un incremento dello 0,2% m/m e del 2,7% a/a. Rispetto al CPI, il PCE riflette una pressione leggermente più marcata sui prezzi core, ma ancora compatibile con uno scenario di disinflazione in corso.

Nel complesso, la Federal Reserve mantiene un profilo prudente, consapevole che intervenire troppo presto potrebbe vanificare i progressi fatti nel contenimento dell’inflazione. Tuttavia, l’accumularsi di segnali di rallentamento – dalla crescita ai consumi – aumenta la pressione per una risposta più tempestiva nei prossimi mesi. Le probabilità di un primo taglio a settembre restano elevate, ma condizionate dalle prossime letture su inflazione e occupazione. Intanto, i mercati obbligazionari pare si stiano già muovendo in anticipo, puntando su un ciclo di easing entro l’autunno.

Come sempre, staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro, ma ora passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.

Analisi ZC-Yield Curve Eur
La fotografia aggiornata del mercato obbligazionario mostra una curva dei rendimenti che continua a evidenziare segnali di progressiva normalizzazione e di rafforzamento della struttura. Il rendimento del titolo decennale sale al 2,65%, mentre il trentennale si porta al 2,76%. Il differenziale tra 10 e 2 anni si amplia leggermente a 0,64%, confermando la pressione sulla parte centrale della curva ma in un contesto di maggiore coerenza e minore tensione rispetto alle settimane precedenti.

Nel tratto breve (2025–2027), la curva presenta ormai un’inclinazione positiva quasi del tutto stabilizzata. Il residuo nervosismo osservato nei mesi precedenti si è progressivamente ridotto e oggi risulta sostanzialmente ininfluente ai fini dell’interpretazione dello scenario complessivo. La parte iniziale della struttura restituisce un’immagine di mercato che ha assorbito le attese più critiche e che ora guarda con maggiore equilibrio alla traiettoria dei tassi ufficiali.

Il segmento medio-lungo (2027–2045) mostra un aumento della pendenza, con rendimenti che toccano un massimo poco sopra area 2,85% sulle scadenze comprese tra il 2042 e il 2046. Il movimento rafforza l’ipotesi di un equilibrio in via di consolidamento, sostenuto da una combinazione tra premio per il rischio, attese moderate di inflazione e progressiva uscita dalle distorsioni generate negli anni passati.

Oltre il 2045, nel tratto ultra-lungo, si osserva una sostanziale stabilità con conferma della fase di appiattimento in lento ma costante riassorbimento. Il rendimento a 50 anni è ora sopra il 2,60%, e la curva presenta un’inclinazione positiva lungo tutta la sua estensione. Questo rappresenta un ulteriore segnale di ritorno a condizioni strutturali più simmetriche, dopo un decennio segnato da politiche monetarie straordinariamente espansive che avevano alterato profondamente la naturale formazione dei prezzi sul tratto extralungo.

Infine, sul fronte monetario, il tasso forward Euribor a 6 mesi per la fascia tra fine 2026 e inizio 2027 si mantiene stabile in area 1,90%. Il mercato continua, dunque, a prezzare una moderazione dei tassi nel medio periodo, senza discostarsi dalla prudenza che ancora caratterizza lo scenario macroeconomico e geopolitico globale.

Analisi Integrata Trendycator
L’aggiornamento settimanale dei rendimenti governativi, integrato con il modello Trendycator, conferma una fase di consolidamento diffuso, ma introduce un elemento di novità nel quadro europeo: il segnale long sul Bund tedesco, unico tra i principali benchmark a evidenziare una tendenza tecnica definita in un contesto ancora dominato dalla prudenza.

Nel Regno Unito, il rendimento del Gilt decennale si attesta al 4,46%, in lieve flessione rispetto alla scorsa settimana. Il Trendycator resta su NEUTRAL, riflettendo un mercato privo di spinta direzionale e in attesa di indicazioni più chiare dalla Bank of England, che per ora mantiene un atteggiamento cauto. Le attese di taglio restano sospese tra la cautela della banca centrale e la fragilità dei dati macro.

In Germania, il Bund decennale risale al 2,56%, interrompendo la fase di compressione osservata nelle scorse settimane. Il Trendycator si mantiene su LONG, segnando un cambiamento potenzialmente rilevante. Il movimento è coerente con l’ipotesi che il Bund stia beneficiando sia della forza relativa dell’economia tedesca rispetto alla periferia sia della stabilizzazione del quadro BCE dopo i primi segnali di pausa nel ciclo di allentamento.

In Italia, il BTP decennale mostra un rendimento in lieve ribasso al 3,48%, con uno spread rispetto al Bund che si riduce a 90 punti base. Il Trendycator si mantiene su NEUTRAL, coerente con una fase di transizione tecnica e con l’assenza di spinte direzionali nette. La riduzione dello spread riflette anche un miglioramento percepito del rischio sovrano relativo, in un contesto europeo un po’ instabile dal punto di vista politico.

Negli Stati Uniti, il Treasury decennale prosegue la sua discesa controllata, attestandosi al 4,25%. Il Trendycator rimane su NEUTRAL, confermando un’impostazione ancora attendista. La Fed continua a prendere tempo, osservando con attenzione le dinamiche di inflazione e crescita prima di operare eventuali tagli. In questo contesto, l’obbligazionario statunitense appare in fase di consolidamento, con volatilità contenuta lungo la curva.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.

Conclusioni operative
Spiace sinceramente riconfermare ancora una volta che il quadro operativo sulle obbligazioni continua a richiedere disciplina più che creatività. Il riassorbimento degli eccessi dell’ultimo decennio non presenta condizioni di mercato tali da giustificare manovre speculative o revisioni strategiche profonde. La realtà è che ci troviamo in una fase di stasi tattica, in cui l’elemento più rilevante resta la manutenzione del portafoglio, più che la ricerca di extra-rendimento.

In questo contesto, l’unica vera azione efficace è quella di reinvestire con metodo: utilizzare le cedole incassate per rafforzare la struttura esistente, sostituire i titoli in scadenza seguendo logiche coerenti con l’asset allocation stabilita, ed eventualmente apportare lievi adeguamenti in base a mutate esigenze personali o a cambiamenti nella propensione al rischio.

Rimane confermata la validità della strategia laddering, che continua a rappresentare lo strumento più efficace per ottenere flessibilità operativa, protezione dal rischio di reinvestimento e una crescita costante del capitale nel tempo. Non ci sono oggi alternative più efficaci per affrontare un ciclo economico incerto e privo di direzione chiara.

Si conferma infine la possibilità, per chi dispone di liquidità temporaneamente inutilizzata, di parcheggiarla su strumenti a breve scadenza, a patto che il rendimento offerto sia ritenuto adeguato e che l’orizzonte temporale sia compatibile con l’esigenza di poterla riallocare in tempi rapidi su altre opportunità.

In sintesi: la pazienza resta il vero vantaggio competitivo dell’investitore obbligazionario in questo momento. Interventi forzati rischiano solo di indebolire una costruzione patrimoniale che oggi ha bisogno, più che mai, di stabilità e rigore.

Qui sotto, a titolo di esempio una selezione di governativi e sovranazionali con scadenze dal 2026 al 2030, per una strategia laddering da affiancare o integrare in portafogli già posizionati su Btp, in modo da diversificare gli emittenti.

L’autore del presente articolo è iscritto all’Ordine dei Giornalisti e non detiene gli strumenti oggetto delle sue analisi.
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