Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

La BCE chiude il ciclo espansivo. La Fed osserva (e aspetta l’inflazione)


La Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi di 25 punti base, portando il tasso sui depositi al 2,00%. Da Francoforte è arrivato anche un messaggio chiaro: non ci sarà alcun ritorno ai tassi reali negativi. L’epoca dei rendimenti sottozero – anche solo in termini corretti per l’inflazione – appartiene al passato. A confermarlo sono le dichiarazioni di membri del board come Martins Kazaks, che ha richiamato l’utilità di mantenere margine di manovra politico, segnalando la volontà della BCE di non bruciarsi le cartucce in anticipo.

La lettura integrata delle proiezioni macro pubblicate insieme alla decisione fornisce ulteriori elementi di contesto. L’inflazione generale è attesa al 2,0% nel 2025, per poi scendere all’1,6% nel 2026 e risalire al 2,0% nel 2027. L’inflazione core, quella depurata da energia e alimentari, rimane più elevata nel breve, con stime al 2,4% per quest’anno e all’1,9% per i due successivi. La crescita economica prevista è dello 0,9% per il 2025, con una progressiva ripresa all’1,1% e 1,3% nel biennio successivo.

Negli Stati Uniti, invece, la Federal Reserve continua a muoversi in  modo ancora più prudente. Il dato sul mercato del lavoro pubblicato nei giorni scorsi ha mostrato una crescita delle buste paga non agricole di 139.000 unità, superiore alle attese (126.000), con un tasso di disoccupazione stabile al 4,2%. Anche i salari sono saliti più del previsto: +0,4% su base mensile e +3,9% su base annua, contro il 3,7% stimato dal consensus. Tuttavia, la revisione al ribasso delle cifre dei mesi precedenti – in particolare marzo e aprile – ha ridimensionato l’impressione iniziale, restituendo un quadro più debole di quanto la cifra principale lasciasse intendere.

I commenti degli analisti raccolti subito dopo la pubblicazione convergono su un punto: la Federal Reserve non modificherà il proprio approccio in occasione del meeting di metà giugno. I segnali misti provenienti dall’economia reale non bastano per giustificare un taglio imminente. Per ora, i tassi restano fermi. Il mercato continua a prezzare un primo intervento solo in autunno, con una probabilità su tre per la riunione di luglio. Nel frattempo, il rendimento del Treasury a due anni si è stabilizzato intorno al 4,00%, molto al di sotto dei livelli di inizio anno (4,40%), a indicare che le aspettative di rallentamento economico si stanno rafforzando.

Sul fronte europeo, intanto, si registra un’evoluzione rilevante anche sul versante del rischio sovrano. Lo spread Btp-Bund a 10 anni è sceso sotto i 90 punti base – un livello che non si vedeva da oltre quattro anni – mentre il rendimento del decennale italiano si è portato in area 3,50%. Il rafforzamento del sentiment verso la carta italiana riflette non solo il contesto macro più disteso, ma anche una progressiva convergenza di rendimento verso i titoli core, con implicazioni favorevoli per il costo del credito al settore privato.

In sintesi, sia la BCE che la Fed sembrano ora più attente a non esagerare in un senso o nell’altro. Nessuna delle due intende tornare alle storture dei QE: il messaggio è di stabilità più che di inversione. Le curve si normalizzano, i rendimenti si assestano, e i mercati – almeno per ora – sembrano rispondere senza eccessi.

Come sempre, staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro, ma ora passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.

Analisi ZC-Yield Curve Eur
La fotografia aggiornata del mercato obbligazionario mostra una curva dei rendimenti che questa settimana si presenta leggermente più distesa, con movimenti coerenti lungo tutta la struttura e segnali di assestamento nelle diverse fasce temporali. Il rendimento del titolo decennale risale al 2,60%, mentre il trentennale si attesta al 2,65%, delineando un irrigidimento moderato ma costante. Il differenziale tra 10 e 2 anni si amplia lievemente a 0,60%, confermando una certa pressione sulla parte centrale della curva, in linea con le recenti dichiarazioni delle banche centrali.

Nel tratto breve (2025–2027), la situazione resta invariata: l’inclinazione rimane negativa, il tono nervoso e la lettura complessiva ancora poco decifrabile, nonostante il piano della BCE per i prossimi mesi si presenti ormai piuttosto definito. La visibilità operativa è migliorata, ma il breve termine continua a scontare oscillazioni legate all'incertezza residua.

Il segmento medio-lungo (2027–2045) mantiene una configurazione positiva, con un’inclinazione regolare e rendimenti massimi concentrati tra le scadenze 2042 e 2045, attualmente in aumento e attorno al 2,80%. La curva in questa fascia riflette un equilibrio stabile tra attese di crescita, premio al rischio e ritorno alla normalità delle condizioni di mercato.

Oltre il 2045, nel tratto ultra-lungo, l’appiattimento della curva si fa ormai evidente. I rendimenti extralunghi si sono progressivamente avvicinati ai livelli intermedi, segnale che il mercato sta riassorbendo le distorsioni precedenti. Se questa tendenza dovesse proseguire, nelle prossime settimane si potrebbe assistere alla completa normalizzazione della curva e, con essa, alla chiusura definitiva della fase di repricing iniziata ormai più di un anno fa.

Infine, sul fronte monetario, il forward Euribor a 6 mesi per la fascia tra fine 2026 e inizio 2027 sale all’1,90%, mantenendosi comunque su livelli compatibili con uno scenario di tassi più contenuti nel medio termine, ma ancora influenzato da un quadro macroeconomico che richiede prudenza.

Analisi Integrata Trendycator
L’aggiornamento settimanale dei rendimenti governativi, integrato con il modello Trendycator, restituisce un quadro tendenzialmente stabile, ma con lievi segnali di consolidamento in alcune aree.

Nel Regno Unito, il rendimento del Gilt decennale si attesta al 4,59%, in lieve flessione rispetto ai livelli di inizio mese. Il Trendycator mantiene il segnale LONG, coerente con uno scenario in cui la Bank of England continua a privilegiare un approccio prudente, lasciando invariati i tassi di riferimento in attesa di conferme sulla traiettoria disinflazionistica. Le aspettative di allentamento monetario restano posticipate, con il mercato che continua a scontare una fase di stasi prolungata.

In Germania, il rendimento del Bund decennale risale leggermente al 2,58%. Il segnale LONG del Trendycator viene confermato, a indicare una fiducia di fondo nella stabilità macroeconomica dell’area core, rafforzata dalla chiarezza strategica mostrata dalla BCE nell’ultima riunione. L’asset tedesco continua a rappresentare un punto di riferimento stabile, senza eccessi di volatilità lungo la curva.

In Italia, il BTP decennale mostra un rendimento del 3,53%, con lo spread rispetto al Bund in discesa sotto la soglia psicologica dei 90 punti base, attestandosi a 89,93. Il Trendycator resta su NEUTRAL, segnalando una fase interlocutoria. La dinamica recente conferma inconfutabilmente un miglioramento della percezione di rischio sull’emittente sovrano italiano.

Negli Stati Uniti, il rendimento del Treasury decennale resta ancorato al 4,39%, evidenziando un movimento di assestamento in assenza di nuovi driver macro di rilievo. Il Trendycator mantiene il segnale NEUTRAL, in coerenza con uno scenario ancora incerto. La Federal Reserve si muove con estrema cautela, in attesa dei prossimi dati sull’inflazione e sul mercato del lavoro, mentre il posizionamento del mercato resta influenzato dalle preoccupazioni legate alla sostenibilità fiscale e alle tensioni geopolitiche globali.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.

Conclusioni operative
Il quadro operativo resta invariato. Anzi, possiamo dirlo senza giri di parole: la situazione è ormai talmente stabile da rasentare la noia. I mercati obbligazionari continuano a muoversi in un contesto di attesa, con segnali macroeconomici disomogenei, tensioni geopolitiche sempre latenti e indicazioni non sempre univoche da parte delle banche centrali. Nessuno degli elementi oggi sul tavolo giustifica una modifica delle strategie operative fin qui adottate.

In questo scenario sospeso, la prudenza rimane l’impostazione più razionale. La costruzione del portafoglio attraverso una logica di laddering lungo il tratto più inclinato della curva continua a rappresentare il riferimento operativo: offre un buon compromesso tra visibilità sui flussi, contenimento della volatilità e gestione del rischio legata all’evoluzione dei tassi.

L’attenzione operativa delle prossime settimane rimane concentrata sulla gestione della liquidità. Dopo il taglio della BCE, ci si attende una fase di pausa più o meno prolungata, che sarà strettamente legata all’andamento dell’inflazione e all’eventuale impatto delle tensioni commerciali.

Per questo motivo ha senso mantenere in considerazione anche titoli a brevissimo e breve termine, in quanto strumenti flessibili che permettano di mantenere manovrabilità e capacità di reazione, evitando di irrigidire il portafoglio in una fase in cui il quadro generale pare essere in via di definitivo assestamento su nuovi equilibri.

In conclusione, non è il momento di anticipare il mercato, né di inseguire scommesse direzionali. In attesa che la curva dei rendimenti trovi un equilibrio definitivo su tutta la sua estensione, l’unico criterio valido per impostare la propria strategia è la valutazione realistica della propria condizione personale: capitalizzazione, disponibilità di liquidità, orizzonte temporale e tolleranza al rischio. Da qui, e solo da qui, potranno derivare scelte efficaci nei prossimi mesi.

Qui sotto, a titolo di esempio una selezione di governativi con differenti gradi di rischio emittente per scadenze comprese tra i cinque e i sette anni.

L’autore del presente articolo è iscritto all’Ordine dei Giornalisti e non detiene gli strumenti oggetto delle sue analisi.
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