Report Valutario


EURUSD (PC: 1,1198)

Major Trend: l’impostazione strategica rimane al ribasso, seguita da una lateralizzazione, tuttora in essere, a partire dal marzo 2015. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in teoria in via di progressiva normalizzazione, anche se ancora molto espansiva – e della Bce – in ulteriore espansione fino ad almeno marzo 2017 (ed in accelerazione da aprile 2016), con tassi di interesse schiacciati sullo zero quando non in territorio negativo – mantiene un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Il trend ribassista dominante dell'euro riprenderebbe una volta esaurita la fase laterale in essere alla violazione di 1,0700-1,0800 (prematuro), con primo obiettivo i minimi del marzo-dicembre 2015 in area 1,0455-1,0540 e quindi (al momento improbabile) il test del supporto psicologico rappresentato dalla parità. L'ipotesi ribassista dovrebbe essere accantonata in caso di risalite del cambio al di sopra dei picchi di fine agosto 2015 a 1,1715, eventualità che al momento pare ipotizzabile soltanto qualora la Fed dovesse decidere di soprassedere definitivamente rispetto al programma annunciato di graduale rialzo dei tassi o, in caso di forti tensioni sul sistema finanziario (al momento improbabili), ipotizzare addirittura un nuovo round di easing quantitativo, riprendendo il programma interrotto nell'ottobre 2014 con ulteriori espansioni del proprio Bilancio (stabile da ottobre 2014 a ridosso di 4,5 trilioni di dollari).
Le preoccupazioni della Fed sulla tenuta dei mercati finanziari e sull'evoluzione del ciclo economico sono emerse a partire dalla riunione del 16 marzo 2016 quando il Fomc ha iniziato ad assumere un atteggiamento decisamente attendista, confermato negli ultimi mesi, in merito al percorso inizialmente previsto di graduale rialzo dei tassi: ciò conferma che la "normalizzazione" della politica monetaria ultra-espansiva degli Usa sarà decisamente lenta, e ciò potrebbe portare ad un lungo stallo nel cambio EurUsd, all'interno dell'intervallo con estremi 1,0700-1,0800 (ext 1,0455-1,0540) e 1,1615-1,1715, con spartiacque a ridosso di 1,1200/1250.

Medium Trend: da metà marzo 2015 si è assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo in area 1,0455/0540 ed al di sotto di area 1,1615/1715. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, dopo il tracollo dai picchi del maggio 2014 a ridosso di 1,4000. All’interno di tale trading-range, l'atteggiamento 'dovish' della Fed degli ultimi mesi ha favorito un leggero indebolimento del dollaro: dal valido supporto a ridosso di 1,0800, testato il 2 marzo e ritestato durante la conferenza stampa di Draghi del 10.03, si è sviluppata una risalita dell'euro con un picco a 1,1618 il 3 maggio; verso fine maggio il cambio è poi ridisceso verso 1,1100, per poi risalire verso 1,1430 il 9 giugno,  alla luce dei dati negativi sul mercato del lavoro Usa, che hanno indotto la Fed a rinviare ulteriormente il rialzo tassi, precedentemente ipotizzato per il mese di giugno. Si è poi assistito ad un ripiegamento verso 1,1130 e quindi ad una risalita verso 1,1450 alla vigilia del referendum del 23 giugno in Gran Bretagna. Alla notizia della vittoria dei voti favorevoli alla fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione Europea - che ha colto di sorpresa i mercati - il 24 giugno si è assistito ad una violenta correzione verso 1,0910, seguita poi da una risalita verso 1,1370 (il 19 agosto). Nelle ultime settimane il cambio si è mosso in modo nervoso al di sotto di 1,1370 ed al di sopra di 1,1100, con volatilità in contrazione. Il succedersi di dati macro contrastanti e le dichiarazioni ondivaghe della Fed sulla futura politica dei tassi  - l'ultima il 21 settembre in cui i tassi sono rimasti invariati ma la Yellen ha lasciato intendere che la Fed rimane pronta ad alzarli ai primi segnali - hanno contribuito all'erraticità del cambio ma comunque all'interno di un canale laterale oramai consolidato tra 1,0800-1,0910 e 1,1370-1,1450. Il quadro tecnico rimane quindi immutato: un nuovo impulso rialzista affidabile per l'euro si avrebbe solo al superamento di 1,1615 (improbabile, resistenza intermedia 1,1450-1,1525), con conferma al superamento della resistenza critica a 1,1715. È verosimile che un eccessivo apprezzamento dell'euro verrebbe prontamente contrastato dalla Bce, la cui preoccupazione maggiore è arginare le spinte deflazionistiche nell'area, che sarebbero ovviamente aggravate da un euro in risalita. Un segnale di rinnovata debolezza per l'euro, in ottica plurisettimanale, si avrebbe invece alla violazione di 1,0700-1,0800, con obiettivo 1,0455-1,0540, sotto cui partirebbe un'accelerazione al ribasso, ma ciò appare assai prematuro visto che anche la Fed difficilmente accetterebbe apprezzamenti marcati del dollaro Usa in questo frangente. Gli interessi contrastanti delle due Banche Centrali potrebbero quindi risolversi nel prolungamento della fase di stallo dell'ultimo anno ancora per molti mesi a venire, all'interno di un trading-range dove il cambio potrebbe continuare a muoversi liberamente per mutuo, tacito consenso delle parti. In tale prospettiva si rischia di correre dietro a molti falsi segnali, alla ricerca di una direzionalità di più ampio respiro che invece manca. La fase di "tregua valutaria" in atto non deve però spingere ad abbassare la guardia perché la fuoriuscita dal trading-range - quando avverrà, in teoria dalla parte bassa - comporterà sicuramente un'impennata della volatilità, come capita sempre dopo fasi plurimensili di "equilibrio": ciò porterà a massicci spostamenti a livello strategico, ma tale eventualità appare ancora prematura.

Minor Trend: dai minimi post-Brexit toccati il 24 giugno a 1,0910, il cambio è risalito verso la resistenza in area 1,1400/1450, arrestandosi ad un picco a 1,1368 il 19 agosto per poi ripiegare verso 1,1123 il 31 agosto. Nelle ultime settimane il cambio ha fatto base al di sotto di 1,1330 per spingersi verso 1,1275 dopo l'ennesimo nulla di fatto da parte della Fed nella riunione del 21 settembre, e nuovamente  ridiscendere verso 1,1100 nelle ultime sedute. Al di là dell'impennata effimera di volatilità post-Brexit e dei movimenti erratici in base al susseguirsi di dati macro contrastanti e del "balletto" sui tassi della Fed, la tenuta della valida resistenza in area 1,1400/1450 conferma la scarsa tonicità del cambio ed è coerente con l'ipotesi di ampia lateralità avanzata. Un impulso rialzista si avrebbe solo al superamento di tale resistenza (poco probabile), con primo obiettivo la resistenza a 1,1525. Il valido supporto in area 1,0700-1,0800 dovrebbe per contro contenere eventuali spinte ribassiste (supporti intermedi 1,0910 e 1,1040-1,1100). Visto il quadro più ampio ancora favorevole al dollaro, le fasi di debolezza del biglietto verde rimangono occasioni di acquisto di $ in ottica tattica.

OPERATIVAMENTE: le posizioni corte aperte in area 1,1300/50 sono state chiuse in t/p sulla discesa verso 1,1100. Possibili nuove posizioni corte su risalite in area 1,1400/50 con stop loss sopra 1,1550. Per l'apertura di posizioni lunghe attendere storni in area 1,0700-1,0800 e quindi in area 1,0500/0550.

USDJPY (PC: 102,92)

Major Trend: l’impostazione al rialzo degli anni passati è sfociata in una lateralizzazione nell'ultimo semestre 2015 al di sotto del picco a ridosso di 126 toccato ad inizio giugno, con un ulteriore peggioramento da inizio febbraio 2016 ed un pesante sell-off nei mesi seguenti che respinge il cambio al di sotto del supporto in area 110-111 (minimo 105,55 il 3 maggio); il cambio si riporta verso 111,50 a fine maggio, per poi ridiscendere velocemente portandosi al di sotto del supporto chiave a 105 (min 103,55 il 16.06), alla luce del nuovo rinvio del rialzo tassi negli Usa. Sulla notizia della fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, sancita nel referendum di govedì 23 giugno, che ha colto di sorpresa i mercati - si è assistito ad un nuovo scivolone, col cambio precipitato al di sotto del supporto psicologico a quota 100, verso quota 99 (minimo 98,92 il 24 giugno). Le forti prese di beneficio sulle posizioni corte in yen si sono accompagnate, come divenuto oramai consueto negli ultimi anni, alle pesanti vendite sui mercati azionari, in specie in Giappone e nell'area euro: in una situazione di risk-off, ovvero di avversione al rischio con conseguenti liquidazioni di posizioni lunghe sull'azionario, è infatti normale assistere a contestuali ricoperture sulle posizioni corte detenute in yen in ottica di "carry-trading". Il rasserenamento sui mercati finanziari dopo la reazione emotiva post-Brexit ha poi consentito una risalita del cambio verso 107,50 il 21 luglio, seguita però da una ridiscesa verso i minimi a metà agosto (min 99,54 il 16.08) e quindi da una stabilizzazione poco sopra i minimi nel corso delle ultime settimane, a conferma di un quadro tattico ancora sfavorevole per il dollaro Usa. Nelle ultime sedute si è poi assistito ad un veloce rimbalzo verso 104,15. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in via di graduale, molto graduale normalizzazione, anche se comunque molto espansiva – e quella portata avanti dalla Banca del Giappone – in continua espansione da fine 2012 per volontà del Governo Abe, con tassi di interesse schiacciati sullo zero – mantiene ancora, nonostante il forte indebolimento degli ultimi mesi, un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Il quadro tecnico per i mesi a venire, tuttavia, tornerebbe rialzista solo al superamento di 118 (assai prematuro), con conferma sopra 122 (improbabile). Ulteriori apprezzamenti dello yen dai livelli correnti, già decisamente elevati, potrebbero far crescere le tensioni con la Banca del Giappone.

Medium Trend: dal picco a ridosso di 122 (max 121,87 il 29.01) il cambio è sceso in accelerazione fino a toccare un minimo a ridosso di 111 l'11 febbraio, con un consolidamento al di sotto di 115 ed un nuovo test di 111 il 24 febbraio, e poi ancora il 17 marzo (min 110,66). Ad inizio aprile si è assistito ad un'accelerazione al ribasso, con un nuovo minimo il 3 maggio a 105,55, per poi rimbalzare verso 111,50 a fine maggio e nuovamente ridiscendere in velocità con la rottura del supporto chiave a 105 (min 103,55 il 16.06), a causa del nuovo rinvio del rialzo tassi da parte della Fed. Le dichiarazioni "dovish" della Fed sui prossimi rialzi tassi negli Usa rilasciate a partire dal Fomc del 16 marzo - l'ultimo, ennesimo rinvio nel rialzo tassi è avvenuto nella riunione del 21 settembre - hanno sinora tenuto sotto pressione il dollaro, con crescenti segnali di nervosismo da parte della BoJ. Anche nel cambio dollaro/yen sono infatti le politiche monetarie più o meno espansive delle rispettive Banche Centrali a fare la differenza, col rischio di tensioni e di gare a chi fa di più per deprezzare la propria divisa, senza innervosire troppo le controparti. Sull'onda emotiva per la Brexit, il cambio scivola al di sotto di quota 100 (minimo a 98,92 il 24 giugno), per poi rimbalzare verso 107,50 il 21 luglio e nuovamente ridiscendere verso i minimi a metà agosto, con una stabilizzazione poco al di sopra dei minimi nelle ultime settimane. Nelle ultime sedute il cambio è poi risalito velocemente verso 104, 15, riducendo un poco le pressioni ribassiste: il quadro migliorerebbe su pronte risalite al di sopra di 107,50, ma per avere un primo segnale distensivo convincente in ottica plurimensile occorrerebbe una pronta risalita e consolidamento al di sopra di 111,50-112 (al momento poco probabile). Supporto critico in area 98,90-100,00. Il veloce e marcato apprezzamento dello yen non incontra il favore delle autorità politico-monetarie giapponesi, col rischio di possibili ritorsioni.


Minor Trend: dai minimi post-Brexit del 24 giugno a 98,92, il cambio è risalito verso 107,50 (21.07) per poi però retrocedere verso i minimi (minimo 99,54 il 16 agosto), con una stabilizzazione nelle ultime settimane poco al di sopra dei minimi ed al di sotto di 104,35. Nelle ultime sedute il cambio è velocemente risalito verso 104,15, riducendo un poco le pressioni ribassiste. Una conferma del miglioramento del quadro si avrebbe al superamento di 104,50 ma solo al di sopra di 106 si avrebbe un segnale positivo in ottica plurisettimanale, con obiettivo la forte resistenza in area 107,50-108,00. La tenuta dei minimi chiave in area 98,90-100,00 (probabile) è fondamentale pena una ripresa delle pressioni ribassiste. Per non negare il tentativo di risalita in essere è necessaria la tenuta del supporto a 101,45. 
OPERATIVAMENTE: le posizioni lunghe aperte in area 105,00/50 e mediate in area 99,85-100,35 (prezzo carico complessivo 102,68) si possono mantenere con stop loss a 101,40 e primo obiettivo a 106, quindi in area 107,50-108,00.

EURGBP (PC: 0,9005)

Major Trend: dal gennaio 2009 al luglio 2015 l'impostazione è stata stabilmente al ribasso, con la sterlina inglese favorita da un differenziale di rendimento – ancorché modesto –  a proprio favore. Rispetto ai livelli di fine 2008 la sterlina è arrivata ad apprezzarsi di un 40% circa contro euro, col cambio passato da 0,9800 ad un minimo a 0,6935 a luglio 2015. Si è quindi assistito ad una fase di lateralizzazione al di sopra dei minimi di luglio 2015 ed al di sotto dei picchi di metà ottobre a ridosso di 0,7500, superati al rialzo a partire dal 20 gennaio 2016, con un'accelerazione verso 0,8000-0,8100 (max 0,8117 il 07.04). Le quotazioni sono ripiegate verso 0,7735 a fine aprile, per poi consolidare al di sotto di 0,7950 e quindi ridiscendere verso 0,7565-0,7600 a fine maggio; a partire da inizio giugno il cross ha poi iniziato una risalita verso 0,8000, con base al di sopra di 0,7650. La notizia della fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, sancita nel referendum del 23 giugno, coglie completamente di sorpresa i mercati: il cross strappa al rialzo, spingendosi a toccare un picco a 0,8633 il 6 luglio, per poi ripiegare verso 0,8250-0,8350 e quindi risalire toccando nuovi massimi a ridosso di 0,8725 il 16 agosto.  Nelle ultime settimane il cross è poi ripiegato verso 0,8335 per poi riprendere a salire con forza. Sul finire d'ottava, complice anche un "flash crash", l'euro è balzato addirittura verso 0,9300 per poi stabilizzarsi subito al di sotto di 0,9000. La prossima resistenza, forte, è individuabile a ridosso di 0,9100, con estensioni verso 0,9300. Un segnale distensivo sul cross in ottica strategica si avrebbe solo su ridiscese al di sotto del valido supporto in area 0,7500/7565 (improbabile; supporto intermedio in area 0,8100-0,8250.


Medium Trend: da inizio marzo 2015 si assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo a 0,6935 ed al di sotto di 0,7500, superato al rialzo a metà gennaio, con strappi verso 0,7900, seguiti da un consolidamento al di sopra di 0,7695 e quindi da una nuova risalita verso 0,7930 il 25.02, livello superato negli ultimi mesi (max 0,8117 il 07.04). Dal picco del 7 aprile le quotazioni sono poi ripiegate verso 0,7735 a fine aprile, per poi consolidare al di sotto di 0,7950 e quindi ridiscendere verso 0,7565-0,7600 a fine maggio, risalendo poi verso 0,8000. Dopo un ripiegamento verso 0,7650 alla vigilia del referendum sulla cosiddetta Brexit del 23 giugno, la notizia della fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea coglie completamente di sorpresa i mercati: il cross strappa al rialzo spingendosi ad un massimo a 0,8633 il 6 luglio, per poi ripiegare verso 0,8250-0,8350 e quindi risalire dopo il taglio tassi della Bank of England e l'incremento del programma di easing quantitativo (vedi nel "major trend" per i dettagli). Il cross si è spinto verso un nuovo massimo a 0,8725 il 16 agosto, per poi ripiegare  verso 0,8330 il 6 settembre e quindi risalire in accelerazione nell'ultima ottava: sul finire di settimana, complice anche un "flash crash", l'euro è balzato addirittura verso 0,9300 per poi però stabilizzarsi subito al di sotto di 0,9000. La prossima resistenza è individuabile a 0,9100, con estensioni verso 0,9300. Un segnale distensivo si avrebbe su discese al di sotto di 0,8100-0,8250 (poco probabile). 


Minor Trend: alla vigilia del referendum sulla Brexit il cross ridiscende verso il supporto a 0,7650 per poi strappare al rialzo alla notizia della vittoria inattesa dei voti favorevoli alla fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea: il cross si spinge fino ad un massimo a 0,8633 il 6 luglio, per poi ripiegare verso 0,8250-0,8300 e quindi risalire verso i massimi, con la sterlina indebolita dal nuovo taglio tassi e dall'incremento del programma di easing quantitativo, decisi il 4 agosto dalla Bank of England (vedi nel "major trend" per i dettagli). Le nuove misure di politica monetaria puntano ad una sterlina più debole come "ammortizzatore" per assorbire gli shock post-Brexit. Il cambio si è spinto fino a registrare un picco a 0,8725 il 16 agosto, per poi ripiegare verso 0,8330  il 6 settembre e risalire in accelerazione nelle ultime sedute:  sul finire di settimana, complice anche un "flash crash", l'euro è balzato addirittura verso 0,9300 per poi però stabilizzarsi subito al di sotto di 0,9000. Perdita di spinta sotto 0,8650 ma un primo segnale distensivo si avrebbe solo su pronte ridiscese e consolidamenti al di sotto del valido supporto in area 0,8300/35 (poco probabile). La prossima resistenza è individuabile a 0,9100, con estensioni verso 0,9300. Acquisti di sterline sono valutabili solo in ottica tattica ma non ancora strategica.
OPERATIVAMENTE: le posizioni lunghe in sterline aperte in area 0,8750-0,8800 e quindi in area 0,9000/9050 (prezzo carico 0,8900) si possono mantenere con stop loss sopra 0,9300 e take profit su discese in area 0,8475-0,8525. Per l'apertura di posizioni lunghe in euro attendere discese verso 0,8100.

EURCHF (PC 1,0946)

Major trend: nei mesi passati il cross si è mosso lateralmente tra 1,0150 e 1,1050, con volatilità in progressiva diminuzione dopo il collasso del cambio avvenuto nella mattinata del 15 gennaio 2015 a seguito della rimozione del cap sul franco svizzero a 1,2000 e conseguente caduta libera dell'euro fino a toccare un minimo infraday a ridosso di 0,8500 e successiva risalita sopra la parità. La Banca Nazionale Svizzera ha portato in negativo i rendimenti (ad oggi, il decennale "rende" il -0,51% ed il titolo a 50 anni il +0,09%, dopo essere stato anche sottozero), in modo da scoraggiare acquisti di franchi svizzeri e conseguenti apprezzamenti del cambio, considerati come una minaccia per l'economia del Paese. A fine gennaio 2016 si è assistito alla fuoriuscita del cambio dalla parte alta del suddetto trading-range, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, seguito però da una veloce ridiscesa verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da una risalita che si è riportata verso 1,1135 (il 23 maggio), per poi ripiegare velocemente verso 1,0625 il 24 giugno alla luce dell'esito del referendum inglese che ha sancito a sorpresa la fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Il rimbalzo seguente è rimasto al di sotto di 1,0950-1,1000 (max 1,1000 il 1* settembre), con una stabilizzazione nelle ultime settimane al di sopra di 1,0810. Anche se il franco svizzero può attrarre flussi in acquisto nelle fasi di tensione internazionale, perché viene considerato dai mercati una sorta di bene rifugio come è accaduto nell'immediato post-Brexit, investimenti strategici in tale divisa rimangono poco interessanti stante la remunerazione decisamente negativa dei titoli espressi in CHF e la bassa probabilità di sostanziali apprezzamenti della divisa elvetica nei mesi a venire.

Medium trend: alla vigilia del referendum del 23 giugno in Gran Bretagna il cross si era portato verso 1,1020. L'esito del referendum a favore dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea ha colto completamente di sorpresa i mercati: il 24 giugno il cross è ridisceso violentemente verso 1,0625, contestualmente al sell-off sui mercati azionari - per poi risalire verso 1,1000, facendo base al di sopra di 1,0785-1,0810 negli ultimi mesi, con volatilità in contrazione: il quadro tecnico in ottica plurisettimanale risulta indebolito ma si deteriorerebbe solamente su ridiscese al di sotto del valido supporto in area 1,0650-1,0750 (prematuro), con primo obiettivo importante area 1,0500-1,0600. 

Minor Trend: dai minimi post-Brexit a ridosso di 1,0625 del 24 giugno, il cross è risalito riportandosi verso la resistenza a 1,1000, testata puntualmente il 1* settembre. Nelle ultime settimane le quotazioni sono poi ripiegate verso 1,0810 per poi risalire nelle ultime sedute verso 1,0975. Fintantoché il cross rimane al di sotto di 1,1000 il tono rimane debole/laterale: la prossimità del valido supporto in area 1,0650-1,0750 (supporto intermedio area 1,0785-1,0810) dovrebbe comunque sostenere le quotazioni (il supporto successivo rilevante è individuabile in area 1,0500-1,0600). Positività al superamento di 1,1000, ma un impulso rialzista affidabile si avrebbe solo al di sopra della resistenza in area 1,1135-1,1200 (poco probabile). Al momento movimenti consistenti appaiono ancora improbabili.
OPERATIVAMENTE: possibili acquisti di euro su discese del cross in area 1,0700/0750, con stop loss sotto 1,0575; possibili acquisti di chf su salite del cross in area 1,1100/1150, con stop loss sopra 1,1270.

DOLLAR INDEX (PC: 96,53): il "Dollar Index" esprime la dinamica del dollaro USA nei confronti di un paniere costituito dalle maggiori divise mondiali, rappresentative dei maggiori partner commerciali dagli Usa. In termini di pesi la parte del leone la fa l'euro (circa il 57%), seguito dallo yen (circa il 14%), la sterlina inglese (circa il 12%), il dollaro canadese (circa il 9%), la corona svedese ed il franco svizzero (circa il 4% ciascuno).

Major Trend: dopo una lunga fase laterale, di riaccumulazione, da metà 2008 a metà 2014, con volatilità in contrazione, si è sviluppato un forte movimento rialzista che ha portato il Dollar Index a registrare un massimo poco sopra quota 100 nel marzo 2015, livello ritestato nel mese di dicembre, con una base al di sopra del supporto chiave in area 92,60-94,00, perforata negli ultimi mesi, anche se solo marginalmente (min 91,92 il 3 maggio 2016). Il rimbalzo dai minimi ha poi ricondotto il dollar Index verso quota 96 (a fine maggio), per poi ripiegare verso 93 in corrispondenza del referendum inglese del 23 giugno. L'imprevista fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea ha colto di sorpresa i mercati, provocando un violento sell-off sulle Borse e forti sommovimenti del quadro valutario. Per alcune settimane il dollaro Usa ne è risultato complessivamente più forte, con una risalita esauritasi nel picco del 25 luglio a 97,570, seguita poi da una ridiscesa verso 94,00 a metà agosto; nelle ultime settimane l'indice è poi risalito spingendosi verso 97,20 nelle ultime sedute. La debolezza del dollaro Usa a partire da inizio febbraio 2016 non ha ancora compromesso il quadro strategico, che rimane nonostante tutto ancora a favore del biglietto verde. Sembra comunque che la fase di trading-range in atto possa continuare nei mesi a venire e rifletta una zona di "equilibrio", mutuamente e tacitamente accettata dalle varie Banche Centrali: una fuoriuscita dalla parte bassa di tale intervallo (poco probabile) comporterebbe probabilmente un'impennata della volatilità e possibili ritorsioni da parte di quei Paesi (Giappone, in primis, ed area euro) che non sono disposti ad accettare passivamente eccessivi apprezzamenti dei rispettivi livelli di cambio contro il dollaro Usa, per gli impatti deflazionistici che ciò avrebbe sui propri sistemi economici e le possibili ricadute negative sui propri sistemi finanziari. I minimi raggiunti dal dollaro Usa negli ultimi mesi contro lo yen riflettono una situazione "estrema", col rischio di innescare tensioni tra Fed e BoJ. Il quadro tecnico si stabilizzerebbe su pronte risalite e consolidamenti al di sopra di 98,00/50 ma tornerebbe rialzista solo al di sopra dei massimi in area 100,00/50 (prematuro). Ripresa delle vendite alla violazione del supporto chiave in area 91,90-92,60 (poco probabile). 

Medium Trend: da inizio marzo il dollaro si è decisamente indebolito, ridiscendendo da quota 100 al test dei minimi dell'agosto 2015 in area 92,60-94,00, marginalmente perforati (min 91,92 il 3 maggio). Il rimbalzo dai minimi ha raggiunto quota 96 a fine maggio, seguito da un veloce storno verso 93,00, alla luce dei dati negativi sul mercato del lavoro Usa che hanno indotto la Fed a procrastinare ulteriormente il rialzo tassi, precedentemente ipotizzato per il mese di giugno. L'imprevista fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, sancita nel referendum del 23 giugno, ha colto di sorpresa i mercati, provocando un violento sell-off sulle Borse e forti sommovimenti del quadro valutario: il dollar Index si riporta di scatto verso 96,70 per poi assestarsi al di sopra di 95,30 e risalire verso 97,60 il 25 luglio. Le quotazioni sono quindi ridiscese verso 94 a metà agosto; nelle ultime settimane l'indice è poi risalito spingendosi verso 97,20 nelle ultime sedute. Nuovi acquisti sopra 97,60 ma il quadro per le prossime settimane rimane laterale finché le quotazioni stazionano al di sotto della resistenza in area 98,00/50. Rinnovata debolezza su ridiscese al di sotto di area 94,000/500, che riproporrebbe il test di 93, dove dovrebbero esserci ordini in acquisto.  La tenuta del supporto chiave in area 91,90-92,60 (probabile) è fondamentale pena un avvitamento al ribasso per le settimane ed i mesi a venire. 

Minor Trend: l'imprevista fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea ha colto di sorpresa i mercati, provocando un violento sell-off sulle Borse e forti sommovimenti del quadro valutario: il dollar Index si riporta di scatto verso 96,70 per poi assestarsi al di sopra di 95,35 e risalire verso 97,60 il 25 luglio. Le quotazioni ripiegano poi velocemente con un minimo a ridosso di quota 94 a metà agosto. Nelle ultime settimane le quotazioni sono poi risalite, spingendosi verso 97,20 sul finire d'ottava. Il tono per le prossime sedute rimane laterale/moderatamente positivo: il superamento di 97, 20, con conferma al superamento dei massimi di fine luglio a 97,60 (prematuro), fornirebbe un primo segnale convincente di risalita, per un test dell'importante resistenza individuabile in area 98,00/50. Il tono si indebolirebbe su ridiscese al di sotto di quota 94, con obiettivo 93, dove dovrebbero comunque riprendere gli acquisti.
OPERATIVAMENTE: le posizioni lunghe aperte a 95,50 si possono mantenere alzando lo stop loss a 94,90 e take profit in area 98,00/50, dove si potrebbero anche aprire posizioni corte.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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