In un contesto borsistico che un giorno illude e il successivo ci ripensa, invece di suggerire appunto un’analisi buona adesso ma settimana prossima chissà, vi propongo oggi una chiacchierata che forse non troverà tutti d’accordo, ma che porterà poi a valutare alcuni strumenti presenti oggi nel nostro portafoglio “The Challenge”. Mi deve aver traviato il nostro Virginio Frigieri con i suoi godibilissimi simposi, non so che dirvi …
A Delhi, in India, l'indice di qualità dell'aria ha raggiunto i 471 punti, indice che significa, per quella città, essere entrati in una categoria di inquinamento critico. Ma l’aria poi gira, non mette le tende, e quello smog, prima o poi, arriverà anche da noi (oltre a quello che è già arrivato e che continuerà ad arrivare). Il problema, però, rimane sempre la Panda euro 1 o 2 del nonno che ormai, peraltro, fa una manciata di chilometri l’anno. Il problema rimane solo l’inquinamento che viene generato dai veicoli circolanti in un fazzoletto di terra (perché l’Europa confrontata con il resto delle terre emerse questo è) con i suoi 400 milioni di abitanti mal contati che rappresentano la bellezza del 5% della popolazione mondiale : una valenza pari al due di bastoni quando la briscola è coppe. Numeri … nessuna polemica inutile e gratuita. Peccato, però, che una sorta di pensiero neocolonialista / imperialista che fa ritenere ai politici (?) europei di poter decidere i destini del mondo come fecero i loro antenati due secoli or sono, abbia portato negli ultimi anni a dettare (a mero uso interno ! … quindi, per quanto detto sopra, in termini percentuali di grande utilità …) la cosiddetta agenda green che ha progressivamente messo in crisi il settore automotive rendendo la vita difficile, se non impossibile, anche ai migliori progettisti delle case costruttrici europee e mondiali. Fino a giungere a quello stop alla fabbricazione di motori termici imposta nel 2021 per il 2035. Facile emanare leggi (per la verità dei diktat), un po’ più difficile farlo sapendo quello che si sta chiedendo di fare. E già, perché il “tutto elettrico” sarebbe anche (stato) bellissimo in un mondo ideale … a parte, forse, per i puristi del sound come il sottoscritto. Peccato che lor signori, inebriati da questa mission dai dubbi risultati globali, abbiano dimenticato due aspetti che proprio dettagli non sono.
Punto primo : per fare una casa ci vogliono le fondamenta e un terreno solido, altrimenti casca tutto. Ovvero ci vuole un’infrastruttura in grado di reggere gli assorbimenti richiesti e una rete distributiva (leggi punti di ricarica) in grado di soddisfare tutte le utenze. Sinceramente ignoro la situazione specifica di ogni singolo paese europeo ma, limitandosi ai patri confini, la morfologia del nostro territorio e delle nostre città rende per lo meno critica la realizzazione di colonnine in numero sufficiente (teniamo presente che la maggior parte delle auto, la sera, sta in strada e non in un box); e problematico (sotto più aspetti pratici) risulterebbe anche adeguare le reti elettriche presenti sul territorio. Punto secondo : il timing. Per passare dalle carrozze e dai cavalli alle vetture (processo epocale) ci vollero decenni. Bruxelles aveva deciso che questa transizione green dovesse avvenire entro e non oltre quindici anni o poco più. Ci sarebbero poi, volendo fare i “precisini”, anche altri aspetti tralasciati quali le criticità di approvvigionamento di rame ed il relativo costo che già si stima a livelli record per il prossimo 2026 (ovvero di alluminio che però deve essere green e prodotto solamente in Europa … dove però non si sa, visto che stanno chiudendo tutti gli stabilimenti), il come riuscire a produrre il fabbisogno di Kwh necessari ad un parco macchine interamente elettrico e il fatto di dover dipendere dalla Cina legandoci ad essa con un guinzaglio a strozzo visto che il possesso di circa il 90% delle terre rare è loro e queste servono in tutto quanto è collegato a questa transizione (meno male che, ci dissero, non bisognava più dipendere da un solo fornitore, riferendosi al gas russo). Insomma : come se in un’azienda si decidesse di cambiare il sistema gestionale nel giro di una settimana, senza aver stanziato un budget (e nemmeno aver contezza se dipsonibile) e senza aver idea del fornitore a cui rivolgersi. Praticamente una mission impossible ! Ma Tom Cruise qui non c’entra, però nei fatti questo è stato il green deal imposto anni fa da persone a cui, forse, anche l’affidare una gestione di condominio potremmo definirlo un investimento azzardato.
Da mesi si vociferava quindi di una possibile revisione / retromarcia della commissione europea su questo veto. E dopo mesi di discussioni e scaramucce, in settimana è arrivata la nuova decisione. O meglio … la montagna ha partorito il classico topolino per non dire che, alla fine, hanno deciso di non decidere. Nei fatti, piuttosto che ammettere di aver imposto un programma irrealizzabile per le ragioni sopra esposte e senza neppure avere impostato, come si fa in qualsiasi azienda minimamente strutturata, una misurazione del percorso con dei KPI e con l’ausilio di banalissimi diagrammi di flusso, non hanno abolito integralmente il bando ai motori a scoppio ma abbassato il taglio delle emissioni dal 100% al 90%. Quando l’ho letto il mio pensiero è andato direttamente a quella iconica scena del cinema italiano in cui la memorabile Sora Lella uscì dicendo : “ Ma n' ce staranno a pijà per c..o questi ?”
Calando un velo pietoso sul come si dovrebbe compensare il restante 10% (che anche a questo giro nessuno parla di vil danaro), però il punto è che, se si pretende la decarbonizzazione a tutti i costi senza abolire (o quasi) il motore a combustione interna, allora di soluzioni non se ne vedono molte all’orizzonte. Anche perché il colpo inferto in questi ultimi cinque anni al settore automotive è stato devastante : miliardi di euro bruciati in investimenti infruttiferi e (parzialmente) inutili, know-how e savoir-faire persi per strada e un quadro normativo in cui questa revisione (?) trova ovviamente ancora ampie zone grigie. Il tempo rimane comunque poco perché le aziende non si possono riorganizzare dall’oggi al domani e, sebbene sia stato accettato il principio della neutralità tecnologica che da anni tutta la Confindustria europea richiedeva a gran forza, quello che nei fatti è un’ammissione di aver imposto un qualcosa di irrealizzabile nei modi e nei tempi (e nei costi !) arriva con più che colpevole ritardo e, appunto, mettendo una toppa che è peggio del buco !!
Torniamo a questo punto a noi investitori e trader : la leggenda narra (ma è davvero solo leggenda ?) che il vero motore green da produrre in larga scala sia da decenni fermo nei cassetti delle maggiori case automobilistiche, e lì lasciato solo grazie a succose bustarelle che le medesime avrebbero ricevuto da parte delle cosiddette “sette sorelle”. Autovetture alimentate da motori ad idrogeno ne sono anche state partorite nel corso degli anni, ma più come prototipi che non come ipotesi di produzione industriale; ma questo genere di vetture sarebbero allora sulla carta la soluzione più pratica e forse più veloce da perseguire. E, in tutto ciò, l’economia legata a questo settore, l’idrogeno appunto, non può non ricordarci che in uno dei nostri portafogli inserimmo proprio all’insorgere del green deal l’ETF HTWO – L&G Hydrogen Econoomy. Peccato che poi il green deal prese quella piega integralista che certo bene non ha fatto al nostro investimento. Ma davanti all’irrazionalità mai perdersi d’animo ! Ecco che allora il nostro piccolo investimento potrebbe tornare, dopo qualche anno, ad avere linfa e ritrovare così “antichi splendori” e chissà, magari, raggiungere livelli anche al tempo inattesi.
La fredda analisi ci dice che dal nostro ingresso vi era stato un leggero apprezzamento verso fine 2021, durato purtroppo lo spazio di un mattino. Da lì un inesorabile declino tra alti e bassi costantemente decrescenti fino a giungere al punto di minimo ad inizio aprile di quest’anno. E’ dalla primavera, infatti, che la mozione della neutralità tecnologica è stata sorretta con sempre maggior vigoria; ed è da allora che HTWO ha iniziato a risalire con quella pendenza a 45° a noi tanto cara, passando dagli inferi dei 3,228 al massimo dello scorso novembre pari a 6,19 con esplosione dei volumi. Indi, come si vede dal grafico weekly (è sempre bene valutare gli ETF su base settimanale), abbiamo avuto un salutare ritracciamento e un doppio rimbalzo sulla media mobile a 20 periodi dopo aver scavallato quella a 200, indice di ritrovata forza e vigore. Nelle ultime settimane sta poi costruendo un triangolo di congestione piuttosto intrigante, sebbene le contrattazioni si siano affievolite notevolmente (ma tutta la borsa di questi tempi si è fatta attendista e con il fiato corto …).
Ma quindi che prospettive abbiamo davanti ? Diciamo, innanzi tutto, che non possiamo né dobbiamo pensare che adesso sia tutto facile. La strada è lunga per andare al target o anche più in alto verso i massimi assoluti della prima settimana di scambi. Ma per lo meno adesso c’è una luce in fondo al tunnel. Il patrimonio in gestione è di 354 M, appena superiore a quello di partenza, ma ben lontano dai massimi (555 M) e forse non sufficiente per poter sfruttare eventuali occasioni che ne potrebbero permettere un veloce apprezzamento. 35, al momento, sono le partecipazioni azionarie del portafoglio in gestione in cui le Top 10 pesano per oltre il 40% dell’intero patrimonio. Tra di esse troviamo aziende di sicuro pregio e ben note a tantissimi investitori quali Hyundai, Atlas Copco, Siemens Energy, Toyota e Iberdrola (a memoria, profittevolmente tradata anche singolarmente in questo portafoglio). Ma a fronte di diverse aziende dai bilanci solide e dalle metriche di profittabilità più o meno interessanti se non di livello, vi sono anche aziende che scontano tutte le magagne di un settore che negli ultimi anni ha – gioco forza – dovuto affrontare tempi duri e bilanci in rosso, scommesse che potrebbero forse essere già ritenute perse e/o start-up che ancora non hanno trovato la quadra economica di questo business. In questo contesto non può mancare poi la classica società cinese di riferimento, la Jiangsu Guofu Hydrogen Energy Equipment Co., Ltd. (Isin 100006N08), che ha subito un incremento recente a livello di numero di azioni presenti nel portafoglio dell’ETF di oltre il 1000% ma che presenta un grafico (ve lo risparmio !) e un mezzo bilancio da film horror come quasi tutte le società neocostituite. Gatta ci cova ? Chissà … ma altri cambiamenti in termini di pesi sono avvenuti nell’ultimo mese, sintomo questo di un ribilanciamento verso società con potenziali ritenuti ancora inespressi o che, alla luce dei cambiamenti normativi, possono finalmente tornare attori protagonisti all’interno della filiera industriale dell’idrogeno.
Nel “The Challenge”, tuttavia, abbiamo anche l’altro ETF sulle energie alternative : Amundi MSCI New Energy (ticker : ENER), analogamente protagonista di una bella risalita dalla scorsa primavera dopo aver rimbalzato dal precedente minimo allineato con quello registrato in epoca covid. E chiaramente l’attesa di una possibile virata verso auto con alimentazione a idrogeno non può non aver influito su tutto il comparto di aziende che questo strumento racchiude (alcune, tra l’altro, in comune con HTWO). La configurazione ci mostra una congestione nelle ultime settimane con importante resistenza in area 34. Anche qui la strada da percorrere è lunga e tortuosa, ma agevolata dal fatto di disporre al momento di un patrimonio in gestione sostanzialmente doppio rispetto ad HTWO, sebbene molto lontano dal picco conseguito nel corso del 2022 (1,57 B). Ma il mood sembra essersi modificato … anzi : è da un po’ che è cambiato ! Quando le aziende non si trovano costrette ad operare vincolate da lacci e lacciuoli che la politica spesso e volentieri pone loro davanti, allora – di norma – possono operare e performare in base alle loro capacità e portare proficui tornaconti agli inestitori.
Questo per quanto riguarda gli ETF. Ma nel “The Challenge” ci sono anche delle società costruttrici d’auto che subiranno gli impatti di questa tardiva decisione di paziale ravvedimento : Ferrari, Stellantis e Volkswagen. Di Ferrari ve ne ha parlato tanto Fabio Tanevini (oggi intanto ha chiuso il gap apertosi il 10/12) e su Stellantis ancora oggi Emilio Tomasini ve ne dava riscontro nel nuovo video che trovate sul canale YouTube del Lombard. Quindi chiudo con due parole sull’azienda tedesca, la più bastonata in assoluto anche a causa di scelte forse prese con fin troppo entusiasmo. Inserita in portafoglio ormai due anni or sono, tra alti e bassi, in un percorso comunque che sembra sempre di più un triste declino dai fasti di un tempo e in una congestione tra gli 80 e i 110 euro in cui si barcamena da oltre un anno, potrebbe tornare titolo di interesse nel corso del 2026. L’ostacolo più duro rimane la resistenza sul settimanale in area 116 e, successivamente, la media mobile a 200 periodi, media di cui più volte vi ho ricordato l’importanza. Anche qui la strada al target non è semplice, ma la resistenza dei 105 è stata superata e quindi ritestata recuperando un’area di FVG rialzista. Adesso potremmo attenderci il più classico degli uncini rialzisti per confermare una tendenza al rialzo. La svolta vera potrebbe arrivare dall’incremento dei volumi che invece, per ora, non sembrano oggetto di particolari variazioni.
Ritorneremo più avanti su questi nostri investimenti per capire se le aspettative correnti avranno consentito ai vari titoli di trovare finalmente livelli di prezzo più interessanti.
L'autore del presente articolo è un trader privato e potrebbe essere direttamente interessato e quindi in conflitto di interesse con i lettori sugli strumenti finanziari da lui citati.
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