Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

Crollo del Bund e il nuovo paradigma dei mercati obbligazionari


I mercati obbligazionari europei sono stati travolti da una tempesta innescata da una decisione senza precedenti del governo tedesco. L’annuncio di un bazooka fiscale da 500 miliardi di euro, destinato a infrastrutture e difesa, ha scatenato una reazione violenta sui titoli di Stato tedeschi, con i rendimenti del Bund decennale che hanno registrato un’impennata record di 30 punti base in una sola giornata, un evento che non si vedeva dalla caduta del muro di Berlino.

L’impatto si è propagato rapidamente all’intero mercato obbligazionario europeo. Il BTP italiano ha raggiunto il 4% di rendimento, mentre lo spread con il Bund è rimasto in area 110 punti base, segnalando che gli investitori stanno ricalibrando il premio di rischio sui titoli sovrani dell’Eurozona.

Questa evoluzione segna un cambiamento strutturale nel panorama economico: la Germania, per decenni sinonimo di rigore fiscale, ha deciso di rompere gli schemi, rimuovendo di fatto il freno al debito che ha caratterizzato la sua politica economica degli ultimi 20 anni.

L’abbandono del freno al debito rappresenta una svolta storica. Berlino ha sempre imposto una disciplina fiscale ferrea, limitando la spesa pubblica per mantenere un rapporto debito/PIL contenuto. Ora, però, il paradigma è cambiato: la priorità è la crescita economica e la sicurezza nazionale, anche a costo di un deficit più elevato.

Secondo Goldman Sachs, l’economia tedesca, precedentemente data per stagnante con una crescita stimata dello 0,8% nel 2025, potrebbe ora accelerare fino al 2% annuo grazie al piano di investimenti pubblici. Questo ha scatenato un’ondata di vendite sui Bund, poiché gli investitori stanno prezzando aspettative di inflazione più alte e rendimenti obbligazionari più elevati.

La dinamica si riflette anche nei tassi swap europei, che hanno mostrato un allargamento degli spread rispetto ai Bund, segnalando una crescente percezione del rischio. Il mercato sta quindi rivedendo la sua valutazione dei titoli di Stato tedeschi, che fino a ieri erano considerati l’ancora di stabilità dell’Eurozona.

Nonostante il sell-off, per ora il rischio creditizio della Germania non è particolarmente in aumento. Il rapporto debito/PIL tedesco resta contenuto: secondo Trading Economics, era al 62,9% nel 2023 e le previsioni, prima della svolta epocale di qualche giorno fa, si prevedeva una discesa al 61,6% entro il 2025, un livello nettamente inferiore rispetto ad altri Paesi dell’Eurozona.

Anche i Credit Default Swap (CDS) a 5 anni sulla Germania non segnalano allarmi. Attualmente, i CDS tedeschi si attestano sotto i 12 punti base, in calo rispetto ai 14 punti base di gennaio 2025. Per confronto, il valore massimo storico si è attestato a 28 punti base nell’ottobre 2022, mentre il minimo è stato 6 punti base nel febbraio 2022.

Questi dati indicano che, nonostante la turbolenza sui mercati obbligazionari, la Germania, per ora, rimane un emittente con un profilo di rischio solido, anche se il mercato sta iniziando a chiedere un premio più alto per detenere i suoi titoli di Stato.

Nel frattempo, la BCE ha tagliato i tassi di 25 punti base, portando il tasso sui depositi al 2,5%, ma ha adottato un tono più prudente rispetto alle future mosse di allentamento monetario. Christine Lagarde ha ribadito che le decisioni dipenderanno dai dati macroeconomici, riconoscendo che la politica monetaria si trova ora a livelli “significativamente meno restrittivi”.

E, come di consueto, è ripartita la ridda di previsioni tra gli analisti: infatti, alcuni istituti, come Barclays, prevedono fino a quattro tagli da 25 punti base entro la fine del 2025, mentre altri, come Intermonte, ritengono probabile una pausa già ad aprile per valutare l’impatto della politica fiscale tedesca e delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti.

BNP Paribas ipotizza che l’attuale fase di allentamento monetario possa concludersi con un tasso sui depositi al 2% entro la fine dell’anno, ma non esclude un possibile rialzo nel 2026 se la maggiore spesa pubblica dovesse alimentare nuove pressioni inflazionistiche.

Come sempre, staremo a vedere, e nel frattempo passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.

Analisi ZC-Yield Curve Eur
L’ultima lettura della ZC-Yield Curve evidenzia un quadro di maggiore tensione sui mercati obbligazionari, con un forte movimento rialzista dei rendimenti, segnale che gli investitori stanno riprezzando lo scenario di tassi a medio e lungo termine.

Il rendimento a 10 anni è salito al 2,73%, mentre il trentennale ha registrato un aumento più moderato al 2,53%, riducendo il differenziale tra le due scadenze. Questo movimento riflette una minor percezione del rischio di recessione rispetto alle settimane precedenti e un riposizionamento degli investitori in vista di un contesto macroeconomico in evoluzione.

Nel tratto breve della curva (2025-2027), il comportamento rimane estremamente negativo e nervoso, con sbalzi significativi. L’incertezza sulle mosse future della BCE, unita alla volatilità dei dati macroeconomici, sta rendendo il mercato particolarmente instabile. Gli operatori faticano a definire una chiara direzione, generando un contesto di estrema fluttuazione nei rendimenti di breve termine.

Nel segmento medio-lungo (2027-2041), la curva ha subito un mutamento strutturale: non è più invertita, e l’inclinazione è tornata positiva. Il punto di massimo rendimento è ora localizzato sulle scadenze 2041, con un rendimento del 2,80%. Questo cambiamento suggerisce che il mercato sta prezzando un ritorno a una situazione più normale, in cui i rendimenti aumentano progressivamente con l’allungarsi delle scadenze, riflettendo attese di crescita economica più stabili nel lungo termine.

Oltre il 2041, la curva mantiene un’inclinazione negativa, segnale di una persistente sfiducia sugli scenari economici di lunghissimo termine. Tuttavia, si nota un rallentamento della pendenza negativa, indicando che il pessimismo sulle prospettive di crescita futura potrebbe iniziare a ridursi.

Sul fronte del differenziale di rendimento tra 10 e 2 anni, l’indicatore si è ampliato a 0,39%, segnalando che il mercato sta ora scontando un ciclo di allentamento monetario più graduale da parte della BCE rispetto alle aspettative precedenti.

Infine, i tassi forward evidenziano un rialzo dell’Euribor a 6 mesi, che si attesta ora al 2,10%, in aumento rispetto all’1,84% della settimana precedente. Questo dato potrebbe riflettere un riequilibrio delle aspettative sui tagli dei tassi BCE, con il mercato che continua ad avere difficoltà nel prezzare la politica monetaria nel breve e medio termine.

Analisi Integrata Trendycator
L’aggiornamento settimanale dei rendimenti obbligazionari, basato sul modello Trendycator, mostra un quadro di rafforzamento generalizzato dei tassi, con un incremento dei rendimenti in tutte le principali aree di riferimento. A differenza della settimana precedente, la direzione dei mercati suggerisce una nuova fase di pressione rialzista, seppur con alcune differenziazioni nei trend di fondo segnalati dal modello.

Nel Regno Unito, il rendimento dei Gilt decennali è salito al 4,69%, evidenziando una continuazione del movimento rialzista. Il Trendycator rimane LONG, confermando che il trend positivo dei rendimenti britannici è ancora ben impostato. La BoE, nonostante le aspettative di futuri tagli ai tassi, continua a mantenere una politica monetaria improntata alla cautela, contribuendo a sostenere il movimento al rialzo del comparto obbligazionario.

In Germania, il rendimento del Bund decennale è aumentato al 2,88%, segnalando una ripresa della pressione sui titoli di Stato tedeschi. Il Trendycator resta LONG, consolidando un trend rialzista che riflette l’incertezza sulle future mosse della BCE e la prospettiva di un robusto aumento dell’emissione di debito pubblico da parte della Germania.

Sul fronte italiano, il rendimento del BTP decennale è salito al 3,92%, con lo spread rispetto al Bund che si attesta ora a 107 punti base. L’elemento più rilevante di questa settimana è che il Trendycator ha virato in stato LONG per la prima volta dopo mesi, segnalando un mutamento nel trend del mercato obbligazionario italiano. Questo potrebbe indicare una fase di nuova volatilità, in cui la domanda di BTP potrebbe risultare più incerta rispetto al recente periodo di stabilizzazione.

Negli Stati Uniti, il rendimento del Treasury decennale è sceso al 4,24%, evidenziando una lieve flessione rispetto alla settimana precedente. Tuttavia, il dato più significativo riguarda il Trendycator, che ha cambiato stato da LONG a NEUTRAL per la prima volta da diverse settimane. Questo segnale potrebbe indicare una fase di consolidamento per i rendimenti USA, con gli investitori in attesa di ulteriori sviluppi macroeconomici, in particolare sul fronte della politica monetaria della Federal Reserve.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.

Conclusioni operative
Il mercato obbligazionario sta attraversando una fase di repricing significativo, alimentato dalla svolta fiscale della Germania e dalla crescente difficoltà nel prevedere le mosse delle banche centrali. La politica monetaria è diventata sempre meno leggibile in termini prospettici, con la BCE che mantiene un approccio attendista e la Fed che potrebbe essere costretta ad agire con maggiore rapidità rispetto a quanto ipotizzato.

Questa dinamica impone un approccio estremamente prudente. La liquidità resta un asset strategico: CASH IS KING! In un contesto di volatilità elevata, preservare flessibilità e capacità di manovra è essenziale per evitare di trovarsi esposti in un mercato che potrebbe subire ulteriori shock.

La strategia di laddering resta la scelta più razionale, ma con un peso maggiore sulle scadenze a breve termine. L’inserimento di titoli a medio-lungo termine deve avvenire esclusivamente in ottica di cassetto, con una chiara definizione dell’orizzonte temporale e della capacità di tollerare la volatilità. L’obiettivo è ottenere un rendimento cedolare immediato o un rendimento a scadenza ben calibrato rispetto al rischio.

Selezione obbligazionaria: dove posizionarsi
- Scadenze brevi (1-3 anni): priorità assoluta per protezione e liquidità, evitando titoli con spread di credito eccessivi.
- Scadenze medio-lunghe (7-15 anni): solo per posizioni strategiche di portafoglio, con selezione mirata su emittenti di elevata qualità e struttura cedolare vantaggiosa.
- Oltre i 15 anni: scenario ancora troppo incerto per giustificare un’esposizione significativa, a meno che il profilo di rischio personale non contempli la possibilità di sopportare oscillazioni di mercato marcate.

Il focus principale deve restare sulla selezione di obbligazioni che offrano un rapporto rischio/rendimento adeguato senza compromettere la stabilità del portafoglio. La chiave è mantenere una gestione disciplinata, senza farsi influenzare dalle oscillazioni di breve termine, ma con un’attenzione costante ai movimenti della politica monetaria e alle ripercussioni del piano fiscale tedesco sui tassi di mercato.

Qui sotto una selezione di governativi con scadenze da 1 a 3 anni e rendimento non inferiore al 2,50% lordo annuo a scadenza.

L’autore del presente articolo è iscritto all’Ordine dei Giornalisti e non detiene gli strumenti oggetto delle sue analisi.
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