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il mercato continua a dare segnali di forza, con un andamento tendenzialmente crescente che porta con sé ottimi profitti sull'azionario ma mette in ginocchio gli opzionisti. Credo conosciate tutti il famoso detto che gli opzionisti mangiano come formiche e defecano come elefanti. È un modo per dire che gli opzionisti guadagnano poco tante volte e perdono tanto in un colpo solo.
In una fase di mercato come questa è facile ritrovarsi all'improvviso in quella situazione. Basti pensare che per avere profitti soddisfacenti ci si deve collocare in vendita su strike talmente vicini al mercato da rischiare di essere spazzati via da uno starnuto.
La prova? Per la scadenza di aprile, alla quale mancano ancora 20 giorni lavorativi pieni, sul fronte delle call si riescono a vendere sopra i 100 punti soltanto le 20750, cioè le call con strike posto al 2.8% soltanto al di sopra della chiusura di venerdì scorso. Un suicidio. Il mercato è forte, se parte ancora al rialzo ci mette due secondi ad andare a 21000 punti. E lì le call 20750 ce le troviamo a 550-600 punti circa. Non a caso i volumi di open interest sul lato call sono bassissimi. Nessuno si azzarda a vendere quantità importanti di call.
Sul fronte delle put ci sono volumi più corposi e distribuiti su diversi strike. Il più significativo però, l'unico vendibile in questo momento, è 19500, al 3.5% di distanza dalle quotazioni attuali.
In trend rialzista assumere posizioni non ribassiste avrebbe perfettamente senso, ma anche qui basta un piccolo movimento contrario e ci massacrano.
Sarà un caso che il posizionamento degli istituzionali sulle scadenze più lunghe è su strike molto più cautelativi? E' vero che si avvicinano i dividendi, ma la distanza su cui sono collocati i volumi importanti non è giustificata dagli stacchi delle cedole.
Restiamo fermi in attesa di un ritorno minimo di volatilità, altrimenti saremo costretti ad assumere rischi elevati per portare a casa solo qualche briciola. Non ha molto senso.
Ci aggiorniamo nei prossimi giorni.
Domenico Dall'Olio