Aggiornamento portafoglio: la FED alza i tassi e la guerra non si ferma


Momento storico davvero orribile quello che stiamo vivendo. Ed è chiaro che nella migliore delle ipotesi i mercati siano nervosi e a tratti anche isterici. Purtroppo, che la si giri come la si vuole, ma si sta creando una miscela esplosiva che non lascia presagire nulla di buono. E sia sul fronte bellico sia su quello economico.

Mettere ordine e legare in modo logico tutti i micro e macro aspetti degli ultimi giorni non è facile, ma ci proviamo. Partiamo dal fronte della guerra, con trattative che non si capisce bene quanto siano davvero serie, che si continuano a tradurre in un nulla di fatto e con i toni che tendono ad alzarsi. Qui la soluzione sembra davvero ancora molto lontana e lo spettro di un conflitto su larga scala è ancora ben concreto. Pare che il malcontento e il dissenso in Russia stia però aumentando, e pare che ai piani alti si stia addirittura meditando di assassinare Putin per porre fine a questa follia.

Sul fronte inflazione ormai siamo a livelli inimmaginabili solo qualche tempo fa, e le prospettive sono tutt’altro che rosee. E puntualmente sui giornali inizia la gara a “chi offre di più”, con titoli allarmistici che danno i carburanti a 3 euro al litro e l’inflazione a doppia cifra. Come sempre sapremo solo sempre dopo come sono andate le cose e come andranno lo scopriremo giorno per giorno.

E’ comunque chiaro ormai anche ai bambini che l’economia è destinata a cadere in recessione (e forse anche pesantemente) e che l’inflazione tenderà ancora a salire e comunque ci terrà compagnia ancora per un bel po’ di tempo. Insomma, il quadro economico si sta deteriorando rapidamente e le previsioni sono al momento decisamente fosche.

E intanto la FED, dopo anni, alza i tassi di interesse per la prima volta dal 2018, con un upside di un quarto di punto. I Fed Funds sono quindi ora nell’intervallo compreso tra lo 0,25% e lo 0,5%. Questo rialzo era di fatto scontato dai mercati e ha rispettato le attese degli analisti, ma le carte sono state in parte scombinate dalle aspettative sulle prossime mosse della Banca Centrale USA.

Infatti, se da un lato le proiezioni del FOMC ipotizzano che i tassi di interesse possano salire fino all'1,5%-2% entro la fine del 2022, stabilizzandosi poi intorno al 2,5% nel lungo termine, i Dot Plot raccontano una storia diversa. Infatti, la sintesi delle indicazioni dei membri del Consiglio della FED prospetta ben 7 rialzi nel 2022 con un approdo ad 1,875% a cui si aggiungono altri 3 abbondanti rialzi nel 2023, con un target finale al 2,75%.

Ed è questo che temono i mercati, anche se dopo la prima sbandata come reazione alla stretta monetaria, hanno dato vita ad un vigoroso rimbalzo. Il problema è che i mercati stanno considerando che uno scenario di 7 rialzi più una riduzione del bilancio FED (avviata presumibilmente nel periodo giugno-luglio) sia ottimistico. E questo perché si inizia a pensare che la FED debba compensare un chiaro ritardo nell’intervenire con una strategia aggressiva. Solo che intervenire per tempo, quando l’inflazione era ancora ben più mite e l’economia ancora in fase espansiva era un conto. Ora, con la recessione alle porte una somma di interventi aggressivi non farebbe che amplificare la crisi.

Ad ogni buon conto, i rendimenti sono volati al rialzo con la rottura di importanti livelli a sancire l’inizio di una nuova fase in ottica strategica per ciò che concerne il mercato obbligazionario. Basti pensare che il Bund è schizzato in area 0,40% di rendimento, livello che non si vedeva dal 2018 e dopo anni in territorio negativo. Una buona notizia tra le tante negative?

In un certo senso sì, ma non troppo, almeno in questo momento. Tassi nuovamente positivi danno finalmente una boccata d’aria a tanti risparmiatori ma la volatilità resterà alta ancora per diverso tempo, anche perché la BCE non ha seguito la FED e ha lasciato inalterati i tassi di interesse nella riunione del 10 marzo scorso. L’unica strategia di politica monetaria prevede per ora la diminuzione degli acquisti di titoli governativi, che passeranno a 40 Mld di euro ad aprile, 30 Mld di euro a maggio e a 20 Mld di euro a giungo. Inoltre, la BCE ha comunicato che “qualsiasi modifica dei tassi di interesse verrà presa dopo la fine degli acquisti di attività (APP) e sarà graduale”, specificando inoltre che “tassi resteranno su livelli pari a quelli attuali finché non vedrà l’inflazione raggiungere il 2% ben prima della fine del suo orizzonte di proiezione”.

Francamente capire la logica della BCE ci risulta davvero difficile, ma intanto i rendimenti salgono anche senza un intervento diretto sui tassi e, cosa un po’ preoccupante, anche lo spread ha ripreso a correre ed è ora nei pressi dei 150 bps con i nostri Btp che sono ormai prossimi al 2% di rendimento.

In tema di investimenti la massima prudenza è d’obbligo: anche se può non essere così evidente i livelli di rischio sono saliti e si stanno ancora alzando su tutte le asset class, rendendo per il momento poco significativo il tradizionale spartiacque tra Risk-on e Risk-off. Troppi segnali contrastanti, troppa volatilità, troppe incertezze.

Per questo abbiamo al momento temporeggiato sulla nostra idea di parcheggiare un po’ di liquidità su asset conservativi, come scrivevamo nell’articolo scorso. Per certi versi ci gioca a favore che i rendimenti si stiano alzando e se la tendenza prosegue anche sui rendimenti a breve termine si aprono delle possibilità. Però la volatilità deve scendere un po’ altrimenti il rapporto rischio/rendimento potrebbe patirne. E, come detto anche la volta scorsa, parcheggiare è diverso da investire: siamo quindi disposti a vedere anche un leggero segno meno su porzione di portafoglio eventualmente parcheggiata, basta che sia migliorativo rispetto all’erosione causate dal livello di inflazione.

Tornando al nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, il portafoglio valorizza un NAV a 105,97 un po’ in contrazione rispetto al precedente 106,69. La performance storica su base annua si porta a +3,07% dal +3,52% della precedente analisi. Stabile la volatilità totale, sempre all’1,45% così come quella negativa che resta ferma allo 0,51%. 

Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.