Dollaro fortissimo e Treasuries debolissimi, un contesto in cui si vince solo se…


Equilibrio instabile. Quanto durerà? È la domanda che si pongono gli investitori in Usd. Un po' di numeri per capire le possibili evoluzioni. E una strategia per uscirne senza le ossa rotte.

Cedole & dividendi

Tanti fattori hanno determinato il rafforzamento del dollaro. In estrema sintesi:

● la spinta proveniente dalla Fed pronta a rialzare i tassi (per l’annuncio è questione di poco al momento in cui scriviamo)

● la corsa al “risk off”, complice la guerra in Ucraina

● la forte debolezza delle Borse.

Tecnicamente da alcuni giorni il cambio Eur/Usd sta trovando una base nell’area di 1,05, con piccole variazioni intraday. La rottura al ribasso per l’euro di 1,065 rappresenta il punto di osservazione per il breve termine. Da notare che l’Rsi a 14 periodi è sceso sotto i 30, confermando un ipervenduto per la nostra divisa che potrebbe portare a un rimbalzo o forse meglio rimbalzino. Sotto non ci sono riferimenti tecnici da quasi vent’anni in qua e andare a scovarne a così lungo termine avrebbe davvero poco senso.

Segnaliamo solo che sempre graficamente il movimento in corso fa ipotizzare una rottura al ribasso per l’euro sotto la pari o addirittura ben sotto ma fidarsi delle trendline di prosecuzione risulta poco sensato.

Come orientamenti grafici si possono identificare:

1,065 nel caso di rafforzamento dell’euro

1,04 nella situazione opposta.

► Treasuries disperatamente al ribasso

Intanto il decennale Usa è tornato proprio nelle ultime ore oltre il 3% di rendimento, con un movimento abbastanza netto da ieri.

La discesa delle quotazioni si abbina quindi a un dollaro iper forte, attenuando gli effetti della debolezza dei Treasuries.  Che soprattutto sulla parte lunga della curva subiscono flessioni nettissime. L’Usa T-Bond 2,25% Ag49 (Isin US912810SJ88) è per esempio sceso a 84,4 Usd contro massimi a quasi 112 Usd dello scorso dicembre. Dai livelli in corso si possono avviare posizioni in accumulo molto interessanti, sebbene proiettate in un territorio del tutto sconosciuto, per assenza di riferimenti grafici. C’è chi vede il 2049 sui 70 Usd entro fine anno e chi invece è più prudente. Il rendimento in corso si aggira comunque di poco sopra il 3%, proprio per l’attuale anomala configurazione della curva.

Volendo puntare invece su scadenze nettamente inferiori la scelta più idonea – nella fase in corso – sta nello optare sull’Usa T-Note 2,125% 15mg25 (Isin US912828XB14), sceso da massimi sui 109 Use della scorsa estate agli attuali 97,4 Usd, con un rendimento a scadenza poco sotto il 3%.

Quindi puntare sul 2049 o sul 2025 è quasi la stessa cosa in termini di yield, con una differenza però: il primo ha una volatilità nettamente superiore e lascia maggiori margini di manovra in presenza di un dollaro che dovesse indebolirsi. Con entrate infatti scaglionate sia sul prezzo sia sul cambio si potranno garantire performance positive di lungo termine, puntando su una previsione sempre più diffusa. Si pensa infatti che la discesa delle quotazioni dei Treasuries lunghi durerà ancora qualche mese o al limite fino alla metà del 2023. Poi il quadro generale dovrebbe ristabilizzarsi, riportando i prezzi verso valori decisamente più consoni alle serie storiche.