Tensioni sull'amministrazione Usa e dollaro in calo


EurUsd (PC: 1,1174)


Balzo dell'euro, che dal supporto a 1,0840 si porta di slancio al test di 1,1140, spingendosi poi sul finire d'ottava a ridosso di 1,1200. Le tensioni politiche legate al "Russia-gate" contribuiscono a tenere sotto pressione il biglietto verde, anche se la buona tenuta delle Borse sembra confermare che non vi siano concreti rischi di impeachment del Presidente Trump all'ozzonte.

Anche se è ancora prematuro ipotizzare l'avvio di un trend rialzista sostenibile a favore dell'euro, l'impostazione tattica si è però spostata a favore della moneta unica.


Per non perdere l'abbrivio dell'ultima ottava, eventuali storni devono ora mantenersi al di sopra di 1,0950. Un segnale distensivo convincente si avrebbe comunque solo alla violazione del forte supporto a 1,0840, al momento poco probabile.


La conferma del superamento di 1,1140 proietterebbe il cambio al test della valida resistenza a 1,1300 che aveva contenuto lo sbuffo rialzista dell'euro nelle prime ore successive alla vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali dell'8 novembre: solo il superamento di tale livello (ancora poco probabile) sancirebbe l'inizio di una rinnovata fase di forza dell'euro su orizzonti plurimensili.

Nonostante l'indebolimento degli ultimi mesi, strategicamente il dollaro USA rimane ancora una divisa forte, favorito dalla divergenza tra le politiche monetarie della Fed e della Bce. Difficilmente la Fed potrà però spingersi oltre ulteriori 2 rialzi nel corso del 2017 (dopo il rialzo dello scorso 15 marzo e del 14 dicembre, entrambi dello 0,25%; il rialzo precedente, anch'esso di 25 b.p., era avvenuto il 16 dicembre 2015, il primo dopo 7 anni di tassi fermi allo 0,25% nel periodo dicembre 2008 - dicembre 2015).


Se pensiamo poi che negli ultimi 10 anni il rialzo complessivo è stato finora dello 0,75%, partendo da tassi prossimi allo zero (la cosiddetta ZIRP, zero interest rate policy) e che il Bilancio Fed rimane stabile dall'ottobre 2014 sui picchi a ridosso di 4500 miliardi di dollari, si comprende bene come il contesto della politica monetaria Usa rimanga ancora decisamente espansivo, nonostante i recenti rialzi. I timidi rialzi che la Fed sta portando avanti servono solo a ridurre in parte una situazione che rimane strutturalmente squilibrata, come del resto capita anche negli altri Paesi sviluppati, a partire dai tassi negativi del Giappone ai tassi schiacciati verso lo zero nell'area euro. E la modalità con cui le Banche Centrali, in tutto il mondo, hanno deciso di gestire l'enorme mole dei debiti pubblici fuori controllo in un contesto economico stagnante: tassi bassi ed inflazione, negli auspici, in risalita verso il 2%, in modo che rendimenti reali negativi abbattano il valore reale dei debiti.


In tale contesto generalizzato di tassi bassi, la Bce risulta comunque tendenzialmente più espansiva della Fed e questo aspetto gioca ancora a favore del biglietto verde contro euro.


Da aprile, tuttavia, le iniezioni di liquidità della Bce sono scese da 80 a 60 miliardi di euro al mese, e sono destinate a terminare, se il programma non sarà ulteriormente prolungato, a fine 2017: in prospettiva ciò potrebbe portare ad una stabilizzazione dell'euro su orizzonti strategici. Le prospettive di un tapering da parte della Bce, alla luce anche il rilancio dell'inflazione all'1,9%, potrebbero però scemare in caso di una veloce risalita dell'euro, che avrebbe infatti un impatto di contenimento della ripresa dell'inflazione. In tal senso un'eventuale risalita dell'euro tenderebbe ad auto-frenarsi e non sembra quindi possa avere sviluppi rialzisti importanti.

OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul dollaro USA; ridiscese dell'eurusd verso 1,0800/0840 sarebbero un'occasione di alleggerimento delle posizioni in dollari in ottica tattica.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)