Imposta patrimoniale: rischi in calo…ma c’è da fidarsi?


Pochi ne parlano ma non potrebbe essere diversamente a poche settimane dalle elezioni. La vera incognita? Forme indirette di patrimoniale. Ecco come.

Cedole & dividendi

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A un mese e mezzo dalle elezioni politiche occorre fare il punto sul sempre potenziale rischio di una tassa patrimoniale, aggiuntiva rispetto a quella in vigore dello 0,20%, meglio conosciuta come imposta di bollo sui depositi titoli.

Di fronte a oltre 150/200 miliardi di potenziali spese per promesse elettorali di vario tipo e a un bilancio pubblico in eterno rosso, sebbene in lento miglioramento e con la prospettiva di un pareggio forse per il 2020, c’è da preoccuparsi?

Purtroppo il quadro delle informazioni disponibili è alquanto frammentario e fazioso, poiché le tante proposte pre-elettorali vengono stimate anche dai media, come costi, in rapporto alla simpatia o meno rispetto a chi le prospetta e senza che chi le formula ipotizzi le coperture necessarie. Quindi partigianeria da un lato e superficialità dall’altro.

Un esempio? La flat tax al 15%. Per alcuni media costerebbe oltre 40 miliardi di euro e per altri comporterebbe un saldo positivo, poiché sniderebbe l’evasione fiscale. Nessuno può dire dove stia la verità. Certo è che l’impatto di alcune promesse (quasi certamente destinate a restare tali) sarebbe devastante per i conti pubblici, appesantendo un debito pubblico ormai insostenibile. Per il Fondo monetario Internazionale la classifica dei Paesi più oberati al mondo ci vede al terzo posto (valori espressi in $):

Stati Uniti: 18.237 miliardi - Giappone: 10.557 miliardi - Italia: 2.407 miliardi - Regno Unito: 2.345 miliardi - Francia: 2.173 miliardi - Cina: 1.684 miliardi - Germania: 1.544 miliardi - Olanda: 475 miliardi - Belgio: 435 miliardi - Austria: 305 miliardi - Svezia: 221 miliardi

C’è però chi mette in dubbio questi numeri e quindi è chiaro che si viaggia in un mare in tempesta e per di più nella nebbia più fitta.

Torniamo allora al tema tassa patrimoniale.

A suo favore si è espresso finora solo il neo partito della sinistra Liberi e Uguali.

Avversione totale – sebbene non enunciata ufficialmente ma solo in dichiarazioni di singoli esponenti dei partiti – da parte del centro destra.

I Cinque Stelle, che ne sono stati fautori in passato, non si esprimono (ma Di Maio l’ha esclusa), mentre il PD sarebbe contrario in una forma esplicita.

Tutto questo è però fuffa, per un motivo evidente. Nessuno, in una fase delicata quale l’attuale, potrebbe palesarsi a favore di un incremento di tassazione sui patrimoni, poiché rischierebbe di perdere preferenze fra il ceto medio, dove c’è maggiore incertezza se votare e chi votare.

Il pericolo così è un altro. Che al posto di una patrimoniale dichiarata se ne introducano nei prossimi due/tre anni alcune che potremmo definire non dichiarate. Come? Con interventi indiretti. Ecco cosa segnala in proposito il tam tam della retro politica, il solo che conosce le cose.

Primo rischio – Quello di una patrimoniale strisciante nel comparto immobiliare. Da due anni è in fase di discussione e quasi di approvazione parlamentare il disegno di legge di riforma del Catasto. E' trasversale ai partiti, visto che i primi firmatari sono stati esponenti del PD e di Forza Italia. In realtà si sono poi mossi ambienti ben precisi, che hanno bloccato l’accettazione del provvedimento da parte della legislatura appena conclusa. E’ molto probabile che la riforma tornerà d’attualità con la nuova e c’è chi dice che ci sia già una maggioranza a favore, ma con un ostacolo. Occorre definire un algoritmo di calcolo dei rinnovati valori catastali, cosa complessa e che potrebbe richiedere anni. In teoria quindi la novità è quasi pronta, sebbene in pratica viaggi in acque profonde. C’è chi ipotizza che le maggiori entrate per lo Stato potrebbero essere di 60 miliardi di euro, ma il valore per ora è teorico. Altro che patrimoniale!

Secondo rischio – Quello di un inasprimento della tassazione sulle successioni. Favorevoli? Tutti, salvo Forza Italia e Lega. Che anzi ne chiedono l’abolizione, così come per quella riferita alle donazioni. Il tema è complesso. Una proposta di legge è stata presentata nella scorsa legislatura, con un abbassamento delle franchigie, un innalzamento delle aliquote per le varie categorie di eredi e una vera e propria stangata per i patrimoni oltre i 5 milioni di euro. Prospettata dalla sinistra è stata all’ultimo momento sospesa, forse per gli instabili equilibri politici a sostegno del Governo Gentiloni. Nessuno ne parla in campagna elettorale ma l’iniziativa piace a molti (soprattutto Liberi e Uguali e PD). Tornerà nelle aule del Parlamento?

Terzo rischio – Un’imposta di bollo sulle polizze vita di tipo rivalutabili a capitale garantito: la prevedeva l’ultima Legge di Bilancio ma è stata cancellata in extremis. Si tratterebbe di una mini patrimoniale che metterebbe in discussione questa tipologia di investimento, già corrosa dai bassi rendimenti. Piace però ai tecnici del ministero dell’Economia e non è esclusa una sua riproposizione.

Quarto rischio – Anche in questo caso non è la politica a pensarci ma il fronte dei tecnici ministeriali. L’aliquota alleggerita al 12,5% per le rendite riferite ai titoli di Stato potrebbe avere vita breve. Il rischio l’ha già corso nel 2014/2015 e ora si ragiona così: se i tassi saliranno (e presto saliranno) non ha più senso favorire Btp e compagni. Si riuscirebbe in tale modo a compensare parte del maggiore costo del debito. Essendo un intervento tecnico non incontrerebbe nessun ostacolo.

Quinto rischio – Altra novità di cui si parla in sede ministeriale: un incremento del bollo sui conti correnti, con una possibile rimodulazione in funzione degli importi detenuti. L’enorme liquidita conservata sui c/c fa gola a molti e anche al mondo finanziario. Di tutte le riforme fiscali sarebbe quella destinata a incontrare meno ostacoli, sebbene tecnicamente eludibile.

Sesto rischio – Un insieme di tutto questo e di altro ancora, una specie di gioco a incastro tale da non portare a parlare di imposta patrimoniale vera e propria ma di interventi tecnici destinati a rimodulare un bilancio in rosso appesantito da “regalie” quali quelle proposte nella campagna elettorale da vari partiti e di cui il nostro Paese è da sempre campione.

Settimo rischio – Il maggiore. Verrebbe da un Governo tecnico imposto dall’Europa in presenza di un’incapacità dei politici di trovare intese. Libero da vincoli, agirebbe in totale autonomia rispetto ai temi economici e approverebbe quasi certamente una patrimoniale pura, come auspicata soprattutto dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Allo stato attale le possibilità che ciò avvenga sono però minime.

Noi comunque vi terremo aggiornati su eventuali novità.

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