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Le dieci previsioni choc di Saxo Bank per il 2020. Così fosse che qualcuna si realizzasse!


Bye bye Trump. Tassi Bce al rialzo. Azioni? Preferire quelle “value” e trascurare la “green economy”. Attenzione al rand sudafricano e all’Ungheria, che lascerebbe la Ue.

Hot markets

E’ un’abitudine quella della banca danese Saxo Bank, nota per la sua ottima piattaforma di trading, utilizzata fra l’altro in Italia da Banca Generali, di ipotizzare a dicembre delle previsioni definite oltraggiose – in realtà più fantasiose che altro! – per l’anno successivo. Il loro scopo non è di predire il futuro ma di fornire degli argomenti di discussione agli investitori. Nel caso del 2020 c’è un’aria nuova che spira. E’ quella di un maggiore realismo in alcune delle “profezie” immaginate, al punto tale che viene quasi da dire: magari si realizzassero almeno in parte!

Le analizziamo in maniera schematica per agevolare la valutazione da parte dei lettori di Lombard Report.

L’ipotesi

Un’analisi

Addio Trump, vincono i democratici

Il Presidente più nazionalista della storia degli Usa va a casa. I democratici infatti – sulla spinta del voto dell’elettorato femminile e giovane – ottengono la Casa Bianca. A determinare il tutto l’opposizione dei millenials a una politica monetaria che favorisce solo le banche e alla scelta di Trump di combattere l’ambientalismo, tema considerato invece prioritario da parte di un elettorato stimato in crescita.

La Bce aumenta i tassi

La vera bomba è questa ed è qui che ci sarebbe da sperare che Saxo Bank abbia ragione. La causa? Un sistema bancario europeo in crisi, a causa proprio della bassa redditività del business. Ciò costringerebbe la Bce a invertire le strategie già annunciate. Così i tassi potrebbero salire di poco sopra lo zero entro la fine del 2020.

Il crollo dei semiconduttori

Si ipotizza un calo del 50% dell’indice azionario Sox riferito al settore. In effetti è volato ai massimi negli ultimi tempi ma Saxo Bank ritiene che il vero motivo dell’inversione dipenda da una frenata negli ordini da parte dei grandi consumatori di “chip”, quali cloud, intelligenza artificiale, criptovalute e big data. La supposizione consentirebbe di riprogrammare dei Pac distribuiti nel tempo puntando sui relativi Etf.

Value, value! E’ qui che si vince

Il ragionamento che sta a monte è complesso. La recessione americana decolla alla grande e impone un netto taglio dei tassi da parte della Fed, costretta ad agevolare il piano di interventi infrastrutturali voluti da Trump per cercare di essere rieletto. C’è però un problema, che consiste nell’assenza di manodopera specializzata. Ciò spingerebbe l’inflazione Usa e riporterebbe il costo del denaro a crescere, penalizzando le società molto indebitate. Di qui una corsa dei mercati a cercare azioni “value”, con l’Etf iShares Msci World Value Factor che metterebbe a segno ottime performance. Il tutto potrà avvenire nell’arco di soli dodici mesi? La tesi appare alquanto improbabile.

Il verde piace di meno in Borsa

Dopo anni passati all’insegna di azioni, fondi e obbligazioni “green” inizierebbe un rallentamento della domanda di energia pulita, dovuto a un’inversione dei consumi a favore di petrolio e gas naturale, che ritroverebbero una buona redditività. Mettendo nell’angolo le previsioni degli ecologisti. Di tutte questa è la previsione meno auspicabile.

Africa del sud in profonda crisi

La situazione economica del Paese peggiora, complici soprattutto un debito pubblico in forte crescita e una bilancia commerciale in regresso. C’è poi il rischio di un default della società elettrica nazionale Eskom. Inevitabile l’effetto sul rand, in avvitamento rispetto a euro e dollaro.

Una tassa per ridurre il deficit commerciale Usa

L’accordo con la Cina viene concluso ma non è sufficiente a migliorare la pessima situazione del deficit con l’estero degli Usa, costringendo l’amministrazione Trump a introdurre l’“America First Tax”, tassa base del 25% sui prodotti importati dall’estero. Inevitabile l’impatto sull’inflazione. Se così fosse i Tips, cioè i Treasuries “inflation linked”, subirebbero una forte accelerazione.

La corona svedese si rafforza

Stoccolma è in crisi per la politica immigratoria che comporta instabilità e opposizione politica da parte di una quota crescente di cittadini. Il Paese scandinavo deve così aumentare la spesa pubblica e l’effetto (un po’ contraddittorio) è che la corona si rafforza non di poco sull’euro.

Addio Ungheria!

Budapest abbandona l’Unione europea. Effetto pesante per la valuta nazionale, il fiorino, mentre il primo ministro Orban parla apertamente di un avvicinamento alla Turchia.

L’Asia si fa la propria valuta

Una valuta di riserva (o valuta ancoraggio) è una divisa tenuta nelle quantità significative da molti governi e da altre istituzioni come componente delle proprie riserve di monete estere. Inoltre tende a essere utilizzata per gli scambi internazionali di commodities e metalli preziosi. Alcuni Paesi del continente, grazie alla Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture, lancerebbero una divisa di tale tipo per ridurre la dipendenza dal dollaro. Che subirebbe un pesante effetto negativo.