Aggiornamento portafoglio: una nuova profezia da Roubini…


Mentre attendiamo le mosse della Fed, che si riunisce oggi, non è passata inosservata la nuova “profezia” di Nouriel Roubini, economista balzato agli onori delle cronache per aver profetizzato la crisi finanziaria del 2008 e la quasi implosione dell’euro nel 2012 – in effetti scongiurato solo grazie all’allora presidente della Bce Mario Draghi con il suo “wathever it takes” – tanto da conquistarsi il titolo di Dr. Fato.

Ebbene, la sua ultima previsione riguarda il dollaro, che secondo Roubini sta per crollare rovinosamente. E suggerisce, per difendersi da questo tsunami, di comprare oro. Vediamo le ragioni addotte da Dr. Fato, e cerchiamo di capire se è sensato e possibile che ciò accada.

Intanto, va detto che stavolta le motivazioni alla base della profezia nera di Roubini appaiono tutt’altro che catastrofiste e, senza voler peccare di presunzione, sono cose che noi diciamo da mesi. Semplicemente l’economista spiega che le Banche Centrali non saranno in grado di centrare i rispettivi target d’inflazione al 2% senza mandare in recessione le proprie economie, aggiungendo che tale crisi non sarebbe passeggera, bensì duratura. Cioè, non ha fatto altro che disegnare un quadro di stagflazione del tutto simile agli anni Settanta: un bel mix di alta inflazione e crescita debole.

Il fulcro del ragionamento di Roubini ruota attorno alla considerazione che le economie moderne sono indebitate oltre il ragionevole, per cui non riescono a sostenere il rialzo dei tassi. Cioè, salterebbero in aria famiglie, imprese e governi stessi. E questo non lo scopriamo certo oggi, e non si può che essere d’accordo.

La situazione si era già presentata nel 2008, dove famiglie, imprese e Stati sono stati tutti salvati dall’azzeramento dei tassi d’interesse e le maxi-iniezioni di liquidità dei vari QE. Per questa ragione Dr. Fato ritiene che la Fed dovrà rassegnarsi obtorto collo a fermare la stretta monetaria nonostante l’inflazione negli USA sia ancora alta.

A quel punto, continua Roubini, il dollaro precipiterà, poiché l’unica ragione che lo tiene in piedi è il rialzo dei tassi d’interesse che quando verrà meno lo renderà vittima dei “deficit gemelli”, cioè vittima della compresenza di disavanzo fiscale e disavanzo commerciale in un’economia. In pratica, secondo Roubini, senza la stretta sui tassi i fondamentali macro non giustificherebbero più un dollaro così forte.

E perché suggerisce di comprare oro? Perché secondo lui le quotazioni del metallo giallo quest’anno sono scese proprio per l’aumento globale dei tassi e il rafforzamento del biglietto verde. Venendo meno questi due elementi, il metallo tornerebbe a salire. In sostanza, nei prossimi mesi, quando il dollaro s’indebolirà in modo consistente i prezzi dell’oro si surriscalderanno, senza contare che questi sarebbero ulteriormente spinti al rialzo anche dallo scenario stagflattivo.

In tutto questo ragionamento, che non fa una piega e che spiega bene diverse dinamiche, Roubini non tiene tuttavia conto di quello che potrebbe succedere in Europa. Perché, se è vero che la prematura cessazione del rialzo dei tassi Fed indebolirebbe il dollaro, è anche vero che abbiamo visto poco sopra – seppur forse in misura sfumata, al netto delle ultime dichiarazioni di Lagarde – qualcosa di simile potrebbe avvenire in Europa.

Anche perché, al di là delle intenzioni del Presidente della Bce, è più che ragionevole pensare che la Bce già oggi non sia nelle condizioni miglior per alzare i tassi in misura appropriata, nonostante nelle dichiarazioni si tema di più l’inflazione che non la recessione. E non è per nulla peregrina l’idea che una volta che la Fed dovesse arrendersi e porre un freno alla stretta monetaria, potrebbe fare lo stesso anche Francoforte. E questo, al contrario di quanto profetizza Roubini non farebbe altro che rafforzare il cambio euro-dollaro in una fase in cui la bilancia commerciale dell’unione monetaria è precipitata in rosso per l’aumento dei costi dell’energia.

Che sia come sia, le dinamiche di oro e cambio euro-dollaro – unitamente alle dinamiche dei rendimenti delle obbligazioni – saranno due dei market mover più importanti da qui a fine anno. E mentre l’euro guadagna qualche figura contro il dollaro e le aspettative per rialzi dei tassi più moderati guidano il rimbalzo delle Borse, il nostro portafoglio torna a stabilizzarsi.

La volatilità negativa ha mollato un po’ la presa ma da qui a dire che il ribasso sia finito ce ne passa. Certo, se le Banche Centrali daranno segno di iniziare a mitigare la stretta monetaria le Borse faranno festa, ma il quadro di fondo rimane negativo, con la fase recessiva che procede a passo spedito.

Il nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, valorizza un NAV a 103,72 sostanzialmente stabile rispetto alla lettura precedente. La performance storica su base annua si attesta ora al +1,45%. Scende la volatilità totale, ora al 2,07%, mentre è stabile quella negativa che resta all’1,10%. 

Finita la selezione di alcuni bond che andremo ad inserire in portafoglio, seguiranno i relativi segnali operativi a stretto giro.

Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.