Il consolidamento dell'Unione europea odora di isonomia in questo momento di guerra


Il mondo occidentale, appena scoppiata la guerra con l'Ucraina, si è coalizzato contro la Russia di Putin e ha immediatamente risposto con sanzioni economiche sbandierate ai quattro venti con furore punitivo, magari a ricordo di antichi dissapori.

Tramite i dati che forniremo, andremo a verificare quanto la realtà sia ben lontana dal racconto mediatico di guerra a cui si sta assistendo e a cui, un investitore deve necessariamente guardare con sufficiente distacco, cercando di disporre del maggior numero di dati possibili.

Così facendo, si comprenderà, in modo più significativo, le motivazioni per cui le borse europee sono piuttosto deboli rispetto a quelle statunitensi.

Il nemico pubblico numero uno, quindi, giustamente messo alla gogna dalle maggiori potenze economiche, ha però reagito, e ad ora, se dovessimo tirare una riga per fare una semplice somma algebrica, questi sarebbero i dati che si evidenzierebbero.

Partiamo dal Rublo, crollato a 155 € il 24 febbraio scorso, all'alba del primo attacco militare, di oltre il 50% del suo valore, è tornato ad oggi, agli stessi valori che aveva il giorno prima dell'intervento militare.

Il recupero è stato messo a segno grazie a una forzatura contrattuale, quale quella di obbligare tutti i pagamenti delle forniture in Gas ad essere eseguiti in Rubli, questo almeno per una cospicua lista di Paesi ostili, tra cui ovviamente l'Italia.

Sebbene si sia aperta una controversia squisitamente contrattuale in merito ad una simile arbitraria decisione, tale azione ha ridato forza alla moneta russa e indebolito l'euro nei suoi fondamentali valori.

Nell'ambito della 33esima edizione del workshop "Lo scenario dell'economia e della finanza" organizzato da The European House, il 52.6% dei manager presenti è stato dell'opinione che l'euro sarà la moneta destinata ad indebolirsi maggiormente.

Petrolio e Gas hanno contribuito a stabilizzare il rublo, grazie al flusso continuo di materie prime verso l'Europa, ancora, colpevolmente, dipendente per oltre il 40%, dalla Russia.

Proprio questo aspetto, scopre la coperta di 20 anni di incapacità previsionale da parte dell'Europa ancora vergognosamente disunita e atavicamente legata ad interessi nazionalistici, che hanno puntato a curare il proprio picccolo orticello, sottovalutando rischi ben più grandi provenienti da un mondo fatto di super potenze economiche e, malauguratamente, militari che continuano a rincorrersi in una corsa spietatate di stampo nazional - imperialistico.

C'è sempre più bisogno di una Europa unita, politicamente, finanziariamente e militarmente, e il maggior indiziato di colpevolezza per l'aver ritardato il processo di integrazione è stata proprio la Germania di Angela Merkel, quando pensava egoisticamente a drenare liquidità dai paesi più poveri del Sud Europa, vendendo a mani basse il loro debito pubblico solo 10 anni fa, trovandosi ora ad essere la nazione più tristemente schiacciata dalla dipendenza russa in termini di materie prime.

"Chi di spada ferisce di spada perisce", recitava un vecchio detto e come non ricordare il super falco Jens Weidmann, inveire contro l'allora presidente Bce, Draghi, reo a suo dire di voler far pagare ai tedeschi il debito pubblico dei Paesi del Sud Europa, chiamati dalla stampa finanziaria con il vergognoso acronimo di P.I.G.S. (PIGS in lingua anglosassone vuol dire "porci" anche se il sarcasmo in realtà si difendeva dietro le iniziali di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna), generando peraltro delle ovvie antipatie di cui si sarebbe potuto fare a meno.

Ricordare questi eventi in questo preciso momento storico, non vuol assolutamente inasprire animi divisori, semmai evidenziare a chi, con presunzione e miopia, non ha saputo guardare all'Unione Europea come ad una casa comune in cui difendersi a vicenda e fare affidamento l'uno sugli altri, guardando solo ad interessi di breve periodo e curando esclusivamente il proprio piccolo orticello, in un momento in cui la storia cinicamente evidenzia che da soli non si è assolutamente più forti! Anzi, le ragioni antieuropeiste diventano in una logica di rafforzamento anche dell'identità nazionale presupposto per una cogente penalizzazione e sicuramente strumento utile per ancorare dinamiche aggressive e belliciste antitetiche ad ogni slancio di crescita non solo identitaria, ma anche politica, economica e culturale di ampio raggio.

Guardiamo con attenzione, ora, alla situazione tedesca, motore economico di questa meravigliosa Europa, che, trovandosi morfologicamente, nel bel mezzo, accerchiata dalla terra, dovrà necessariamente fare ricorso a tutti i partner per potersi un giorno liberare dai pusher russi, nonchè da quelli americani, che, ndr, la scorsa settimana sono venuti proprio per venderci del Gas.

Quanto tempo dovremo ancora attendere per la nascita di un orgoglio europeo, di un sentimento di appartenenza culturale e storico - identitaria di gran lunga maggiore, potenzialmente, a qualsiasi agglomerato geopolitico attualmente esistente sul globo che ci renda più che mai indipendenti?

La miopia prima o poi porta ad imbattersi contro le barriere che si sono volute costruire, e costringe a rendersi conto che una visione angusta della realtà mina la visione multiprospettica e la capacità di rimodellare anche la propria identità nel progetto di accoglienza del diverso, che non è ragione di indebolimento, ma spinta propulsiva verso il rafforzamento e la costruzione di una struttura più solida e competiva.

Tornando agli effetti delle sanzioni, come dicevamo, la mossa di Putin sul rublo e il flusso di Petrolio e Gas ha stabilizzato, quindi, la crisi della moneta russa, anche impedendo ai russi stessi di prelevare denaro in valuta straniera con un tetto fissato ai 10000 dollari per i prossimi sei mesi. Stessa limitazione è stata imposta a banche e broker russi e la Borsa di Mosca è stata riaperta senza grossi drammi finanziari anche se, definirlo un mercato aperto è piuttosto naive, visto il divieto di short selling, l'impossibilità per gli investitori stranieri di vendere e l'apertura di solo 1/3 del listino.

Un' apertura ridicola quindi, per cui impossibile è la valutazione effettiva dell'impatto finanziario dell'esclusione del mercato russo dalla finanza occidentale.

Da ricordare inoltre, l'innalzamento del tasso di interesse al 20% deciso da parte della Banca Centrale russa che, di certo, congelerà lo sviluppo economico di un Paese che già prima della guerra era in grado di produrre un Pil inferiore, anche se di poco, a quello italiano;

se, invece, il Pil della Russia, lo paragoniamo a quello europeo, scopriamo che insieme, siamo, come nazione europea, il secondo macro organismo al mondo, un soffio al di sotto degli Stati Uniti. In questo caso, in termini squisitamente economici, la Russia sarebbe 20 volte inferiore all'Europa, confinandola inesorabilmente al ruolo di una piccola potenza economica.

In quest'ottica, tuttavia, il 30% del gettito fiscale della Russia, proviene dalle materie prime sopra menzionate, ovvero petrolio e gas, i quali con il rialzo del 30% avutosi dall'inzio del conflitto, pur vendendo meno petrolio all'estero, porteranno un surplus commerciale in grande espansione, attestabile a circa 250 miliardi di dollari per il 2022, rispetto ai 120 miliardi di dollari dell'anno scorso, ricostituendo le riserve della banca centrale russa.

Gli effetti delle sanzioni, quindi, al momento sono state, tutto sommato attenuate dalle misure appena descritte, e per avere un impatto serio, che in qualche modo possa fungere da deterrente alle azioni militari, servirà molto più tempo di quanto previsto, essendo al momento archiviato il progetto di esclusione della Russia dal sistema di scambio noto come "Swift payments system".

Azioni italiane: andiamo a vedere ora quanto di interessante da segnalare per il mercato azionario italiano, partendo da due target che avevamo indicato in questo articolo https://www.lombardreport.com/2022/3/20/un-rimbalzo-tanto-atteso-2/ e ci riferiamo a Ferragamo e Ferrari.

Entrambe, come visibile nelle figure, hanno raggiunto i nostri target ai 18€ (17.88€ per la precisione il valore raggiunto) per Ferragamo e ai 200€ per Ferrari e, in quest'ultimo caso anche superiore.

Ferragamo

Ferrari

Nexi

Nel recente webinar inoltre, ( https://www.youtube.com/watch?v=6BeLYjyjmCI ) , sul finire della registrazione, e precisamente al sedicesimo minuto, un gentile ascoltatore chiese una interpretazione della situazione di Nexi.

Fu denotato un gap up lasciato aperto ai 10.5€ quando l'azione lavorava ancora ampiamente oltre i 12€.

La discesa è andata ben oltre la chiusura del gap, affondando sino ai 9.70€, dove al momento ha un minimo che funge anche da semaforo rosso, nel senso che, se infranto aprirebbe a nuovi scenari ribassisti, ma se "tenuto" , sarà il punto da cui si costruirà un buon rimbalzo ma, non è ancora il momento di entrare in questa azione a mio modo di vedere.

Il momento verrà e la predetta azione la analizzeremo nuovamente, solo quando la rivedremo oltre un determinato valore e quindi quando avrà dimostrato di avere le spalle forti per affrontare una risalita dai recenti punti di minimo.

Avendo quindi, snocciolato precedentemente, tutta una serie di fattori per cui si ritiene che ormai l'Unione Europea debba iniziare una nuova fase per quanto attiene all'approvvigionamento di materie prime, riprendono più che mai in questo momento, vigore, tutte le politiche relative alle energie rinnovabili, vero driver per l'economia del futuro e che per molto, troppo tempo, sono state snobbate dalla finanza forte proprio perchè non debitamente considerate dalla politica. Le predette energie relegate in sotto categorie prede esclusive del venture capital - come si parlasse di un sistema di guida ibrido innovativo, o , in ogni caso, di un servizio accessorio ai più blasonati petrolio e gas-, non sono mai state in grado di approntare e pianificare una politica rivoluzionaria protesa al cambiamento di tutto il continente; sono state invece utili a soddisfare esclusivamente interessi di breve periodo di carrozzoni privati e pubblici legati a fonti di produzione energetica del secolo scorso di memoria hobsawmiana.

Le ultime vicende, stanno evidenziando ad esempio l'arretratezza europea che per sopperire a probabili futuri cali nell'approvviggionamento di gas sta rimettendo in funzione centrali a carbone come si fosse tornati in un battibaleno agli inzi del '900.

Tutto ciò è vergongoso e mette a nudo l'inattività e l'incapacità di guardare al futuro che ha avuto l'Europa politica e gli Stati che la compongono almeno guardando a ritroso il ventennio trascorso.

Come tutte le crisi, anche quella attualmente esistente, genera delle necessità a cui rispondere con tempestività e acume; pertanto rappresenterà una grande opportunità per l'Europa stessa, di crescere e modernizzarsi più di quanto le altre grandi super potenze abbiano o stiano facendo, e se sapremo unirci e fare le cose in grande, concentrandoci sull'argomento dell'approvviggionamento, condividendo la morale della 'simpatia' humiana che diviene fattore di cementazione di relazioni tra individui, popoli e Stati, potremmo trovarci in una posizione di vantaggio strategico non più aggirabile dai grandi Imperi, promuovendo l'acquisizione di un nuovo status indipendente e libero, non più assoggettabile.

Politici e Paesi cari d'Europa, uniamoci e guardiamo al futuro come una sola grande Nazione, indipendentemente dalle ragioni nazional - identitarie, tesa al rispetto e alla condivisione del principio di 'volontà generale' di rousseauniana memoria che ha ispirato la rivendicazione di diritti lesi, tutt'ora inalienabili, per l'affermazione di un'identità individuale e collettiva, proprio quella che ha motivato il germe della rivoluzione francese!

Non c'è più tempo da perdere, la storia ci chiama e se è vero che la storia insegna sarebbe ora più che mai utile comprendere le dinamiche sottese all'evoluzione degli avvenimenti, nell'impronta di "corsi e ricorsi ciclici" di vichiana memoria, per giungere alla conclusione che i successi più grandi sono stati sempre frutto di una battaglia comune spesso guidata da visioni condivise che profumano di democrazia e di isonomia.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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