Il valore "vero" non esiste


America troppo cara in termini azionari ? Benvenuti nell’argomento più sexy di tutto il mondo degli investimenti ovvero il fair value. Cosa è il fair value ? E’ una bella parola inglese che dice tutto e dice niente come di solito succede in finanza. Il fair value è il valore “vero” cioè il prezzo che dovrebbero avere le azioni cioè come dovrebbe andare il mondo rispetto a come invece va.

Se un giorno vi capiterà di vendere il vostro soggiorno usato su Facebook o una macchina o una casa ricordatevi di questa parola perché fa sempre colpo: “mi spiace signore ma il suo prezzo è molto lontano dal fair value della mia macchina e sono costretto a chiudere la negoziazione a meno che lei non riconsideri la sua offerta”.

Ma che cavolo è il fair value di una macchina ? E chi lo sa e lo stesso dicasi per una azione.

Il fair value di una azione può essere calcolato in due modi: o con un multiplo (cioè un rapporto tra due voci di bilancio) rapportato all’universo di tutti gli altri multipli delle aziende di quel settore o il flusso di cassa scontato di tutti gli esercizi del futuro.

Non c’è bisogno di addentrarsi nella materia. Stiamo parlando del sesso degli angeli.

In un articolo di Karen Langley il Wall Street Journal si chiede se le azioni statunitensi siano costose a questi prezzi di saldo che si vedono sui mercati. Non è fose vero che quello in corso è il il peggior inizio di un anno in più di mezzo secolo ? Secondo alcune misure per il giornalone USA di Borsa più letto al mondo le azioni USA sarebbero “costose” pur tenendo in conto il tanto celebrato crollo delle quotazioni.

Wall Street usa spesso il rapporto tra il prezzo delle azioni di una società e i suoi utili di bilancio come metro per misurare se un'azione sembra a buon mercato o appunto costosa. E’ il famoso rapporto price / earning o italicamente prezzo / utili o in acronimo P / E. In base a tale parametro il mercato azionario USA nel suo insieme è stato insolitamente costoso per gran parte degli ultimi due anni, un periodo in cui una politica monetaria molto  accomodante ha realizzato nei fatti quell'opinione popolare secondo cui i bassi tassi di interesse offrono agli investitori poche alternative alle azioni. Per cui tutti giù a comprare azioni e i prezzi sono arrivati alle stelle.

Anche se è sceso del 16% all'inizio del 2022 l'S&P 500 è stato scambiato alla fine di questa settimana a 16,8 volte i suoi guadagni previsti nei prossimi 12 mesi, secondo la società di analisi FactSet . Questo valore di p/e è tuttavia ancora al di sopra del multiplo medio di 15,7 verificatosi negli ultimi 20 anni, ma in calo rispetto al recente picco di 24,1 a settembre 2020. Le preoccupazioni per l'inflazione e gli aumenti successivi dei tassi di interesse della Federal Reserve hanno causato delle turbolenze a Wall Street e provocato un acceso dibattito sulle valutazioni appropriate per le azioni USA. Il calo dell'S&P 500 fino a venerdì è la peggiore performance dall'inizio dell'anno dal 1970 ad oggi, secondo Dow Jones Market Data.

Fonte Wall Street Journal

Secondo il Wall Street Journal Una fonte di incertezza è la crescente preoccupazione che la stretta monetaria della Fed possa far precipitare l'economia in una recessione, uno scenario in cui i multipli azionari tipicamente diminuiscono. Tassi di interesse più elevati riducono infatti il valore dei flussi di cassa futuri delle aziende nei modelli di prezzo comunemente utilizzati. Alcuni investitori temono già che le aspettative del mercato oggi diffuse tra gli operatori per gli utili societari siano troppo alte, visti lo spauracchio della recessione che incombe all’orizzonte”.

In realtà il multiplo prezzo / utili se lo si scompone (evito la tortura della formula) non è nient’altro che una variabile dipendente dal tasso di crescita atteso. Un prezzo / utili alto significa che il mercato si attende una forte crescita, un prezzo utile basso significa che in quella azione non crede nessuno.

L’unica accortezza è di non comprare durante fasi di euforia e di non liquidare malamente in fasi di terrore collettivo. A questo serve il prezzo / utili e a nient’altro. Ricordo che le prime azioni che ho comprato poco più che diciottenne erano le NAI (Navigazione Alta Italia), titolo assolutamente non performante ma che aveva un bassissimo prezzo / utili che io seguito dalle colonne di un noto giornalone finanziario italiano. Siccome il prezzo / utili era “conveniente” cioè poco costoso io acquistai con i miei risparmi quell’azione lasciandoci le mutande. Avrei impiegato qualche decennio per capire che il prezzo / utili di una azione “missile” è sempre e comunque “costoso” perché non può essere che altrimenti.

Conclusione: sicuramente questo è un periodo che è buono per iniziare a comprare azioni. Non sappiamo quando questo periodo finirà ma ci penserà Mister Market a farcelo sapere quando le mani forti compreranno a man bassa. Già venerdì scorso con il Nasdaq che ha chiuso a oltre il +3% è stata una buona partenza. Ma in borsa una rondine non fa primavera e quindi non spendiamo l’ultima parola. Sicuramente siamo a cavallo di supporti importanti su tutti gli indici di Borsa internazionali e questo coniugato a prezzi / utili non eccessivi è sicuramente un buon companatico.

In Italia ci sono almeno 4 titoli che debbono essere messi nel mirino: di uno di questi ci siamo già occupati diverse volte e ha già fatto +100% dai minimi di pochi mesi or sono. Si tratta di Saras, società arriva nel campo energetico e quindi beneficiata dalla guerra in Ucraina. Qui sotto vediamo come il nostro indicatore proprietario segnali una forza relativa del +100% e siamo in una fase di rottura dei massimi pluri-annuali: è un buy fortissimo da prendere non appena ritraccia o uncina.

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