Aggiornamento portafoglio: Il tono hawkish delle Banche Centrali


Mentre i nuovi dati sull’inflazione iniziano a dare segnali di ridimensionamento e i mercati, a modo loro, festeggiano, le Banche Centrali stanno da giorni mettendo in guardia gli investitori da facili entusiasmi.

Già con la pubblicazione dei verbali della FED il governatore Powell ha detto chiaramente che la stretta sui tassi non è per nulla terminata, anzi, e che proseguirà. Non è stato specificato a quale ritmo, vero, ma dalle sue parole i mercati sanno che i tassi saliranno ancora, resteranno alti per qualche tempo e nel 2023 non ci sarà nessun allentamento.

Dello stesso tenore le dichiarazioni di questi giorni da parte della BCE, che per voce del suo capo economista Philip Lane ha dichiarato al Financial Times che “la Bce deve continuare ad alzare tassi per combattere inflazione”.

Più nello specifico, Lane sostiene che la Bce deve alzare i tassi di interesse “a un livello che inizi a limitare la crescita e il loro picco dipenderà da come l'economia risponderà al ciclo di inasprimento della politica monetaria”. E così, dopo il rally dell’obbligazionario visto nei primi giorni di questo 2023, i mercati iniziano a ripiegare dando l’impressione di iniziare a credere un po’ di più alle parole delle Banche Centrali.

Come sappiamo, la Banca Centrale Europea ha aumentato i tassi di 2,5 punti percentuali da luglio scorso, nel tentativo di arrestare un'impennata dell'inflazione senza precedenti. Tuttavia, i banchieri centrali hanno già detto che sarà necessario fare di più per riportare la crescita dei prezzi all'obiettivo Bce del 2% entro il 2025, considerando che ora è di poco inferiore al 10%.

Dalle parole del capo economista BCE è proprio la vision interna al board che pare cambiata. E non in meglio. Infatti, Lane ha dichiarato senza mezzi termini che mentre “l’anno scorso potevamo dire che era chiaro che dovevamo portare i tassi a livelli più normali, ora affermiamo che in realtà dobbiamo portarli in territorio restrittivo”.

Questo la dice lunga, a nostro parere, sul fatto che i mercati farebbero bene a credere che la stretta non è per nulla terminata, anche se l’inflazione inizia a dare segni di rallentamento, cosa per altro del tutto normale perché diversamente vorrebbe dire che la leva dei tassi non funziona più.

Poi, bisogna anche considerare che se è possibile che l’inflazione si ridurrà rapidamente quest'anno, gran parte di questa riduzione sarà circoscritta alla sola compente "core", poiché l'aumento del prezzo del gas viene eliminato dai dati dell'anno precedente.

Quindi, ciò che pare preoccupare la BCE è la gestione della fase finale del contrasto all’inflazione. Questo lo si evince mettendo insieme alcune proiezioni sui tassi e le parole di Lane. Le aspettative sono, ad oggi, per un picco in area 3,30% quest’estate, e Lane ha specificato che "la questione è come passare dall'oltre 3% alla fine del 2023 all'obiettivo del 2% in modo tempestivo", aggiungendo che "è qui che la politica dei tassi d'interesse sarà importante... per assicurarsi che l'ultimo chilometro di ritorno al target sia realizzato".

E ancora: “Una volta che i tassi saranno sufficientemente alti da limitare la crescita, la Bce dovrà bilanciare il rischio di fare troppo rispetto a quello di fare troppo poco e questo potrebbe essere un problema che si trascinerà per il prossimo anno o due".

Come sempre staremo a vedere cosa succede, ma noi dal canto nostro manteniamo un’impostazione assolutamente prudente e teniamo in seria considerazione le parole e soprattutto le intenzioni delle Banche Centrali.

Tornando al nostro portafoglio, rimaniamo investiti per circa l’80% e ci teniamo il 20% di liquidità pronta all’uso quando ci saranno le condizioni. Se i mercati decideranno di dare pieno credito ai banchieri centrali, patiremo certo un po’ di volatilità negativa, sia sull’azionario sia sull’obbligazionario.

Non sarà comunque un problema per il nostro asset: con oltre il 22% di obbligazioni in pancia che ci pagano buone cedole e con le prime scadenze non troppo lontane abbiamo un ottimo argine alla volatilità. E se la politica monetaria prosegue la sua marcia restrittiva avremo via via sempre migliori rendimenti da acquistare.

La parte azionaria, che abbiamo sempre mantenuto, la lasciamo correre vista la piccolissima esposizione totale e ci concentriamo sulla gestione della liquidità eventualmente in eccesso.

Il nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, valorizza un NAV a 104,06 in ripresa rispetto all’ultima valorizzazione. Da inizio 2023 incassiamo un progresso del +0,55% con una performance storica su base annua stabile al +1,46%. Sale la volatilità totale, ora al 2,10%, così come quella negativa che sale all’1,39%.

Portafoglio aggiornato nella sezione consueta.