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NASDAQ100 WEEKLY - La retorica dei membri della FED frena il rialzo degli indici azionari USA !


LISTINI AZIONARI USA ALL’ENNESIMA PROVA DEI MERCATI DOPO LA RETORICA SUI TASSI DA PARTE DEI MEMBRI DELLA FED A SEGUITO DEI DATI SULL’OCCUPAZIONE.

Nella settimana appena trascorsa priva di dati macro importanti, ci hanno pensato i membri della FED e non, stranamente, il Presidente Jerome Powell a deprimere il mercato azionario, in particolar modo l’indice tech del Nasdaq. Infatti dopo un’intervista tutto sommato composta da parte di Powell martedì scorso all’Economic Club di Washington, i successivi commenti dei vari membri della FED, Williams e Waller, sono risultati particolarmente aggressivi impattando il sentiment sull'azionario, facendo salire i rendimenti dei titoli di Stato e le aspettative per una continuazione del rialzo dei tassi visto il recente report sui dati del lavoro USA.

Ma già da domani le cose possono cambiare (speriamo non in peggio) con un vero test offerto dei dati sull’inflazione USA di gennaio che si prevedono in diminuzione. Il consenso raccolto da Bloomberg vede il dato anno su anno calare ulteriormente dal 6.5% al 6.2% e al 5.5% dal 5.7% rispettivamente per i dati “headline” e “core ex-food&energy”, anche se le letture mensili sono state riviste al rialzo nelle ultime settimane specialmente sul dato “core” che, mese su mese, è visto salire dello 0.4%, un numero che annualizzato va ben oltre il tasso di crescita annuale del 2%. Vedremo.

Di positivo per l’azionario, sempre nel corso della scorsa settimana, sono iniziate a comparire sui media numerose indicazioni che il consensus non è più così pessimista sull'azionario, cavalcando due grandi temi:

- il primo è che i fondi ora sono in posizione neutrale, avendo cancellato la domanda azionaria repressa;

- il secondo è che i grandi nomi ritornano ad acquistare anche se lo scetticismo tra gli hedge fund abbonda.

I gestori di fondi hanno tagliato 300 miliardi $ di scommesse ribassiste e ora sono posizionati più in linea con le norme storiche, proprio mentre la Federal Reserve avverte che la sua battaglia contro l'inflazione è tutt'altro che finita.

Lo spostamento del posizionamento ha portato un'ampia gamma di investitori dal sottopeso a mantenere le azioni più vicine alla media dell'ultimo decennio. Gli investitori sono ora i più vicini al posizionamento neutrale rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, quando la FED ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse, secondo i dati di JPMorgan Chase & Co. e Deutsche Bank AG. Bloomberg riporta ad esempio che il monitor di JPMorgan è passato da -9% di settembre a +9% di adesso, molto più vicino all'esposizione del 15% che è considerata neutrale. In effetti anche la AAII investor sentiment ha mostrato un balzo dei tori, che hanno superato gli orsi per la prima volta da marzo 2022 e i sondaggi sono al massimo livello di positività da novembre 2021.

A livello di trimestrali economiche societarie pubblicate finora, le performance delle società del listino S&P500 del quarto trimestre 2022, continua ad essere scadente. Complessivamente, il 69% delle società dell'S&P500 ha riportato i propri risultati trimestrali economici fino ad oggi. Di queste aziende, il 69% ha riportato un utile per azione effettivo superiore alle stime, che è al di sotto della media a 5 anni pari al 77%. Cinque degli 11 settori registrano una crescita degli utili anno su anno, guidati dai settori Utilities, Technology e Health Care. Mentre dei sette settori che hanno registrato un calo degli utili anno su anno, i peggiori sono i settori dei servizi di comunicazione e finanziari.

In termini di ricavi, il 63% delle società S&P500 ha riportato ricavi effettivi superiori alle stime, che è inferiore alla media a 5 anni pari al 69%. Sette degli 11 settori registrano una crescita anno su anno dei ricavi, guidati dai settori delle Utilities, dei beni di consumo voluttuari e della tecnologia. Dei quattro settori che hanno registrando un calo dei ricavi anno su anno, i peggiori sono i settori delle comunicazioni e dei materiali industriali.

Per quanto riguarda le previsioni, gli analisti prevedono un calo degli utili per la prima metà del 2023, ma una crescita degli utili per la seconda metà del 2023. Per il primo trimestre del 2023 e il secondo trimestre del 2023, gli analisti prevedono un calo degli utili rispettivamente del -5,1% e del -3,3%. Per il terzo trimestre del 2023 e il quarto trimestre del 2023, gli analisti prevedono una crescita degli utili rispettivamente del 3,4% e del 10,1%. Per tutto l’anno 2023, gli analisti prevedono una crescita degli utili del 2,5%. Durante la prossima settimana, 61 società dell’indice S&P500 (incluse due componenti del Dow Jones 30) dovrebbero riportare i risultati per il quarto trimestre.

Rendimenti in rialzo, dollaro in recupero completano il quadro mentre le commodity vengono supportate da petrolio, gas e agricole, mentre i metalli industriali continuano ad affondare, incuranti della presunta domanda cinese in arrivo.

A livello di mercato monetario notiamo come il Dollar Index si sia riportato a quota 103,5 ed il movimento in calo dei bond e al rialzo dei tassi, è partito dopo un’asta di Treasury a 30y che ha trovato non molta domanda. Nel frattempo, la retorica della FED unita agli ultimi dati macro forti, ha spinto l’inversione della curva USA sul tratto 2-10y ai massimi storici a 87 bps per poi chiudere la settimana con uno spread di 82,2 bps.

Difficile dire qualcosa di nuovo su questo fenomeno dell'inversione delle curve. Sta di fatto che al nuovo record USA non corrisponde un ulteriore calo delle aspettative di inflazione di mercato, che sono leggermente salite di recente. E' più l'effetto della retorica FED che preme sulle parte brevi, mentre le parti lunghe restano ostaggio di aspettative di crescita e inflazione in calo.

Questa situazione ha prodotto delle scommesse, da parte dei trader, che il rialzo dei tassi andrà al 6%. Vediamo come.

Un cambiamento nel sentiment sulla politica della Federal Reserve sta emergendo nelle opzioni sui tassi di interesse, dove nel corso della scorsa settimana sono emerse diverse grandi scommesse sul tasso di riferimento della banca centrale che dovrebbe raggiunge il 6%, quasi un punto percentuale in più rispetto all'attuale consenso.

Il pensiero dei trader va contro quello che è stato un articolo di fede negli ultimi due mesi e cioè che la FED, dopo aver alzato i tassi otto volte nell'ultimo anno, è vicina alla fine del suo ciclo di inasprimento ed anzi, con i tassi già abbastanza alti da causare una recessione che richiederà alla banca centrale di invertire la rotta quest'anno.

Ma i forti dati sull'occupazione di gennaio pubblicati due venerdì fa hanno messo in discussione questa tesi e i commenti dei funzionari della FED questa settimana l'hanno erosa ulteriormente. Ora sembra che una pausa, dopo solo uno o due altri aumenti dei tassi, non sia un atto conclusivo.

Martedì scorso, un trader ha accumulato un'ampia posizione in opzioni che gli consentirebbe di guadagnare 135 milioni di dollari se la banca centrale continuasse a inasprire fino a settembre. L'acquisto della stessa struttura è proseguito nella giornata di mercoledì, insieme a scommesse simili espresse in modi diversi.

I dati preliminari sugli interessi aperti del Chicago Mercantile Exchange hanno confermato la scommessa di 18 milioni $ piazzata martedì scorso nelle opzioni Secured Overnight Financing Rate (SOFR) che scadranno a settembre, puntando a un tasso di riferimento del 6%. È quasi un intero punto percentuale in più rispetto al livello del 5,1% che attualmente viene prezzato negli swap su tassi di interesse per quella scadenza.

La chiusura della posizione è proseguita per tutta la sessione di martedì scorso, anche se è aumentata notevolmente nel pomeriggio tramite operazioni in blocco dopo che il Presidente della FED, Jerome Powell, ha suggerito che gli ultimi dati mensili sui posti di lavoro potrebbero richiedere un inasprimento maggiore di quanto previsto in precedenza. L’operazione andrebbe in pareggio a un tasso ufficiale intorno al 5,6% e guadagnerebbe 60 milioni $ se la FED lo aumentasse al 5,8%, secondo i calcoli degli analisti.

È l'ultima di una serie di grandi scommesse che non mostrano segni di cedimento anche se la FED ha rallentato un ciclo di inasprimento che è stato il più veloce dall'inizio degli anni '80. Il mese scorso, le scommesse su opzioni SOFR hanno fatto la storia del CME Group, registrando i maggiori afflussi mai registrati in qualsiasi prodotto scambiato in borsa, scommesse su forti tagli dei tassi nella seconda metà del 2023. Quello che è successo la scorsa settimana segna una brusca inversione di tendenza rispetto al grande tema del mercato fino a prima che venissero pubblicati i forti dati sull'occupazione.

Gli swap su indici overnight sono ancora prezzati per un allentamento entro la fine dell'anno. Al momento, mostrano che il benchmark della FED ha raggiunto un picco intorno al 5,17% a luglio e 5,19% per agosto, prima di chiudere il 2023 a ridosso del 5%.

Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Senza l’uscita di dati macro importanti, la forte ascesa dell’indice tech viene frenata da una retorica ritornata aggressiva da parte dei membri della FED (ma non da Powell) che hanno causato una salita dei tassi e dalle prese di beneficio dopo il rally di gennaio. Beninteso nulla di grave, ma approcciare l’area 13000 e consolidare sopra avrebbe consentito, finalmente, di andare all’attacco dei massimi di onda 4 in area 13650/13700. Peccato, dovremo attendere ancora un po' per un altro giro rialzista, a meno che i dati sull’inflazione USA di martedì prossimo non riservino delle sorprese in negativo (per l’inflazione). Nel frattempo il supporto in area 12500 è stato infranto con estensione del ribasso fino a 12200 con chiusura del gap del 2 febbraio e ad un passo dall’importante supporto in area 12100 coincidente con la M.M. esponenziale a 200 periodi (linea gialla). L’ipercomprato è stato completamente smaltito, pertanto è importante non rompere al ribasso tale supporto e consolidare sopra di esso. Il conteggio delle onde rimane sempre per una fase correttiva o di congestione in a-b-c, alle quali aggiungere le onde d-e nel caso la fase di incertezza dovesse continuare, mentre passeremo senz’altro ad un conteggio in 5 onde appena i prezzi supereranno al rialzo il massimo relativo di onda 4 del 16 agosto scorso. Vedremo. La settimana si è chiusa a 12304.92 con una perdita del – 2,13% che porta ad un guadagno da inizio anno del + 12,48%.

Continua anche per l’indice S&P500 la fase consolidativa sopra l’importante area di supporto dei 4000 punti ed il massimo relativo di periodo a 4200. La chiusura di settimana appena sopra l’area 4100 fa sperare che i minimi possano tenere molto bene ed in caso di dati inflattivi al ribasso si possa riprendere il rimbalzo fino a superare l’area 4200 con proiezione a testare i massimi relativi di onda 4 dell’agosto scorso. In caso di rottura di codesti massimi provvederemo a modificare l’attuale conteggio delle onde che da, “a-b-c” passerebbero al conteggio in 5 onde. Anche su questo indice la fase di ipercomprato è stata completamente smaltita e gli acquisti potrebbero riprendere. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 4090.45 con una perdita del - 2,35% che porta ad un guadagno da inizio anno del + 6,30%.

Altra settimana con un nulla di fatto per l’indice DOW JONES che perde un’inezia rispetto agli altri due indici maggiori recuperando, parzialmente, il gap di performance da inizio anno. A livello grafico continua la lateralizzazione tra l’importante area di supporto dei 33000 punti e la resistenza in area 34500 con un ulteriore restringimento dei prezzi, nelle ultime due settimane, tra i 33500 ed i 34300 punti. Nulla osta che una fuoriuscita da questi valori possa provocare un’accelerazione in un senso o nell’altro. Anche il livello di RSI indica neutralità. Stesso discorso per il conteggio delle onde che rimane in ABC mancando il momentum per un movimento impulsivo. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 33869.27 con una perdita del – 0,17% e che porta a segnare un guadagno da inizio anno del + 2,18%.

ORO INDEX 

L'oro è alla terza settimana consecutiva di perdite dopo il rally di gennaio, che ha visto il miglior inizio d'anno in oltre un decennio. E ora tutti gli occhi si spostano sul rapporto sull'inflazione statunitense di domani ma senza trascurare i dati sulle vendite al dettaglio di venerdì, con gli analisti che affermano che potrebbero essere i due prossimi catalizzatori per il metallo prezioso. Il sentiment rialzista dell'Oro ha iniziato a cambiare dopo che un forte rapporto sull'occupazione negli Stati Uniti la scorsa settimana ha mostrato la sorpresa per aumenti di 517.000 posti di lavoro a gennaio e questo dato è stato seguito dalle dichiarazioni del Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che se da un lato ha ribadito che il “processo di disinflazione” è iniziato, dall’altro ha anche confermato le preoccupazioni dei mercati secondo cui se l'economia statunitense continua a sorprendere al rialzo e che la banca centrale sarebbe costretta ad alzare i tassi più del previsto. E’ ovvio che con un dollaro al rialzo e lo stesso dicasi per i rendimenti dei Bond, l’appeal per l’Oro perde consistenza.

In un primo momento, il World Gold Council aveva riferito che l'acquisto di Oro da parte delle Banche Centrali nel 2022 era stato il secondo più alto mai registrato. Ma con un report del 7 febbraio scorso, gli analisti hanno modificato la loro ricerca, affermando che la domanda delle Banche Centrali nel 2022 ha raggiunto il massimo storico acquistando 1.136 tonnellate, segnando anche un aumento di oltre il 150% rispetto allo scorso anno. Il report Gold Demand Trends del WGC del quarto trimestre 2022 ha rivelato che le Banche Centrali hanno acquistato altre 417 tonnellate di Oro, dopo il massiccio acquisto di 445 tonnellate del terzo trimestre. Nel report si legge che: "l'incertezza geopolitica e l'elevata inflazione sono state evidenziate come ragioni chiave per detenere Oro. Le Banche Centrali stanno prestando attenzione all'Oro a causa delle sue valutazioni durante i periodi di crisi e del suo ruolo di riserva di valore a lungo termine. Non sorprende quindi che in un anno segnato dall'incertezza geopolitica e dall'inflazione dilagante, le Banche Centrali abbiano deciso di continuare ad aggiungere Oro alle loro casse e ad un ritmo accelerato. La maggior parte delle 1.136 tonnellate totali è stata ancora una volta "non dichiarata", afferma il report. "Riprendendo il terzo trimestre, i dati per l'ultimo trimestre dell'anno erano ancora una volta una combinazione di acquisti segnalati e una stima sostanziale per acquisti non dichiarati". Anche l'ultima volta che le Banche Centrali hanno acquistato così tanto Oro, il valore del dollaro USA era ancora sostenuto.

La Banca Centrale della Turchia ha acquistato la maggior parte dell'Oro nel 2022 mentre cercava protezione contro l'inflazione incontrollata. Le riserve auree ufficiali della Turchia sono aumentate di 148 tonnellate a 542 tonnellate, segnando il livello più alto mai registrato. La People's Bank of China (PBoC) ha ripreso l'acquisto di Oro per la prima volta dal 2019 aggiungendo 62 tonnellate a novembre e dicembre e aumentando per la prima volta le sue riserve auree totali a oltre 2.000 tonnellate. Anche i paesi del Medio Oriente hanno intensificato gli acquisti, con l'Egitto che ha acquistato 47 tonnellate, il Qatar 35 tonnellate, l'Iraq 34 tonnellate, gli Emirati Arabi Uniti 25 tonnellate e l'Oman 2 tonnellate. In Asia centrale, l'Uzbekistan ha aggiunto 34 tonnellate alle sue riserve auree nel 2022, seguito dalla Repubblica del Kirghizistan con sei tonnellate e dal Tagikistan con quattro tonnellate. L'India ha acquistato 33 tonnellate nel 2022, il 57% in meno rispetto all'anno precedente. "L'intervento nel mercato valutario per sostenere la rupia durante l'anno ha causato un calo delle riserve valutarie di 70 miliardi di dollari USA, che potrebbe aver influito sull'acquisto di Oro della Banca Centrale. Le sue riserve auree ora ammontano a 787 tonnellate (8% delle riserve totali). Tra le banche centrali dei mercati sviluppati, l'Irlanda è stata l'unica ad aver acquistato Oro nel 2022, aggiungendo tre tonnellate alle sue riserve nel primo trimestre.

Nonostante il forte interesse per l'Oro, ci sono state alcune vendite. Il Kazakistan è stato il maggior venditore, riducendo le sue riserve auree di 51 tonnellate. La Germania ha venduto quattro tonnellate a causa del suo programma di conio in corso. Lo Sri Lanka ha ridotto le sue proprietà di tre tonnellate, seguito da Polonia, Filippine e Mongolia, che hanno venduto due tonnellate ciascuna. Altri venditori di almeno una tonnellata sono stati Bosnia-Erzegovina, Cambogia e Bhutan. La Russia ha annunciato che avrebbe ripreso i suoi acquisti di Oro dai produttori nazionali l'anno scorso. Ma non è stato fornito alcun aggiornamento poiché la banca centrale ha venduto tre tonnellate di oro nel gennaio del 2022.

Secondo il report del WGC, le prospettive per il 2023 sarebbero difficili da eguagliare rispetto alla domanda dello scorso anno, data la dimensione storica degli acquisti. È probabile che un rallentamento della crescita delle riserve totali metta sotto pressione alcune Banche Centrali, riducendo la loro capacità di allocare l’Oro, ritenendo quindi probabile che gli acquisti nel 2023 saranno più moderati. Infine fa notare che la segnalazione ritardata da parte di alcune Banche Centrali significa che bisogna applicare un alto grado di incertezza alle aspettative, prevalentemente al rialzo".

Anche se in chiusura di settimana scorsa il prezzo dell’Oro ha perso qualcosina rispetto a due venerdì fa, il baricentro settimanale dei prezzi è stato il supporto in area 1880/1875 $/oz. Molto importante evitare un test sul forte supporto in area 1845 $/oz. dove, a livello daily, staziona anche la M.M. a 50 periodi, in ogni caso da non superare al ribasso. Viceversa riuscire a riportarsi sopra l’area psicologica dei 1900 $/oz. dovrebbe essere alla portata, prima di andare a sfidare nuovamente i ribassisti in area 1915/20 $/oz.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, difficile commentare la continua la discesa libera del Platino che da inizio anno ogni settimana rompe al ribasso un supporto importante, se non con il recupero del valore del Dollaro. Siamo passati dal supporto in area 1050 $/oz. per poi approdare ai minimi di novembre e dicembre 2022 a 975 $/oz. coincidente con la M.M. a 200 periodi esponenziale, anch’essa rotta nel corso della settimana scorsa, per approdare e chiudere le contrattazioni settimanali in area 950 $/oz. coincidente con la M.M. semplice a 200 periodi. Visto il livello di RSI non ancora in zona di ipervenduto, nulla osta che i prezzi possano raggiungere l’area dei 925/920 $/oz, prima di un rimbalzo.

Per quanto riguarda le quotazioni dell’Argento, sicuramente meglio del Platino in quanto il metallo prezioso è riuscito a frenare la discesa grazie al test del supporto in area 22 $/oz, coincidente con la M.M. esponenziale a 200 periodi che ha assorbito le vendite. Anche se la zona di ipervenduto non è stata raggiunta (per poco) non vediamo motivi validi affinché i prezzi debbano rompere al ribasso tale valido supporto che proietterebbe i valori sul supporto in area 21 $/oz. Viceversa, recuperare il prima possibile l’area della precedente congestione tra i 23,20 ed i 24,30 $/oz. ma sarà dura senza aiuti esterni.

La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1874.50 $/oz., in perdita del – 0,11% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno da inizio anno del + 2,64%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1864.21 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES APRILE 2023:

GUERRA RUSSIA - UCRAINA (EUROPA)

La scorsa settimana il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato impegnato nel suo secondo viaggio all’estero da quando è iniziata la guerra. Si è recato in visita in Inghilterra e nell’occasione ha esortato Londra ad inviare a Kiev aerei da combattimento. La Gran Bretagna al momento sta studiando quali jet potrebbe inviare e sta discutendo con gli alleati le esigenze della catena di approvvigionamento attorno ai velivoli, tuttavia per Londra si tratta di un’azione a lungo termine, che deve passare dall’avere a disposizione piloti in grado di utilizzare i mezzi forniti. Il portavoce del primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, ha detto che il segretario alla difesa esaminerà quali jet Londra potrebbe essere in grado di fornire, ma ha specificato che si tratta di una soluzione a lungo termine “piuttosto che una capacità a breve termine, che è ciò di cui l’Ucraina ha più bisogno ora”. Mercoledì l’agenzia di stampa russa TASS ha riportato la reazione dell’ambasciata russa nel Regno Unito, la quale ha detto che l’invio di aerei da combattimento porterebbe a conseguenze politico-militari per il mondo intero: “La Russia troverà i mezzi adeguati per rispondere a qualsiasi iniziativa ostile intrapresa da parte britannica”.

Dopo il viaggio nel Regno Unito, nello stesso giorno, Zelensky si è recato a Parigi per incontrare l’omologo francese Emmanuel Macron ed il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il Presidente ucraino ha detto: “Francia e Germania hanno il potenziale per cambiare le carte in tavola ed è così che vedo i nostri colloqui di oggi. Prima riceviamo armi pesanti a lungo raggio ed i nostri piloti ricevono aerei moderni, più rapidamente questa aggressione russa finirà”.

Giovedì scorso poi è stata la volta di Bruxelles. Durante una conferenza stampa il Presidente ucraino ha detto che diversi leader europei sono pronti a fornire all’Ucraina aerei. Zelensky ha chiesto all’Unione europea di limitare le esportazioni di tecnologia verso la Russia per ridurre le sue capacità di produzione di missili. Per quanto riguarda la questione dell’entrata dell’Ucraina nell’Unione europea, la Commissione in ottobre dirà se Kiev soddisfa i criteri per avviare i colloqui di adesione.

Rientrato dal suo viaggio Zelensky, che non ha ricevuto promesse pubbliche in merito agli aerei da combattimento, ha detto: “Londra, Parigi, Bruxelles, ovunque ho parlato in questi ultimi giorni di come rafforzare i nostri soldati. Ci sono intese molto importanti ed abbiamo ricevuto buoni segnali”. “Questo riguarda i missili a lungo raggio e i carri armati e il livello successivo della nostra cooperazione, aerei da combattimento”.

Sabato scorso Stati Uniti ed Ucraina hanno riferito che il segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin e il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov hanno avuto un colloquio telefonico. In una nota del Pentagono viene riportato che i due hanno parlato delle priorità per il prossimo Ukraine Defense Contact Group (UDCG) che si riunirà martedì, domani, a Bruxelles. Si è parlato anche dell’importanza di inviare il più rapidamente possibile le capacità promesse al meeting dello scorso mese dell’UDCG.

Infine, nella giornata di venerdì, la Casa Bianca ha fatto sapere che in occasione dell’anniversario dall’inizio della guerra, il Presidente Joe Biden dal 20 al 22 febbraio sarà in Polonia. John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, ha detto: “Il Presidente dirà molto chiaramente che gli Stati Uniti continueranno a stare con l’Ucraina per tutto il tempo necessario”. La Casa Bianca ha fatto sapere anche che il Presidente statunitense incontrerà il suo omologo polacco Andrzej Duda e gli alleati dell’Europa orientale e parlerà di Ucraina.

POLITICA USA

La settimana politica statunitense è stata aperta dal discorso sullo stato dell’Unione da parte del Presidente Joe Biden, intervenuto martedì scorso davanti al Congresso riunito. Ancora una volta l’inquilino della Casa Bianca si è impegnato a collaborare con i repubblicani, che in seguito alle elezioni di metà mandato hanno ottenuto la maggioranza alla Camera. Rivolgendosi ai membri del GOP (Grand Old Party, ovvero il Partito Repubblicano), Biden ha detto: “Se siamo riusciti a collaborare nell’ultimo Congresso, non c’è ragione per la quale non possiamo lavorare insieme e trovare intesa su cose importanti anche in questo Congresso”. Il discorso ha toccato anche il ‘nodo’ dell’innalzamento del tetto del debito, tema sul quale la Casa Bianca ha detto che Biden non negozierà, mentre i repubblicani chiedono tagli di spesa. Biden ha detto che alcuni repubblicani “vogliono prendere in ostaggio” l’economia chiedendo l’approvazione dei loro piani economici: “Tutti voi a casa dovreste sapere quali sono questi piani. Invece che far pagare ai ricchi la loro giusta quota, alcuni repubblicani vogliono che Medicare e Social Security tramontino”. Affermazione contestata dai repubblicani; lo speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy, in precedenza aveva detto che non avrebbe considerato tagli ai due programmi. Il Presidente ha poi raccolto l’applauso di tutta l’aula: “Quindi, gente, a quanto pare siamo tutti d’accordo, Social Security e Medicare sono fuori dai libri ora. Giusto? Bene. Abbiamo l’unanimità”. “Mi piace la conversione”.

La replica repubblicana al discorso sullo stato dell’Unione di Biden è stata affidata alla governatrice dell’Arkansas Sarah Huckabee Sanders: “Nell’America della sinistra radicale, Washington ti tassa e dà fuoco ai tuoi soldi duramente guadagnati. Ma vieni schiacciato da prezzi del carburante alti, scaffali vuoti nei negozi alimentari e ai nostri figli viene insegnato ad odiarsi a causa della loro razza”. “L’amministrazione Biden sembra più interessata alle fantasie risvegliate che alla dura realtà che gli americani affrontano ogni giorno”.

Il Presidente Joe Biden giovedì scorso in Florida ha esposto alcuni risultati in campo sanitario e si è rivolto ai repubblicani: “So che per molti repubblicani il sogno è tagliare Social Security e Medicare. Lasciatemi dire ciò: se questo è il vostro sogno, io sono il vostro incubo”. Sabato poi ad una cena alla Casa Bianca, alla quale hanno partecipato la vicepresidente Kamala Harris e 31 governatori, il Presidente statunitense è tornato a chiedere collaborazione tra democratici e repubblicani, citando l’approvazione delle leggi sulle infrastrutture e sulla produzione interna di semiconduttori come una prova del progresso bipartisan. Biden ha detto che anche se repubblicani e dem non sono sempre d’accordo, quando lavorano insieme fa la differenza.

Sul tema dell’innalzamento del tetto del debito ieri, domenica, è intervenuto anche il repubblicano James Comer, presidente della commissione vigilanza della Camera, che ha sottolineato che i programmi Social Security e Medicare non saranno presi in considerazione parlando di tagli. Sempre per quanto riguarda i tagli, Comer però ha detto che “tutto il resto è sul tavolo”.

POLITICA DELLA FED

L’inflazione sta iniziando a scendere, ma la strada è lunga. Il Presidente della FED, Jerome Powell, ha espresso il suo pensiero martedì scorso sottolineando come in particolare il processo disinflazionistico sia cominciato nel settore dei beni. Il numero uno della banca centrale ha anche spiegato il ruolo centrale dei dati nelle misure da intraprendere, lasciando aperta la porta a rialzi dei tassi superiori a quanto si attende: “La realtà è che reagiremo ai dati”. “Quindi se, per esempio, continuiamo ad avere rapporti forti sul mercato del lavoro o rapporti sull’inflazione più elevati, è possibile che dobbiamo fare di più e alzare i tassi più di quanto previsto”. Powell ha detto che sarà necessario non solo quest’anno, ma anche il prossimo per avvicinarsi a quel 2% di inflazione che la banca centrale statunitense ha fissato come proprio obiettivo. Secondo il numero uno della FED il processo di discesa dell’inflazione richiederà tempo: “Probabilmente sarà accidentato e pensiamo che avremo bisogno di adottare ulteriori rialzi dei tassi, come abbiamo detto, e pensiamo che avremo bisogno di mantenere la politica ad un livello restrittivo per un periodo di tempo”.

A fronte di dati di gennaio del mercato del lavoro più forti di quanto atteso, lunedì scorso il presidente della FED di Atlanta, Raphael Bostic, ha spiegato come la banca centrale potrebbe dover alzare i tassi di interesse più di quanto da lui previsto. Bostic in precedenza aveva identificato la fascia 5%-5,25% come range da raggiungere con il tasso di riferimento per avere una politica sufficientemente restrittiva per abbassare l’inflazione fino al target del 2%.

Anche per il presidente della FED di Minneapolis, Neel Kashkari, la crescita dei posti di lavoro di gennaio (nel mese di gennaio sono stati creati 517 mila posti di lavoro non agricoli, decisamente oltre il consensus di 185 mila) indica la necessità di ulteriore lavoro da parte della banca centrale nella lotta all’inflazione. Kashkari martedì ha detto: “Dobbiamo aumentare i tassi aggressivamente per mettere un tetto all’inflazione, poi lasciare che la politica monetaria abbia effetto nell’economia”. Per Kashkari al momento non si vedono ancora molto gli effetti della politica restrittiva sui dati del mercato del lavoro: “Non ho ancora visto nulla che possa abbassare il mio percorso sui tassi, ma ovviamente tengo gli occhi aperti e vedremo come arriveranno i dati”. Secondo Kashkari il tasso sui fed funds deve essere alzato fino al 5,4%, punto di vista che lo rende più aggressivo rispetto ai suoi colleghi decisori politici.

Mercoledì scorso il presidente della FED di New York, John Williams, ha detto che serve ancora un po’ di lavoro da parte della banca centrale per portare i tassi di interesse “nel posto giusto” e che è necessaria “una posizione sufficientemente restrittiva” dei tassi, poi da mantenere per alcuni anni per assicurarsi di portare l’inflazione al 2%. Williams valuta i rialzi da 0,25 punti come “la misura giusta per regolare la politica” considerando che per vedere gli effetti economici completi degli aumenti dei tassi ci vorrà tempo.

Il membro del consiglio direttivo della FED, Christopher Waller, mercoledì scorso ha notato che ci sono segni che indicano che prezzi di cibo, energia e alloggi si ridurranno quest’anno, tuttavia non vede segnali di un rapido calo nei dati economici ed ha detto di essere pronto “per una lotta più lunga”. Waller ha detto che i 517 mila posti di lavoro non agricoli creati nel mese di gennaio hanno mostrato una buona tenuta dell’economia, ma anche che “pure il reddito da lavoro sarà robusto e sosterrà la spesa dei consumatori, il che potrebbe mantenere una pressione al rialzo sull’inflazione nei prossimi mesi”. Mentre per quanto riguarda la crescita salariale, Waller ha detto che anche se c’è stato un rallentamento, il calo “non è stato sufficiente”. “La FED dovrà mantenere una posizione restrittiva della politica monetaria per un po’ di tempo”.

Patrick Harker, presidente della FED di Filadelfia, venerdì scorso ha affermato che si stanno iniziando a vedere i primi segnali di un calo dell’inflazione e che si può andare ad un ritmo di rialzi dei tassi da 25 punti base e tenere l’inflazione sotto controllo senza provocare un danno eccessivo al mercato del lavoro. Inoltre, il presidente della FED di Filadelfia ha detto che avrebbe comunque scelto un rialzo di 25 punti, come quello per l’appunto deciso all’ultima riunione del FOMC, anche se avesse visto il rapporto sul lavoro prima del meeting. Secondo Harker il tasso di riferimento della banca centrale statunitense salirà qualche punto sopra il 5%, per poi restarci per un po’. Per Harker nel 2024 si potrebbe iniziare a vedere un movimento verso il basso nel tasso sui federal funds. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, Harker ha detto di aspettarsi che raggiunga il 4,5% per via della politica della FED, prima di calare; un aumento di questo tipo, sempre secondo Harker, non raggiungerebbe il livello di un aumento recessivo.

DATI MACROECONOMICI

La bilancia commerciale USA (la differenza in valore tra beni e servizi importati ed esportati) a dicembre si attesta a -67,4 miliardi di dollari dopo una rilevazione di -61,0 miliardi di dollari a novembre (rivista da -61,5 miliardi) e contro un consensus fissato a -68,5 miliardi di dollari. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.

Al rialzo le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione ma sempre inferiori alle 200.000 unità. Nella settimana terminata il 4 febbraio sono state 196 mila, anche oltre al consensus di 190 mila. Nella settimana precedente si erano fermate a 183 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Il dato preliminare di febbraio dell’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è pari a 66,4 punti, dato più alto da gennaio 2022 e superiore alle attese che indicavano una crescita dai 64,9 punti di gennaio a 65,0 punti.

PORTAFOGLI AZIONARI

Anche nella settimana appena trascorsa continuano le soddisfazioni operative sui nostri Portafogli azionari. possiamo affermare che questo 2023 è iniziato con un passo decisamente buono. Sul Portafoglio Storico, con la nuova strategia siamo andati a target su ben 3 titoli dei quali uno sul mercato del Nasdaq che vista la perdita settimanale non ci ha certo dato una mano. Quindi iniziamo proprio da questo titolo, O’REILLY AUTOMOTIVE, che ci ha regalato un guadagno del + 6,80% nel giro di soli 10 giorni settimane. Passiamo ora al gigante petrolchimico tedesco LINDE PLC che ci ha permesso di portare a casa un altro 7,0% nel giro di meno di un mese di contrattazioni. Infine un altro gigante petrolchimico questa volta francese, TOTALENERGIES, che nel giro di appena 4 giorni ci ha permesso di guadagnare un più che ottimo 6,30% in rapporto al limitato arco temporale dell’investimento. Per quanto riguarda gli altri titoli in Portafoglio, BOOM del titolo del settore medicale ASTRAZENECA che grazie alla buona trimestrale economica pubblicata, recupera tutte le perdite e chiude la settimana con un ottimo + 3,77%. Bene anche la società farmaceutica MERCK che si avvicina sempre più al nostro livello di target, mentre rimane sempre in sofferenza il titolo biotecnologico AMGEN, a sua volta penalizzato dalla trimestrale economica non in linea con le attese, ma che vediamo avere una piccola reazione, sperando che duri. Oggi altri 5 acquisti di cui uno su un titolo francese e 4 sul Nasdaq100.

Nessun target raggiunto in settimana scorsa sul Portafoglio “The Challenge” ma speriamo che a breve si riesca ad avere soddisfazioni dal titolo ASML (arrivato a soli 20 tick dal target) e CAMPARI, mentre abbiamo aggiornato il livello di target su altri titoli ed ETF/ETC accontentandoci di vendere in pareggio e portare a casa un po' di liquidità da investire su titoli che possano dare soddisfazioni nel medio-lungo termine ma che nel frattempo ci offrano dei buoni dividendi. Infine su qualche titolo divenuto “cancro”, lo venderemo al meglio ma in perdita. E’ la dura legge della Borsa.  

Alla prossima.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA. QUESTA SETTIMANA SIAMO COSTRETTI A SALTARE L’AGGIORNAMENTO DELLA RUBRICA CHE PUBBLICHEREMO CON IL REPORT DELLA PROSSIMA SETTIMANA.

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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (13/02/2023)
ELECTRONIC ARTS (US2855121099) - Buy Limit a 112.79 $.

MODERNA (US60770K1079) - Buy Limit a 169.58 $.

PACCAR (US6937181088) - Buy Limit a 73.17 $.

VERISK ANALYTICS (US92345Y1064) - Buy Limit A 177.01 $.

Pagina a cura di SANDRO MANCINI.

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