Quadro di sintesi


Con l’atteso aumento dei tassi USA, e con la prospettiva dei prossimi, già di fatto dichiarati dalla Yellen, cerchiamo di capire cosa aspettarci in prospettiva sui mercati obbligazionari, sia USA sia EUR. Inoltre analizziamo rapidamente alcune novità, cercando di renderle fruibili sul piano operativo.

Come noto, la FED ha alzato il costo del denaro di 25 bps, perfettamente in linea con le attese del mercato, e ora l’aspettativa è che i tassi possano aumentare di altri 50 bps nel corso di quest’anno, come per altro già spudoratamente dichiarato dalla Yellen. Analizzando i dati storici della relazione tra ciclo di rialzo dei tassi e andamento della curva dei rendimenti possiamo tentare di stimare cosa aspettarci per i prossimi mesi.

Storicamente negli ultimi cinque casi simili – a partire dal 1987 – nei quali la FED si è trovata al terzo rialzo del ciclo restrittivo, la curva americana (intesa come differenziale tra il tasso a 10 anni e il tasso a 2 anni, cioè per intenderci il classico 10-2 Yr) ha registrato un rendimento a breve salito in misura maggiore rispetto a quello a lungo termine. In particolare, i dati e le medie storiche evidenziano che il 2 Yr, in media, tende ad aumentare di 100/125 bps, mentre il 10 Yr tende ad aumentare solo fra i 25/50 bps.

Tradotto operativamente, questo significa che nei prossimi mesi dovremmo riscontrare maggiore volatilità e maggiori correzioni di prezzo in misura più accentuata sul tratto a breve piuttosto che sul tratto a lunga, sempre riferendoci alla curva USA. Cioè, se la statistica rimane dalla nostra parte, sarebbe sensato entrare sul tratto a breve della curva approfittando delle correzioni dei prezzi. Il che non significa automaticamente che sia già giunto il momento di riposizionarsi sulle scadenze a lungo, poiché un conto è il differenziale 10-2 Yr un conto sono i rendimenti impliciti della struttura a termine dei tassi.

Ad ogni buon conto, anche le evidenze statistiche delle serie storiche confermano la bontà della strategia, impostata già diversi mesi fa, di accorciare progressivamente la duration dei portafogli obbligazionari e prediligere la parte a breve. Ora, come elemento in più per un “buon” timing, possiamo valutare di incrementare la parte a breve duration sulle correzioni di prezzo, e quindi sul rialzo dei rendimenti. Che poi, a ben guardare, è quello che si dovrebbe sempre fare per gestire in modo efficiente un portafoglio in bond in base alle dinamiche delle politiche economiche delle Banche Centrali.

Sul mercato europeo la BCE mantiene ancora un approccio espansivo – al netto delle ultime dichiarazioni di Draghi e del tapering implicito – con il QE che proseguirà almeno sino al termine dell’anno in corso. Teniamo inoltre conto che i nostri Forward ci indicano che eventuali aumenti dei tassi i UE non sono previsti se non a partire dalla seconda metà del 2018. Poi come sappiamo le curve cambiano in un battito d’ali, ma al momento le indicazioni sono queste.

Tutto questo ovviamente incide sull’andamento della curva (ZC Yield Curve) poiché tra aspettative di rialzo dei tassi in là da venire e scarsità dei titoli eligibili per il QE, la BCE ha concentrato il suo fuoco (leggasi acquisti…) sui bond a breve, cosa che – come abbiamo visto nelle ultime rilevazioni – ha causato un evidente irripidimento della curva. Questo ovviamente crea un disallineamento tendenziale tra la curva USA e quella UE, con quest’ultima meno appetibile sulla parte a breve e con rischi troppo grossi sulla parte a lunga. Ed ecco che anche in questo caso, la strategia di abbandonare l’area Euro ed inserire in portafoglio bond a breve (HY) in USD e in altre valute, trova riscontro nella dinamica dei mercati.

E a proposito di valute, da tempo ho espresso parere negativo sulla Lira Turca (TRY), suggerendo di stare fuori dai bond di quella valuta. Ebbene, l’opinione non è cambiata, e ora Moody’s peggiora l’outlook sul rating della Turchia: l’agenzia, infatti, venerdì scorso ha portato da stabile a negativo l’outlook della Turchia, sottolineando che negli ultimi mesi i rischi per il profilo del credito di Ankara sono “aumentati significativamente”. Ricordo che Moody’s aveva già messo sotto revisione la Turchia per un possibile downgrade a luglio 2016, a seguito del del fallito golpe militare, per poi in settembre peggiorarne il rating portandolo a Ba1, primo livello non-investment grade (ovvero speculativo).

E così i bond governativi della Turchia arrivano a rendimenti sino al 6,5%. Attenzione però: un conto sono i bond espressi in TRY, un altro paio di maniche sono i bond governativi emessi in USD. E infatti, i bond turchi emessi in USD non hanno subito particolari scossoni, nonostante il “declassamento” di Moody’s. Per citarne alcuni, il bond Turchia 6% con scadenza 2027 (US900123CL22), rende il 5,62%; i bond Turchia con scadenza 2043 e 2045 arrivano in area 6,50% di rendimento. Questi ultimi poco interessanti, poiché con duration elevata e quindi troppo volatili.

Non disdicevoli invece alcune emissioni sul tratto breve della curva: il bond Turchia 7,50% con scadenza luglio 2017 (US900123BE97) rende l’1,39%; il biennale, con scadenza 2018 e cedola sempre al 7,50% (US900123BF62) offre un YTM del 3,79%. Stranamente, è ragionevole anche il bond in Euro, cedola 5,125% e scadenza maggio 2020 (XS0503454166), che offre un rendimento di poco superiore al 2,00%.

E i bond in TRY?
E’ presto per prendere posizioni direttamente sulla valuta, a mio modesto parere. Tecnicamente il trend è ancora nettamente favorevole all’Euro, anche se possiamo evidenziare ora un possibile livello di attenzione per valutare un’esposizione in TRY. Infatti, come si vede dal grafico, la rottura al rialzo di area 3,80 (e conseguente pullback) ci offre la possibilità di iniziare a ragionare su un ingresso sulla violazione di area 3,80 che potrebbe proiettare il cambio verso 3,50.

Alla rottura del supporto si aprono quindi scenari potenzialmente favorevoli alla valuta turca, che dovranno tuttavia essere corroborate da un miglioramento della situazione generale del Paese, e che al momento non sono né evidenti né scontate.

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