La partita della domenica: dollaro o criptovalute? Chi resterà in serie A


Attenzione: la domanda è decisiva per impostare gli investimenti di lungo periodo (per esempio con fondi, Etf o bond) e la risposta consente di ipotizzare già dei possibili scenari.

Cedole & dividendi

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Nelle ultime settimane abbiamo chiesto a vari gestori quali siano le previsioni di medio e lungo termine per il dollaro. Le risposte sono state molteplici.

Sul medio le aspettative si estendono da 1,35 contro euro per fine 2019 a 1,20/1,25 per l’intero arco dei prossimi due anni. La forchetta è ampia ma pur sempre definita.

Sul lungo (10 anni) le supposizioni sono quasi tutte pessimistiche, soprattutto per il timore che l’esplosione del debito Usa porti a un indebolimento strutturale della valuta. Ipotesi? C’è chi parla vagamente di oltre 1,30, chi di 1,50 e chi addirittura di 1,70. Ma si tratta di congetture basate – dobbiamo dirlo chiaramente – sull'indeterminato ed espresse durante i numerosi eventi di settore.

C’è nondimeno un elemento comune riscontrabile in varie argomentazioni: il dollaro si indebolirà perché le criptovalute lo sostituiranno nel ruolo privilegiato di moneta di scambio delle commodities.

Inevitabile porsi allora la domanda se in una prospettiva di lungo termine abbia senso acquistare fondi, Etf o bond espressi appunto in $. Nessuno oggi può dare una risposta, ma le valutazioni raccolte nei colloqui servono a ipotizzare possibili scenari.

Opinione 1

Gli Usa hanno potuto negli ultimi decenni indebitarsi gratuitamente, perché a pagare gli effetti era tutto il mondo, che vedeva le materie prime salire o scendere in rapporto alla forza del biglietto verde. Il debito statunitense è espresso appunto in dollari, che solo la Banca centrale di Washington può stampare. Questo punto di forza presto diventerà instabile.

Opinione 2

L’euro si sta rafforzando sul dollaro senza che ci siano reali motivi in tal senso: la Fed aumenta i tassi, Trump trasforma il Paese in una specie di paradiso fiscale e la tecnologia è quasi tutta targata Usa. Ciò dovrebbe spingere il biglietto verde e invece accade l’opposto. E’ un segnale da interpretare.

Opinione 3

Bitcoin e derivati diventeranno la valuta di Internet entro 10 anni o anche meno. E’ un mondo in evoluzione, che schiaccerà il dollaro, riducendone gli scambi e quindi il ruolo a livello mondiale.

Opinione 4

Il tentativo di alcuni Paesi – fra cui Russia e Cina – di creare un circuito bancario indipendente da Swift sta portando alla creazione in prospettiva di una criptovaluta dei Paesi emergenti, basata in parte sul sistema aureo, con cui effettuare gli scambi commerciali e soprattutto le transazioni di materie prime.

Opinione 5

Già oggi i pagamenti riferiti a compravendite con valute come Dash e Litecoin possono essere portati a termine in pochi secondi e con costi quasi azzerati. Perché utilizzare allora dollari e sistemi antiquati che comportano tempi lunghi e oneri elevati?

In realtà è in arrivo una novità che potrebbe davvero costituire il fattore di crisi per il dollaro. Si chiama “stable coin” e si riferisce a criptovalute poco volatili perché poco speculative, legate in qualche modo a un paniere di monete solide e imperniate su continui controlli dell’identità degli utilizzatori. C’è addirittura chi ipotizza di legarle agli indici Cpi (prezzi al consumo) per esempio dell’area dollaro o di quella euro. Le “stable coin” potrebbero diventare la spina dorsale di una diversificazione valutaria dagli effetti imprevedibili. Non si esclude infatti di creare dei sistemi garantiti addirittura con la copertura di derivati, allo scopo proprio di assicurare la massima protezione da fattori di instabilità dei corsi.

Una simile evoluzione comporterebbe (meglio dire comporterà?) un ruolo sempre più destrutturato per le monete tradizionali e soprattutto per il dollaro. Le “stable coin” oggi sono puri progetti, anche un po’ pasticciati, ma si è all’inizio di un percorso che potrebbe vedere entrare in scena le stesse Banche centrali. Si sa per esempio che la Fed è al lavoro in tal senso, mentre la Bce sarebbe in forte ritardo. Molto avanti Russia e altri Paesi emergenti.

Ipotizzare, malgrado tutto ciò, la scomparsa del biglietto verde non avrebbe senso ma supporre una parziale progressiva marginalizzazione lo ha, poiché perderebbe la funzione di valuta di riserva globale, portando gli investitori a vendere i Treasuries e a comprare magari dei “cripto bond” emessi dagli Stati. E’ pur vero che c’è chi vede all’opposto in questa trasformazione il motivo di un diverso ruolo del dollaro, che incrementerebbe la mansione criptomonetaria di base, equivalente alla funzione svolta per lungo tempo dall’oro.

La prospettiva quindi che a giocare in serie A vadano le nuove criptovalute è tutt’altro che irrealistica, portando a una conclusione di cui si comincia a parlare anche nel contesto finanziario. Le tappe evolutive potrebbero infatti strutturarsi su uno scadenziario per ora approssimato ma così ipotizzabile:

Da ora al 2020

Dollaro tendenzialmente volatile

Dal 2020 al 2025

Fase di progressivo indebolimento strutturale del $

Dopo il 2025

Crescita del ruolo delle “stable coin”, con il $ sempre più marginalizzato

“Stable coin”, per ora ce ne sono già quattro che si definiscono tali…

Tether

E’ agganciata alla parità 1:1 con il dollaro. C’è chi teme però che sia una mezza bufala

Dai

E’ attiva sulla stessa piattaforma utilizzata per Ethereum ed è strutturata per ridurre al minimo la volatilità sul dollaro

Havven

E’ stata creata per impostare un sistema di pagamenti basati su una criptovaluta legata alle fiat money, quelle a corso legale

Basecoin

Il token di base mira a evitare al prezzo eccessiva volatilità prendendo valore da altre risorse digitali

… ma i loro trend sul mercato sono incerti

Tether

Da inizio febbraio si muove di fatto senza fluttuazioni in parità sul dollaro

Dai

E’ ancora marginale ma molto stabile nel rapporto sul dollaro

Havven

Per il momento è trascurabile; presenta però una maggiore volatilità rispetto alle altre “stable coin”

Basecoin

E’ ancora in una fase di definizione, ma già c’è chi la critica. In realtà sta passando a un’altra denominazione

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