Draghi è isolato?


Incredibile ma vero, pare che a poche settimane dalla conclusione del suo mandato il nostro Mario Draghi sia stato messo all’angolo all’interno della BCE, sulla spinta di alcuni “falchi” nordici. Una parte importante l’ha sicuramente avuta la Germania, con le dimissioni del suo membro all’interno del board. Germania che è palesemente stanca di rendimenti negativi e aste deserte sulle nuove emissioni di carta governativa.

Germania che tuttavia dovrebbe piangere sé stessa e vergognarsi di aver creato l’Euro esclusivamente a suo uso e consumo, depredando – sì, depredando è il termine corretto – e saccheggiando gli altri Stati membri, soprattutto i c.d. “periferici” per rimettere ordine nelle proprie casse. Ce lo ha insegnato la Storia – con la “S” maiuscola – a suo tempo e ora il copione si ripete.

DI fatto, un documento contro Mario Draghi, firmato da sei ex dirigenti della BCE e pubblicato venerdì scorso, rischia di far esplodere le tensioni in merito ai tassi e al QE. Nel documento, viene espressa preoccupazione per la “crisi in corso della BCE” e si avanza il sospetto che le misure adottate servano perlopiù per “proteggere i governi altamente indebitati dal rischio di un rialzo dei tassi”. Una sconfessione in piena regola dell’era Draghi che viene così giudicata sostanzialmente “non indipendente” rispetto alla sfera politica.

Lecita quindi a questo punto la domanda: quali conseguenze avrà tale documento sulla vita interna all’istituto, a partire dai primi passi che dovrà muovere Christine Lagarde dal mese prossimo? E’ evidente, i tedeschi stanno provando a forzare la mano e siamo allo scontro – atavicamente storico – tra nord e sud dell’Europa, tra i c.d. “falchi” e le c.d. “colombe”. Se non che, a suo tempo gli stimoli di Draghi erano stati largamente condivisi sulla percezione di un rischio deflazione e di crisi dell’euro altrimenti inevitabili. Anche in questo caso bieco opportunismo da parte della Germania, cui auguriamo nel futuro più imminente possibile una recessione che la metta in ginocchio e le faccia abbassare la cresta di prepotenza con cui da anni vessa i Paesi “meno virtuosi” dell’eurozona.

Ragionando sui numeri va però ammesso che a distanza di quasi cinque anni dal varo del QE gli effetti sull’Eurozona si sono mostrati modesti in termini di crescita del PIL e di raggiungimento del target d’inflazione. Il problema è che quello in corso non pare essere un dibattito solo teorico: lo scontro, di fatto, è tra due linee di pensiero e cioè tra quanti ritengono che l’Euro sia uno spazio per soli Stati virtuosi e governi responsabili – dove però quando c’era da ingrossare le fila e ingrassare alcune tasche erano tutti bene accetti – e altri che si mostrano disposti ad andare incontro alle necessità di rifinanziamento dei debiti da parte degli Stati a costi quanto più bassi possibili per renderli sostenibili.

Si profila quindi all’orizzonte un potenziale conflitto interno alla BCE che potrebbe renderebbe vana – nella peggiore delle ipotesi – la “continuità intellettuale” della Lagarde rispetto a quanto operato da Draghi in questi ultimi otto anni. I tedeschi proveranno in tutti i modi ad evitare che il mandato della francese sia in continuità con quello attuale e l’unica cosa che potrebbe porre loro un freno è il rischio tutt’altro che trascurabile di una nuova crisi dell’Euro, stavolta senza ritorno, che nuocerebbe molto (e forse soprattutto…) a loro.

Tornando al nostro portafoglio, le tensioni interne alla BCE si fanno sentire in modo molto lieve, e osserviamo una lieve correzione rispetto alla settimana scorsa. Di fatto siamo sempre all’interno di una fase di consolidamento dopo l’exploit al rialzo delle settimane estive. Rimaniamo quindi nei pressi dell’ultimo massimo storico, registrato nella seconda metà di settembre.

Il nostro NAV infatti vale oggi, ai prezzi correnti di mercato, 117,18 contro i 117,28 di una settimana fa. Il progresso ad oggi incassato è quindi sostanzialmente stabile ed è sempre in area 6,00% da inizio anno e del 7,66% dai minimi di novembre 2018. La performance cumulata rimane stabile ben sopra area 8%, considerando che a febbraio del 2016 il NAV iniziale del portafoglio valeva 107,99 e che contro i 117,18 attuali porta ad un risultato complessivo dell’8,51%.

Portafoglio come di consueto aggiornato nell’apposita sezione.