Pro & contro – Gli uni: “Si avvicina il crash delle Borse”. Gli altri “Tutte balle. Non ci sarà alcun crash”


Confronto animato anche su questo fronte. Con consigli operativi per come muoversi a seconda se si è pessimisti o ottimisti. Entrambi concordano però su un punto: lo stock picking tornerà a essere decisivo in futuro.  

Hot markets

Il barometro indica ancora bel tempo ma alcuni meteorologi fanno previsioni pessimistiche per i prossimi mesi. Inutile dire che osservata speciale è Wall Street, da cui dipende tutto. Sentiamoli i due fronti, anche in questo caso confrontando le posizioni (volutamente sintetizzate e spersonalizzate) di chi vede ancora cieli azzurri e di chi invece avverte forte nuvolaglia in arrivo.

La voce dei pessimisti

La voce degli ottimisti

La prima linea di coloro che credono in una forte crisi dei mercati nel corso dei prossimi mesi aumenta non in numero ma in termini di convinzione delle proprie posizioni. Che interpretazioni danno?

Più i mercati crescono e maggiori sono le probabilità che un incidente ne aizzi una caduta: è un fenomeno statistico. Naturalmente ci sono dei fattori negativi che possono scatenarlo: per esempio una recrudescenza del Covid e soprattutto una svolta dell’economia, dovuta a diversi motivi.

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Quindi niente di certo. È solo un calcolo delle probabilità. Un giorno o l’altro certamente partirà un ribasso che potrebbe poi trasformarsi in un crollo in presenza di determinate condizioni. Allora non c’è da preoccuparsi?

Bisogna ragionare in maniera precauzionale. Nessuno può prevedere con esattezza un crash né in termini di ampiezza né di tempistiche. Di certo succederà e allora chi sarà rimasto investito nell’azionario o farà scattare degli stop pesanti o si troverà illiquido per puntare le proprie carte su quotazioni molto più basse. Ciò comporta la necessità di creare oggi un fondo liquidità per le emergenze. 

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Spieghiamo meglio questo suggerimento …

Dei mercati che corrono spingono a una smania di continuare ad aumentare le posizioni azionarie con stop che tendono ad allargarsi. Lo dice l’esperienza. Ecco, è giunto il momento non solo di stringere gli stop ma anche di liquidare le posizioni più proficue e di aumentare la liquidità. Intanto occorre ragionare su quali siano le azioni da scegliere per la fase successiva. Determinarle oggi può essere il modo per guadagnare tanto domani. Bisogna agire come si fa con il Black Friday. Arrivarci solo con la voglia di generici acquisti porta a spese inutili.

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L’esempio regge davvero? Il problema è un altro, secondo la voce di chi crede in un crash. Riguarda la sopravalutazione dell’azionario soprattutto Usa. Il mercato sta sbagliando?

Ragioniamo su questo aspetto: le Borse salgono perché negli Usa si continua a stampare denaro e a subire un’inflazione elevata, dando all’economia il tempo di tornare in futuro alla normalità rispetto agli eccessi in corso, nell’attesa che anche il debito pubblico freni. Se si sovrappongono i grafici di Wall Street e del flusso di liquidità immessa dalla Fed si vede bene o male una sovrapposizione. Basta però che qualcosa vada storto in questo processo perché il castello di carta crolli.

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E quale potrebbe essere il fattore scatenante?

Non si sa se quella in corso è solo inflazione o il preannuncio di una stagflazione. I numeri dell’economia per ora escludono quest’ultima ma la rapidità dei movimenti degli ultimi mesi non può scartarla a priori. Eccolo uno dei tanti fattori di rischio, che da solo potrebbe portare a un crac delle Borse.

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Quali i parametri da seguire per capire come sta evolvendo la situazione?

Il prezzo del petrolio è il primo indiziato: se superasse gli 85 $ e poi i 90 $ scatterebbe un pesante segnale negativo per l’economia. Poi meglio valutare il trend dell’oro: una rottura al rialzo dei 1.910 $ e un movimento verso i 2.000 confermerebbe che gli investitori si mettono sulla difesa. Inevitabile infine monitorare l’inflazione Usa ed europea.

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Cosa preoccupa di più?

L’eccesso di euforia e quasi frenesia con cui giovani investitori si sono buttati sull’azionario e sulle criptovalute, pensando di poter diventare milionari nell’arco di qualche anno. È un eccesso di entusiasmo che deve impensierire perché stiamo ballando sul filo di un coltello.

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Lo sostiene anche Michael Burry, ex gestore di hedge fund che notoriamente aveva predetto il crollo dei mutui del 2008 con anni di anticipo. Una voce catastrofista va però considerata solo come tale. O no?

Le opinioni di chi prevede un Cigno nero continuano a crescere negli Usa e alcuni algoritmi di trading hanno già fatto presagire l’allarme. Sono gli stessi che schizzarono l’1/3/2000 prima che il mercato crollasse di quasi l’80% a causa della bolla Internet, poi nel 2006 (-17%), nel 2007/2008 (oltre -50%), nel 2015 (-16%) e nel 2020, con lo scoppio della pandemia in quest’ultimo caso. Il segnale di pericolo non è ancora entrato in funzione ma con il 2022 potrebbe scattare.

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Intanto gli indicatori tecnici continuano a salire. È possibile e anzi auspicabile allora una correzione ma di qui a parlare di crash ce ne sta!

L'S&P 500 ha riguadagnato circa il 10% dal recente pullback di inizio ottobre. L’indice di forza relativa Rsi a 80 conferma un surriscaldamento della situazione, mentre lo stocastico sembra voler girare verso il basso, con un cambiamento di sentiment. Anche sul Nasdaq ci sono segnali di pesante ipercomprato e quindi bisogna stare attenti, perché una prima spallata potrebbe anticiparne una poi molto più pesante. Le valutazioni di molte azioni tecnologiche sono assurde, il che si giustificherebbe solo in presenza di previsioni di forte crescita dei profitti nei prossimi anni. Ciò però è inverosimile. Su Nvidia (p/e a 105) e Tesla (p/e a 335), malgrado la spallata degli ultimi giorni, alcuni analisti si esprimono ancora positivamente ma la loro maggioranza comincia a essere più prudente, così come per Amd (p/e 46), Apple (p/e a 26) e Microsoft (p/e a 37). Le valutazioni esasperate in corso stanno raggiungendo ratio che si erano visti una sola volta in passato, prima della crisi dot-com. Poi sappiamo come è finita!

Vediamo molti titoli di Wall Street scambiati a valutazioni tremendamente esagerate. Inoltre azioni importanti e i principali indici di mercato sono tecnicamente sull’iper ipercomprato. Ha senso tutto questo?

Partiamo riflettendo in maniera diversa: è il mercato azionario a tirare l’economia o viceversa? In passato la situazione era differente rispetto a quella di oggi. Wall Street e il Dax venivano spinti dall’andamento del Pil. Ora non è più così per un motivo molto semplice. Il mondo sta per subire evoluzioni abissali in campo tecnologico e ambientale. Non guarda quindi più ai numeri della produzione industriale e nemmeno ai profitti in corso. Guarda al peso che certe società avranno in futuro e ai loro utili di lungo periodo. Ciò comporta una bolla? Può darsi ma tutti sappiamo che fra cinque anni il nostro modo di vivere sarà cambiato. Quindi i mercati ragionano in maniera diversa e si adattano ai subbugli che stanno per entrare in scena. 

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È chiaro che anche chi crede in una caduta più o meno repentina sa che poi ci sarà un successivo rimbalzo. Questo non esclude che possa trasformarsi in uno schianto, anche perché sarebbe un modo di fare pulizia.

D’accordo ma da quanto tempo sentiamo dire che sta per arrivare una tempesta? Occorre ricordare che nel 2018-2019 ci fu il boom di quelli che sono stati definiti i siti Internet del catastrofismo. Molti commentatori finanziari e perfino analisti vendevano (anche a caro prezzo!) newsletter in cui si sosteneva che la pacchia era finita e un crash ormai certo al 100%. Molti si ricordano di averne ricevute di così impostate: “Ecco la data in cui tutto crollerà”. Si trattava di promesse stuzzicanti, dietro le quali spesso non c’era proprio niente. Né scadenze né motivi che le sostenessero.

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Torniamo indietro. I ratio di Borsa sono assurdi e l’ipercomprato è evidente. Perché nascondere queste verità?

Nessuno esclude che delle correzioni ci possano essere e che ci saranno. Sono inevitabili e quasi auspicabili. Di qui a parlare di un nuovo 1929 ce ne sta, eccome se ce ne sta!

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Non potrebbe essere la Fed a scatenare il tornado?

A Wall Street nei giorni precedenti l’annuncio di avvio del tapering da parte della Banca centrale Usa qualcuno prospettava il tumulto per le sedute successive. Non è successo nulla per un semplice motivo: ormai è il mercato a dettare le regole. A cosa si guarda quando si vuole capire le prospettive di politica monetaria futura? Ai derivati sui Fed Funds, che indicano le intenzioni degli investitori istituzionali a proteggersi o meno. Quindi al mercato, che stabilisce appunto le evoluzioni successive.

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Ne consegue la convinzione dell’azionario ancora a manetta?

No, non è questo il messaggio che bisogna dare. Occorre invece prospettare un futuro dominato da inediti megatrend su cui puntare già da oggi, pur con la consapevolezza che i mercati potrebbero essere volatili di qui al 2023. Sono quelli dell’innovazione tecnologica, che è ancora agli albori della sua evoluzione, dell’impatto ambientale, della telemedicina e della crescita dei consumi nei Paesi che spesso impropriamente si definiscono emergenti. Tutto questo comporterà delle “disruption”, ovvero dei cambiamenti repentini che porteranno a modi nuovi e differenti, rispetto al passato, di produrre, consumare e vivere.

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I crashisti sostengono che occorre aumentare la liquidità detenuta per sfruttare occasioni che si presenteranno nei prossimi anni. È corretto?

Innanzi tutto cominciamo col dire che una cosa è parlare di prossimi mesi e una di prossimi anni. Se si allunga l’obiettivo temporale i rischi di una profonda correzione aumentano ma con probabili trend contrapposti fra l’economia del passato, che crollerà, e quella del futuro, che volerà. Sull’aspetto liquidità attenzione perché oggi è lì che c’è la spazzatura in finanza. Negli Usa chi la detiene perde un 5-6% annuo e in Europa un 3-4%. Quindi anche su questo tema si raccontano delle belle balle!

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Non siamo riusciti ad avere dei riferimenti grafici dai ribassisti, che prevedono crolli pesanti ma non si esercitano nel dare numeri. Proviamo allora a ipotizzare dei livelli solo sotto i quali i mercati collasserebbero…

Per l’S&P 500 rispetto ai 4.682,8 punti di venerdì scatterebbe un convinto sell sotto i 4.000/4.100, il che comporterebbe la rottura al ribasso della media mobile a 200. Per il Nasdaq 100 meglio prevedere margini più ampi: ai 16.200 di venerdì si opporrebbero discese almeno sui 13.000. Per l’Eurostoxx 50 diamogli spazio fino ai 3.770 punti contro i 4.370 di venerdì.

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Qual è il motivo per cui fra gli ottimisti prevale la convinzione che le Borse potrebbero subire dei cali ma non dei crolli?

Semplice. I mercati sono guidati dalle Banche centrali. Se queste non commettono errori o non fanno gaffe nelle loro dichiarazioni. l’accompagnamento proseguirà nel migliore dei modi. Certo le valutazioni di molte azioni sono altissime ma in un contesto di rivoluzione dell’economia ciò non deve spaventare. Occorre invece scegliere i cavalli giusti facendo un piano su quelli che saranno settori e titoli vincenti in un mondo del tutto nuovo. Che hanno praterie immense in cui correre all’impazzata.   

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