Aggiornamento portafoglio: se non ci fosse Draghi…


Il nostro spread viaggia ormai in area 100 bps, più o meno stabilmente, da diverse settimane. La cosa potrebbe non stupire, considerando chi c’è ora alla guida del nostro Paese. E fini qui, nulla di particolare, è vero.

E allora?

Forse è passato un po’ sottotraccia il fatto che Draghi, in questo periodo al governo, abbia già varato alcuni scostamenti di bilancio, cosa che per qualunque altro Presidente del Consiglio sarebbe stato un suicidio politico ed economico-finanziario. Ma non è tutto.

Infatti, secondo alcuna stampa, pare che il governo Draghi varerà un ulteriore scostamento di bilancio con misure in deficit per altri 35 miliardi di euro, al fine di finanziare la proroga delle chiusure delle attività. Tradotto in soldoni, significa che il deficit di bilancio per quest’anno salirà di altri 2 punti di PIL. Più in dettaglio, di fatto ci portiamo a ridosso della soglia del 10%.

Poi è vero che Draghi sa bene di dover tenere sotto controllo il rapporto debito/PIL, esploso al 155,6% lo scorso anno, e quindi è chiaro che porrà un tetto al deficit. Tuttavia, visto cosa ci ha insegnato la storia su questi temi, con l’Europa pronta a massacrarci sempre e comunque ogni volta che si rischiava di scartare di un decimale, è chiaro che almeno per chi scrive tutto questo faccia un certo effetto.

Abbiamo avuto livelli di spread alle stelle per molto, molto meno, e va riconosciuto che al di là dei proclami tutti i predecessori di Draghi si sono mossi, nella migliore delle ipotesi, con grande cautela (timore?) su questi temi, per non dire di alcuni assolutamente supini al mantra “ce lo chiede l’Europa”.

Ad ogni buon conto, nei giorni scorsi L’FMI ha alzato le previsioni sul PIL dell’Italia portandole al 4,2% (+1,2%) per quest’anno. Meglio di niente, ci mancherebbe, ma nel 2020 il nostro PIL è affondato dell’8,9%, il che significa che alla fine di quest’anno saremo comunque sotto i livelli pre-Covid del 5% circa.

C’è poi la variabile inflazione, di cui va tenuto conto. A fine marzo, l’inflazione in Italia ha rialzato la testa salendo allo 0,9% dai valori negativi registrati per gran parte del 2020. Facendo i conti della serva, senza andar troppo per il sottile, se la sommiamo al tasso atteso di crescita, otteniamo un tasso di PIL nominale di poco superiore al 5%. Però abbiamo un deficit di bilancio che si sta avviando verso il 10% facendo lievitare il rapporto debito/PIL.

Per mantenere in equilibrio tale rapporto, il PIL nominale dovrebbe crescere di oltre il 6% con un deficit di bilancio al 9,5%. Certo, Draghi avrebbe l’autorità di puntare ad un lieve aumento del rapporto debito/PIL, forzando la mano sul deficit di bilancio. Autorità e credibilità. Però, attenzione, perché molto verosimilmente la soglia psicologica del 160% non andrebbe sfidata.

Quale conclusione possiamo trarre?

Grazie al prestigio di Draghi l’Europa politica e il mondo finanziario hanno smesso di spararci addosso, e se la campagna vaccinale prenderà seriamente il via le riaperture e il ritorno alla normalità potrebbero non tardare oltremodo. Ciò significa che, molto pragmaticamente, tutte le risorse erogate in deficit inizierebbero ad entrare nel circolo dell’economia reale, legittimando il maxi-scostamento di bilancio.

Torniamo ora ad occuparci del nostro portafoglio che ha nuovamente ingranato la quarta, dando vita ad un impulso rialzista degno di nota. Inutile dire che siamo su un nuovo massimo storico, ben oltre la soglia dei 103 punti di NAV, letteralmente sbriciolati.

Infatti, il precedente massimo storico toccato il 30 marzo scorso a 103,06 è stato prontamente superato, e il nostro portafoglio, al close di ieri, valorizza un NAV pari a 103,61 con una performance su base annua che è esplosa al +3,60% rispetto al precedente +3,15%.  Sale un po’ anche la volatilità che si porta intorno all’1%.

Tabella e grafico dell’equity line aggiornate nella consueta sezione “Portafoglio”, ove è stata anche aggiornata la sintesi dei rendimenti storici di “Rischio Contenuto”.