NASDAQ100 WEEKLY - Settimana scorsa a due facce sugli indici azionari USA...


IL PROSSIMO LUNEDI' IL REPORT USCIRA' IN FORMATO RIDOTTO. 

FALLITO IL TENTATIVO DI RIMBALZO DEGLI INDICI AZIONARI USA CHE, GRAZIE ALLA RETORICA AGGRESSIVA DEI MEMBRI DELLA FED, RITORNANO A TESTARE I MINIMI DI DUE VENERDI’ FA!

Settimana a due facce per gli indici azionari USA ai quali non è riuscito l’atteso recupero a Wall Street nella settimana appena trascorsa. Tutti e tre gli indici maggiori sono tornati a testare i rispettivi supporti dopo un inizio di settimana sfavillante. Il tema è ancora la FED, con una sfilza di dichiarazioni assai aggressive in questi giorni da parte dei vari membri (Daly, Bostic, Kaskari, Waller, Evans) incentrate sui seguenti concetti:

1) L'inflazione è troppo alta e loro sono determinati a riportarla al target.

2) I Fed Funds saliranno ancora, una pausa nei rialzi è ancora lontanissima, e loro non credono affatto che taglieranno i tassi nel 2023.

4) Sanno che vi sarà un impatto macro, ma l'asticella per una modifica delle previsioni è "molto elevata".

3) Il focus della politica monetaria FED è interno e gli effetti internazionali non li riguardano, così come quelli del Dollaro forte.

Una simile parata di falchi e con un dato sul mercato del lavoro sopra le attese degli analisti, non poteva non innervosire il mercato e così abbiamo avuto una violenta discesa degli indici azionari, tassi in rialzo e Dollaro forte.

Su un mercato che aveva iniziato la settimana (e il trimestre) pensando a una FED segretamente combattuta e che già aveva visto numeri brutti soprattutto con l’ISM manifatturiero sotto le attese e con il sottoindice dei nuovi ordini finito in contrazione, i rendimenti dei Treasury avevano preso a scendere con forza, così come il Dollar Index e l'azionario strappava al rialzo senza quasi più guardarsi indietro favorito, chiaramente, dalla frenesia delle ricoperture. Anche le commodites si erano sentite liberate dal calo dei tassi con i preziosi in domanda e l'argento a rivaleggiare al rialzo con il petrolio quando l’OPEC+ ha confermato il taglio alla produzione di 2 mln di barili.

A tal proposito, gli USA hanno reagito con furia al fallimento dei loro tentativi di lobbying, accusando l'OPEC+ di schierarsi con la Russia. Poi Biden ha deliberato un’altra erogazione dalle riserve strategiche. Negli USA si parla insistentemente di progetti di legge e piani per frammentare il cartello dell'OPEC, o addirittura fare azioni di rappresaglia sui beni dei paesi che non collaborano, anche se è difficile trovare un consenso (vedete una qualche analogia politica da parte USA con ciò che sta accadendo in Ucraina ?).

Quindi il mercato vedeva nei dati deboli la possibilità di un cambio di previsione programmatica della FED, situazione che sarebbe potuta essere stata confermata anche dalla notizia che la Reserve Bank of Australia (la prima sorpresa "accomodante" da parecchio tempo ad oggi da parte di una banca centrale) ha rialzato i tassi "solo" di 25 bps, contro i 50 attesi dal consenso. Dei 28 analisti intervistati, solo 7 si attendevano questo esito. Ciò effettivamente portava a credere sull’azionario che la rottura dei supporti ed i nuovi minimi si fossero rivelati un falso breakdown e che forse il rimbalzo in atto avesse ancora un po' di fiato, magari ad un ritmo un po' meno forsennato.

Purtroppo nella seconda parte della settimana, le dichiarazioni dei membri della FED ed i dati sul mercato del lavoro sopra le attese, hanno preso il sopravvento producendo vendite generalizzate su tutti i settori dell’economia.

Analizzando il dato sul mercato del lavoro, i nuovi occupati sono lievemente superiori alle attese, e ancora un numero storicamente elevato. Ma si tratta del numero più basso da aprile 2021. La disoccupazione, al 3.5%, è tornata sui minimi ma è in gran parte un effetto del ritracciamento della forza lavoro, ed i salari orari sono saliti in linea con le attese e anno su anno stazionano al 5%, in calo dal 5.2% di agosto. In generale un report ancora solido, ma il trend sembra quello di un raffreddamento (v. grafico seguente):

Il commento immediato e corale degli analisti è stato: questo report non farà cambiare idea alla FED. I più precisi si sono affrettati a dire che per la riunione del FOMC del prossimo 2 Novembre, 75 bps di rialzo sono praticamente garantiti ed infatti il mercato li prezza al 97%, così come prezza 125 bps totali entro dicembre.

Il fatto è che questo report, comunque solido, arriva dopo 3 giorni di dichiarazioni tambureggianti dei vari membri della FED, dai contenuti sopra illustrati, che sembrano coordinate e orchestrate ad arte per correggere la discesa dei tassi e delle attese di rialzo che l'azione della BOE, della RBA e il brutto dato dell’ISM sui servizi avevano prodotto tra la fine della scorsa settimana e l'inizio di questa. Sembra quasi che la FED ritenga controproducente, per la propria causa, che qualsiasi allentamento della politica monetaria sia prezzato dai mercati. L'impressione è che la retorica della FED e delle altre banche centrali così aggressiva sia strumentale a ripristinare la loro reputazione, macchiata dal flop del 2022, tenendo a bada le aspettative. Ma come osservato proprio da Kashkari, la politica monetaria agisce con ritardo. Le azioni di questi mesi ci perseguiteranno per i prossimi 18, come le azioni scellerate del 2021 ci stanno perseguitando ora. Come si vede dalla figura sotto, in occasione delle 2 recessioni 2000 e 2007, l'inizio della fase di allentamento, evidenziato in azzurro, non ha coinciso con un recupero di Wall Street, anzi.

Il periodo Covid fa storia a sé. Li l'allentamento era già iniziato, ma non a fronte di una recessione ma solo di una forte discesa riconosciuta in tempo. C'è da notare che i mercati si sono portati avanti questa volta e stanno già prezzando un serio rallentamento e comunque il deterioramento dell'economia sarà marcato.

Un errore clamoroso, a nostro modo di vedere, in quanto crescita e inflazione stanno già rallentando e l'effetto di tutto questa stretta forsennata la vedremo nei prossimi 4 trimestri, così come nel 2022 abbiamo visto l'effetto dell'allentamento scellerato erogato nel 2021. E’ assurdo che il FOMC tari la politica monetaria su 2 indicatori ritardati come CPI e occupazione, senza valutarne prospetticamente la direzione, ma solo il livello statico. Forse abbiamo una visione un po’ troppo pessimista ma, come detto, il passato insegna.

Basterebbe guardare ad un’analisi meno legata al singolo report per mostrare ancora più chiaramente che il mercato del lavoro USA si sta raffreddando. Gli indicatori con maggior capacità anticipatrice lo mostrano. Nel grafico qui sotto, Nordea mostra la relazione tra le intenzioni di assunzione della piccola o media impresa USA e gli occupati del settore pubblico.

Anche i “warning” dei vari produttori di semiconduttori confermano il quadro: Samsung e AMD hanno pubblicato i risultati preliminari del 3° trimestre rivelando una contrazione che per AMD è pari a 1 mld $ sui ricavi e con una previsione per il prossimo trimestre non certo rosea. Ciò è un buon esempio di come può cambiare rapidamente il quadro, visto quando si è detto e scritto sulla scarsità di semiconduttori. Ma la FED e le altre banche centrali sembrano non vedere, continuando a focalizzarsi sull’occupazione.

Mentre la maggior parte delle società dell'S&P500 riporterà i risultati degli utili per il terzo trimestre 2022 nelle prossime settimane, il 4% delle società nell'indice (20 società) ha già riportato i risultati degli utili per il terzo trimestre (fino al 6 ottobre). Date le attuali aspettative per una crescita bassa degli utili a una cifra per il terzo trimestre e le preoccupazioni per una recessione prolungata, queste società hanno discusso di fattori specifici che hanno avuto un impatto negativo su utili, ricavi o margini di profitto per il terzo trimestre. FactSet ha cercato termini specifici relativi a una serie di fattori (ad es. "valuta", "lavoro" ecc.), oltre a verificare se la società avesse citato un impatto negativo o un sentimento negativo (ad es. "volatilità", "incertezza", "pressione", "tassi di cambio sfavorevoli" ecc.)  nelle trascrizioni delle teleconferenze delle suddette 20 società dell’indice.

Il costo del lavoro è stato citato dal numero più alto di società nell'indice fino ad oggi come un fattore che ha avuto un impatto negativo su guadagni, ricavi o margini di profitto nel terzo trimestre o che, nella migliore delle ipotesi, dovrebbe avere un impatto negativo su guadagni, ricavi o margini di profitto nei trimestri futuri. Complessivamente, 13 aziende (o il 65%) hanno citato un impatto negativo di questo fattore.

Le interruzioni e i costi della catena di approvvigionamento sono stati citati dal secondo numero più alto di aziende in termini di impatto negativo con 11 (o 55%) (v. AMD, Samsung, Micron Techno, NVIDIA, ecc.).

Tassi di cambio sfavorevoli sono stati citati dal terzo numero più alto di società S&P 500 in termini di impatto negativo a 10 (o 50%).

Dato il rafforzamento del Dollaro USA negli ultimi mesi e l'esposizione complessiva del 40% ai ricavi internazionali delle società dell’S&P500, non sorprende vedere un aumento del numero di report di società che citano un impatto negativo su utili, ricavi o margini di profitto a causa di tassi di cambio sfavorevoli (v. NIKE, McCormick, ecc.) E sicuramente aumenteranno i commenti negativi sui cambi durante la stagione delle trimestrali sugli utili.

Dando ora uno sguardo agli investimenti di carattere monetario, possiamo catalogare la settimana appena trascorsa come una a due facce. Nei primi due giorni i tassi reali sono scesi, di 30 bps in USA sul 10 anni e di 23 bps in Europa grazie alla capitolazione della Bank of England sui GILT ed alla cautela della Reserve Bank of Australia. Così come si sono visti cali a 2 cifre per i rendimenti con la tendenza dei tassi a calare più sulle parti brevi/medie delle curve; la Fed Fund Strip che è tornata a prezzare tagli dei tassi l'anno prossimo, dopo che la dichiarazione di Powell sui tassi “alti e per lungo tempo” glieli aveva fatti cancellare post FOMC; ed anche il fatto che i breakeven inflation sono generalmente rimbalzati.

Poi, però, tra l’uscita positiva dei dati macro sul lavoro e la retorica dei membri della FED, in particolare, Daly, Bostic e Kashkari tutti a ribadire che non vedono affatto un calo dei Fed Funds l'anno prossimo (anche se la curva continua a prezzarlo), i rendimenti hanno mostrato robusti rialzi in chiusura con il Treasury 10 anni al 3.888%.  

Ed il comparativo settimanale delle varie scadenze tra la chiusura di due venerdì fa 30 settembre e quella di venerdì scorso 07 ottobre:

Infine riportiamo lo spread del Treasury decennale USA rispetto all'omologo titolo dei principali paesi mondiali, aggiornato alla data di venerdì 07 ottobre che vede il rendimento del GILT 10Y inglese sempre sugli scudi nonostante la parziale marcia indietro del governo della Truss per quanto riguarda la nuova politica fiscale.

Analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Classico rimbalzo del “gatto morto” con l’aggravante che, graficamente, si è formata una figura altamente potente di inversione, come la “reversal island”. Basta confrontarla con quella simile di metà agosto che ha sancito la fine di onda 4 correttiva per iniziare l’onda 5 impulsiva (rimarcate tutte e due con tondo giallo sul grafico). Ovviamente nella situazione attuale non siamo in presenza della fine di una fase rialzista, ma di un timido rimbalzo nella continuazione della fase ribassista. Come riportato nella scorsa settimana su queste colonne, speravamo che il rimbalzo potesse almeno arrivare in area 12000, invece ci siamo fermati solo sulla prima resistenza in area 11600 e, con l’aria che tira, pensiamo veramente che i prezzi possano arrivare a testare i prossimi supporti in area 10300 e 10000, fermo restando che l’area 9500 rimane l’ultimo baluardo prima di entrare negli inferi, parliamo sempre di un oltre 13% di ulteriore perdita, prima di procedere con un nuovo conteggio delle onde che non potrà che essere (ahimè) molto più penalizzante dell’attuale. Ma bando alla delusione e vediamo l’evolversi della situazione in questa settimana che, oltretutto, propone la pubblicazione del dato inflattivo CPI di settembre molto seguito dai membri della FED. Resistenze, nel caso dell’uscita di un miracoloso dato del CPI in netto arretramento, sempre le aree 11600 e 12000. La settimana si è chiusa a 11039.47 con un guadagno del + 0,62% che porta ad un deficit da inizio anno del – 32,36%.

Stessa situazione dell’indice tech anche per l’S&P500. Graficamente notiamo come l’auspicato rimbalzo abbia prodotto una figura di “reversal island” (rimarcata sul grafico ma non presente ad agosto su questo indice) con i prezzi che hanno testato la prima resistenza posta in area 3785/3800 per poi chiudere la settimana a ridosso del supporto (già rotto in precedenza) in area 3636 in virtù di un guadagno settimanale più alto dell’indice tech. Proseguendo la fase ribassista, i prezzi dovrebbero portarsi verso i supporti relativi alle aree 3450 e 3375. Ultimo baluardo, prima di modificare il conteggio attuale, l’area 3325. Viceversa, ma solo per commentare il grafico, detto della prima resistenza, ne troviamo un’altra in area 3900. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 3639.66 con un guadagno del + 1,51% che porta a segnare un – 23,64% da inizio anno.

Infine, riguardo all’indice DOW JONES, troviamo una situazione grafica identica agli altri due indici maggiori con i prezzi che hanno disegnato anche qui una figura di “reversal island”, ma dal quadro generale senz’altro più compromesso anche se attenuato dal guadagno settimanale intorno al 2% che ha permesso all’indice di non andare a testare i minimi di due venerdì fa. Sta di fatto che i prezzi si sono avvicinati nuovamente in area 28500 che rappresenta l’ultimo baluardo prima di modificare il conteggio attuale delle onde. Anche il livello di RSI al rientro dall’ipervenduto indica che tutto è possibile, come la continuazione del ribasso. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 29296.79 con un guadagno del + 1,99% che porta a segnare un – 19,38% da inizio anno.

ORO INDEX 

Anche sull’Oro abbiamo visto un inizio settimana scorsa sfavillante, con i prezzi che si sono riportati sopra l’area 1680 $/oz., prima forte supporto poi diventata resistenza, per arrivare a toccare l’area 1740 $/oz., ma l’uscita dei buoni dati sull’occupazione tra Jobless Claim e NFP di giovedì e venerdì hanno riportato i rialzisti con i piedi per terra e sono riprese le vendite del metallo giallo con il contemporaneo rialzo del Dollaro e dei rendimenti dei titoli di stato. I dati usciti sono visti come ulteriore stimolo per la FED ad aumentare i tassi di altri 75 punti base nella riunione di inizio novembre ed i mercati, in questa settimana, saranno concentrati sui verbali della FED di mercoledì e soprattutto sui dati chiave dell'inflazione di giovedì. Pertanto se nei verbali del FOMC persisterà la retorica dei membri per una continua azione aggressiva sui tassi e se il dato sull’inflazione rimarrà su alti livelli, i prezzi dell’Oro non potranno fare altro che scendere, infrangendo nuovamente il supporto dei 1680 $/oz. per spingersi prima sul minimo di due settimane fa a 1622 e poi in area 1600 $/oz. 

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, il Platino si è comportato senz’altro meglio dell’Oro in quanto dopo il forte rialzo dei primi due giorni della settimana scorsa che hanno portato i prezzi da 850 a 940 $/oz. poi sono riusciti a mantenersi sopra l’area dei 900 $/oz. L’ideale sarebbe che i prezzi riuscissero a perforare finalmente e definitivamente la M.M. a 200 periodi che ora staziona esattamente a 950 $/oz. Analoga situazione per l’Argento, che partito ad inizio settimana dai 19 $/oz. sono riusciti ad arrivare anche sopra i 21 $/oz per poi consolidare tra i 21 ed i 20 $/oz. Anche su questa commodity le aspettative rialziste vedono il superamento della M.M. a 200 periodi che si attesta sui 22 $/oz.

La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1709.30 $/oz., con un guadagno del + 2,23% che porta ad una perdita del – 6,52% da inizio anno. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1693.70 $/oz. con un guadagno del + 1,99%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES DICEMBRE 2022:

LA GUERRA – RUSSIA – UCRAINA - (EUROPA)

Mercoledì il Presidente russo Vladimir Putin, dopo la ratifica dei due rami del parlamento, ha firmato quattro leggi formalizzando l’annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Cherson e Zaporizhzia, annessione annunciata già il 30 settembre in una cerimonia con la firma dei trattati. TASS (agenzia di stampa russa) riporta che fino a quando i nuovi capi delle regioni non saranno eletti secondo la legge russa, questi territorio saranno governati da capi ad interim nominati da Putin; sempre la TASS specifica che le elezioni parlamentari regionali si terranno nel settembre 2023.

Gli Stati Uniti hanno rinnovato il proprio sostegno all’Ucraina martedì scorso in una chiamata tra il Presidente Joe Biden, la vicepresidente Kamala Harris e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. In una nota della Casa Bianca, viene riportato che nel corso della conversazione la parte statunitense ha sottolineato che “gli Stati Uniti non riconosceranno mai la presunta annessione di territorio ucraino da parte della Russia”. Durante la chiamata, Biden ha parlato anche di un nuovo pacchetto di assistenza alla sicurezza dell’Ucraina da 625 milioni di dollari “che – si legge in una nota della Casa Bianca – comprende ulteriori armi ed equipaggiamento, inclusi HIMARS (High Mobility Artillery Rocket Systems), sistemi di artiglieria e munizioni, e veicoli blindati”. Biden ha anche affermato la disponibilità degli USA ad imporre costi elevati a chiunque garantisca sostegno alla presunta annessione da parte della Russia. Martedì, dopo la telefonata, Zelensky su Twitter ha ringraziato il Presidente statunitense per sostegno: “Le nostre vittorie nell’operazione di difesa in corso sono un successo congiunto dell’Ucraina, degli USA e dell’intero mondo libero”, si legge tra le altre cose nel tweet del Presidente ucraino. Il pacchetto da 625 milioni di dollari, come specificato in una nota dal Dipartimento della Difesa statunitense, fa parte del 22esimo giro dell’autorità presidenziale di prelievo (PDA – presidential drawdown authority), strumento tramite il quale il materiale bellico viene prelevato direttamente dalle scorte militari statunitensi a differenza di quanto accade con l’Ukraine Security Assistance Initiative (USAI), tramite il quale gli Stati Uniti acquistano il materiale da appaltatori della difesa, materiale che prima di essere spedito all’estero deve essere prodotto.

L’ambasciatore russo negli Stati UnitiAnatoly Antonov, come riporta la TASS, mercoledì scorso ha detto che continuare a fornire armi pesanti a Kiev garantisce a Washington lo status di partecipante al conflitto. Per Antonov: “la fornitura di prodotti militari da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati non solo comporta un prolungato spargimento di sangue e nuove vittime, ma aumenta anche il pericolo di uno scontro militare diretto tra la Russia e i paesi occidentali”. “Chiediamo a Washington di fermare le sue azioni provocatorie che potrebbero portare alle più serie conseguenze”. Giovedì scorso, invece, la TASS ha riportato un’altra dichiarazione dell’ambasciatore Antonov in un’intervista ad una TV russa in merito all’importanza del mantenimento della cooperazione con Washington sul tema del controllo degli armamenti: “L’importanza della cooperazione nella sfera del controllo degli armamenti tra due grandi potenze nucleari è ovvia per noi”. “Misure di rafforzamento della fiducia e della sicurezza sono nell’interesse nazionale dei popoli della Russia e degli Stati Uniti, così come dell’intero mondo”.

La scorsa settimana l’Unione europea ha approvato l’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia che tra le altre cose, come si legge in una nota della Commissione europea, “pone le basi per il quadro giuridico necessario per attuare il tetto del prezzo al petrolio previsto dal G7”. Il pacchetto sanziona individui ed enti coinvolti nell'occupazione russa, nell’annessione e nei referendum nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Cherson e Zaporizhzhia, ma anche individui ed enti che lavorano nel settore della difesa. Sono state adottate ulteriori restrizioni per le esportazioni: le misure includono il divieto all’esportazione di carbone, componenti elettroniche specifiche, articoli tecnici utilizzati nell’aviazione, certi prodotti chimici. Le ulteriori restrizioni alle importazioni hanno un valore di circa 7 miliardi di euro ed includono prodotti russi siderurgici finiti e semi-finiti, plastiche, veicoli, tessuti, calzature, pellame, ceramica, alcuni prodotti chimici e gioielli non d’oro. Il pacchetto di sanzioni prevede anche il divieto per i cittadini dell’Ue di cariche posti negli organi di governo di alcune imprese statali e vieta tutte le transazioni con il Registro Marittimo Russo. Inoltre è stata ampliata la gamma di servizi che non possono essere più forniti al governo russo o a persone giuridiche stabilite in Russia, che ora include consulenza Internet, consulenza legale, servizi di architettura e di ingegneria.

In merito al tetto sul prezzo del petrolio, nella nota della Commissione europea del 6 ottobre e dopo un’ulteriore decisione del Consiglio, viene specificato che la misura entrerà in vigore dopo il 5 dicembre 2022 per il greggio e dopo il 5 febbraio 2023 per i prodotti petroliferi raffinati. “Mentre il divieto dell’UE di importare petrolio greggio russo via mare rimane pienamente – si legge in un comunicato della Commissione europea del 6 ottobre - il tetto al prezzo, una volta adottato, consentirebbe agli operatori europei di intraprendere e sostenere il trasporto di petrolio russo verso paesi terzi, a condizione che il suo prezzo resti sotto un tetto prefissato. Questo aiuterà a ridurre ulteriormente i ricavi della Russia, mantenendo al contempo stabili i mercati energetici globali attraverso forniture continue. In questo modo si contribuirà anche ad affrontare l’inflazione e a mantenere i costi energetici stabili in un momento in cui i costi elevati, in particolare gli elevati prezzi del carburante, sono una grande preoccupazione per tutti gli europei”.

Lunedì scorso il direttore il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Mariano Grossi, ha comunicato la liberazione del direttore generale della centrale nucleare di Zaporizhzhia: “Accolgo con favore il rilascio di Igor Murashov, direttore generale della centrale nucleare di Zaporizhzhia in Ucraina; ho ricevuto la conferma che il signor Murashov è tornato dalla sua famiglia sano e salvo”. Il direttore generale della AIEA giovedì scorso si era recato a Kiev dove ha incontrato il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Come riporta Reuters, ad una conferenza stampa tenutasi durante la visita a Kiev, Grossi ha detto: “Vogliamo che la guerra cessi immediatamente e, naturalmente, la posizione dell’AIEA è che questa struttura è una struttura ucraina”. Grossi ha riferito che nel corso del colloquio con Zelensky sono stati fatti progressi nella valutazione della sua proposta di istituire una zona di protezione per la sicurezza nucleare intorno alla centrale di Zaporizhzhia. Giovedì scorso su Twitter Grossi ha scritto che presto tornerà a Kiev per nuovi colloqui. In un comunicato pubblicato sabato sul sito dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica viene riportato che la situazione di sicurezza nucleare alla centrale di Zaporizhzhia si è deteriorata ulteriormente “con la struttura che ha perso tutti gli accessi all’alimentazione esterna a causa di nuovi bombardamenti nella notte”. Grossi ha detto: “La ripresa dei bombardamenti, che colpiscono l’unica fonte di energia esterna dell’impianto, è tremendamente irresponsabile. La centrale nucleare di Zaporizhzhia deve essere protetta”. All’inizio della prossima settimana il direttore generale dell’AIEA sarà in Russia.

LA POLITICA USA

Ron Wyden, senatore democratico che presiede la commissione finanze al Senato, in una lettera datata 4 ottobre ed indirizzata al segretario al Tesoro Janet Yellen e al commissario dell’IRS (Internal Revenue Service, agenzia governativa che si occupa della riscossione dei tributi) Charles Rettig ha esposto quelle che sono le priorità dei circa 80 miliardi di dollari di fondi destinati proprio all’IRS ed approvati nell’ambito dell’Inflation Reduction Act. Wyden nella lettera sottolinea: “Come avete spiegato, i fondi non saranno usati per aumentare il tasso di verifica rispetto a livelli storici per coloro che guadagnano meno di 400 mila dollari”.

Tra le priorità indicate dal senatore Wyden quella di migliorare il servizio clienti eliminando l’arretrato di dichiarazioni dei redditi non elaborate prima della stagione di presentazione delle domande del prossimo anno, cercando di attuare investimenti strutturali per poi evitare il ripresentarsi di questi arretrati. Wyden ha anche chiesto di investire in tecnologia per “migliorare il servizio e l’applicazione”. Tra le priorità quella di “ribilanciare i tassi di verifica” tra contribuenti abbienti e contribuenti con reddito inferiore assumendo più agenti delle entrate. Nella lista di priorità rientra poi il contrasto all’evasione fiscale offshore. Viene chiesto anche di assumere più agenti speciali per la divisione indagini penali dell’IRS.

Giovedì scorso il Presidente statunitense Joe Biden ha graziato migliaia di trasgressori federali condannati per “semplice possesso di marijuana” ed anche quelli imputati nel District of Columbia. Il Presidente ha anche invitato tutti i governatori del paese a fare lo stesso: “Così come nessuno dovrebbe essere in una prigione federale solo a causa del possesso di marijuana, nessuno dovrebbe essere in una prigione locale o prigione di stato per questo motivo”. La grazia non riguarda coloro che al momento dell’arresto non erano cittadini statunitensi e si trovavano illegalmente nel paese.

Biden ha anche chiesto al segretario della salute e dei servizi umani Xavier Becerra e al procuratore generale Merrick Garland di rivalutare il modo in cui la marijuana risulta classificata ai sensi delle leggi federali sulla droga, dato che al momento rientra nella stessa classificazione di eroina e LSD.

LA POLITICA DELLA FED

Come abbiamo visto e letto nella scorsa settimana, la retorica della FED è stata particolarmente pesante, con il presidente della FED di San Francisco, Mary Daly a ribadire il programma di stretta monetaria ultra aggressivo, aggiungendo che sono necessari più adeguamenti politici per combattere l’inflazione affinché torni al più presto intorno al 2%. La Daly non vede problemi sui mercati e che gli effetti esteri della politica monetaria USA non sono affari della FED e quindi andranno avanti come da programma per il bene dell’economia nazionale.

Raphael Bostic, presidente della FED di Atlanta, mercoledì scorso ha parlato di una “considerevole speculazione”, già presente, circa la possibilità che la banca centrale statunitense possa iniziare ad abbassare i tassi nel 2023 nel caso in cui l’attività economica rallenti e il tasso di inflazione inizi a scendere: “Io direi: non così in fretta”. Secondo Bostic non bisognerebbe farsi influenzare dalla debolezza economica nello sforzo contro l’alta inflazione: “Dobbiamo rimanere vigili perché questa battaglia contro l’inflazione probabilmente è ancora ai primi giorni".

Per contrastare l’inflazione elevata, secondo Christopher Waller membro del Consiglio dei governatori della FED, la banca centrale statunitense dovrà aumentare i tassi di interesse fino all’inizio del prossimo anno. Giovedì scorso Waller ha detto: “L’inflazione è lontana dall’obiettivo del FOMC e non è destinata a scendere rapidamente”. Fino a quando non ci saranno progressi significativi e persistenti per quanto riguarda l’inflazione, Waller ha spiegato che sosterrà “rialzi dei tassi costanti, insieme a continue riduzioni nel bilancio della FED, per contribuire a contenere la domanda aggregata”.

“L’inflazione è alta al momento e abbiamo bisogno di un’impostazione della politica monetaria più restrittiva”, ha detto giovedì scorso Charles Evans, presidente della FED di Chicago. Parlando della portata del prossimo rialzo del tasso di riferimento da decidere alla riunione del FOMC di inizio novembre, Evans non si è espresso apertamente, dicendo che i responsabili delle politiche “avranno una discussione a riguardo”. Tuttavia Evans ha sottolineato come, in base alla mediana delle proiezioni pubblicata lo scorso mese, i responsabili delle politiche si aspettano di aumentare il tasso di riferimento di un 1,25% nei prossimi due incontri.

Secondo Loretta Mester, Presidente della Fed di Cleveland, con il rialzo dei tassi di interesse da parte dell’istituto è probabile che cresca un po’ il tasso di disoccupazione, tuttavia questo non fermerà la banca centrale nella lotta all’inflazione. Giovedì scorso Mester ha detto: “Dobbiamo concentrarci esclusivamente sull’inflazione”.

Neel Kashkari, presidente della FED di Minneapolis, si attende una situazione di crisi in USA e nel mondo, ma che loro sono molto determinati nel lavoro da fare per abbassare l’inflazione ed è piuttosto lontana la possibilità di fermare gli aggressivi rialzi dei tassi. Giovedì scorso Kashkari ha anche aggiunto che la politica monetaria agisce con ritardo, che non vede progressi sull’inflazione e che non ci sono quasi prove del fatto che l’inflazione abbia già raggiunto il picco. Inoltre ribadisce che la FED non cerca di influenzare il Dollaro, il cui rafforzamento riflette la prospettiva dei tassi, ma guarda al suo impatto sui mercati. Si aspetta che ci saranno perdite e fallimenti nell’economia globale e crepe nei mercati finanziari USA, ma per modificare l’attuale lotta all’inflazione la risposta dovrà essere molto alta.

Venerdì scorso il presidente della Fed di New York, John Williams ha detto che è necessario alzare ancora i tassi di interesse e portarsi sopra al livello dell’inflazione. Secondo Williams il mercato del lavoro statunitense è molto forte “il che è una cosa buona, a parte per l’inflazione molto alta”. In merito alle prospettive, ha aggiunto che nel tempo probabilmente si vedrà un mercato del lavoro, che forse non sarà così forte in termini di crescita dell’occupazione. Williams ha anche sottolineato un rallentamento economico in corso, che riguarda in modo particolare il mercato immobiliare, tuttavia ha detto che non si aspetta che l’economia si ribalti in una contrazione. Il presidente della Fed di New York ha affermato di aspettarsi una crescita positiva per il prossimo anno e ha aggiunto: “vedo il tasso di disoccupazione salire un po’, ma soprattutto, vedo l’inflazione scendere in modo piuttosto significativo l’anno prossimo”.

DATI MACROECONOMICI

Dati contrastanti sul PMI manifatturiero relativo al mese di settembre. Mentre S&P Global riporta un dato in crescita rispetto al mese di agosto, l’ISM riporta un dato in contrazione. Nello specifico: il dato mensile di settembre del PMI manifatturiero elaborato da S&P Global è pari a 52 punti, cioè appena sopra al dato preliminare di 51,8 punti e alla rilevazione di agosto di 51,5 punti. Il dato è rilasciato da Markit Economics.

Mentre il PMI manifatturiero elaborato da ISM è sceso molto, toccando i minimi di maggio 2020, che passa dai 52,8 punti di agosto ai 50,9 punti di settembre, con una contrazione anche più ampia di quella indicata dal consensus fissato a 52,2 punti.

In calo anche l’indice relativo ai nuovi ordini manifatturieri, che passa dai 51,3 punti di agosto ai 47,1 punti di settembre.

 Ed anche quello relativo ai prezzi, che passa dai 52,5 punti di agosto ai 51,7 punti di settembre.

Infine, a causa della diminuzione dei tempi di consegna e dell’aumento delle scorte, molte aziende hanno dichiarato di pensare a un blocco delle assunzioni, ma già a settembre l’indice di occupazione manifatturiera rilasciato da ISM si è attestato a quota 48,7 punti, registrando una sensibile contrazione rispetto al dato di agosto di 54,2 punti.

Gli ordini di fabbrica, a livello mensile, dopo la contrazione dell’1,0% di luglio, ad agosto registrano un +0,0%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

La bilancia commerciale di beni e servizi USA (che misura la differenza in valore tra beni e servizi importati ed esportati) ad agosto si attesta a -67,4 miliardi contro un consensus di -67,7 miliardi ed un dato di luglio di -70,5 miliardi (rivisto da -70,7 miliardi). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.

I dati sul PMI servizi, ovvero l'indice di attività relativo al settore che costituisce oltre l'80% dell'economia USA, sono anch’essi contrastanti tra le due società di ricerca. Infatti mentre il dato a cura di S&P Global relativo al settore dei servizi fa un balzo dai 43,7 punti di agosto ai 49,3 punti di settembre, appena sopra al dato preliminare di 49,2 punti. Il dato è rilasciato da Markit Economics.

Il dato PMI del settore dei servizi rilasciato da ISM, invece, subisce un leggero calo passando dai 56,9 punti di agosto ai 56,7 punti di settembre; contrazione più contenuta rispetto ad un consensus fissato a 56,0 punti.

L’indice dei nuovi ordini passa dai 61,8 punti di agosto ai 60,6 punti di settembre.

Mentre i prezzi passano dai 71,5 punti di agosto ai 68,7 punti di settembre.

L’indice di occupazione relativo al settore dei servizi elaborato da ISM, in antitesi con il manifatturiero, cresce dai 50,2 punti di agosto ai 53,0 punti di settembre.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata l’1 ottobre sono uscite peggio delle stime, tornando sopra quota 200 mila e precisamente a 219 mila. La rilevazione della settimana terminata il 24 settembre era pari a 190 mila (rivista da 193 mila). E’ pur vero che si veniva da 7/8 settimane di calo. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

A settembre i nuovi occupati sono lievemente superiori alle attese e ancora un numero storicamente elevato. Ma si tratta del numero più basso da aprile 2021. Nel settore pubblico sono stati creati 263 mila posti di lavoro; dato superiore al consensus di 250 mila, ma inferiore alla rilevazione di agosto di 315 mila.

Nel settore privato a settembre sono stati creati 288 mila posti di lavoro, più di quanto previsto dal consensus fissato a 265 mila e sopra alla rilevazione di agosto di 275 mila (rivista da 308 mila). I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il tasso di disoccupazione nel mese di settembre è tornato sui minimi al 3,5%, sotto al consensus del 3,7% e al dato di agosto sempre del 3,7%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il salario orario medio a livello mensile a settembre è cresciuto dello 0,3%, come ad agosto e come indicato dal consensus.

A livello annualizzato, invece, a settembre è stata registrata una diminuzione al 5,0%, rispetto al 5,2% di agosto e poco sotto al consensus del 5,1%. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

PORTAFOGLI AZIONARI

Nulla da segnalare per quanto riguarda l’operatività sui nostri Portafogli azionari nella settimana appena trascorsa. Faccio notare, per coloro che amano pigiare il pulsante dei BUY che, per caso o per fortuna o chiamatela come volete, siamo riusciti a non abboccare al rimbalzo del “gatto morto”, altrimenti oggi già ci trovavamo ad imprecare per aver acquistato qualche titolo nuovo e soprattutto un altro lotto sui titoli sui quali le perdite sono più ingenti. Il mercato è ribassista e potrebbe diventare profondamente ribassista. Ora fin quando rimaniamo sulla prima ipotesi, va pur bene tentare qualche acquisto mirato, ma se dovessimo affrontare la seconda ipotesi, sulla quale siamo molto vicini, sarebbe un suicidio economicamente parlando. Quindi, pazienza, pazienza, pazienza. Siamo qui per cercare di portare a casa (noi e voi) qualche tozzo di pane in un contesto difficile, non certo per andare a visitare la collina 937 conosciuta come “hamburger hill”. 

Sempre fermo il Portafoglio Storico nell’attesa che la strategia del Nasdaq Weekly ritorni ad operare, mentre è partita la nuova strategia su un basket di titoli europei sempre su base weekly e che per questa settimana non ha generato segnali. Come abbiamo annunciato già diverse volte nelle settimane precedenti, abbiamo colto l’occasione di questa sospensione forzata dei segnali del portafoglio storico per procedere ad una revisione della modalità in breakout con l’aggiunta di alcune migliorie che sono state suggerite dagli stessi lettori e dalla esperienza pluri-decennale di questo sistema.

In particolare abbiamo unificato le uscite con target fisso e uno stop loss molto largo tale da evitare uscite e rientrate dal mercato (o occasioni perse). Questo è un aspetto che non avremmo mai potuto immaginare ma che i lettori hanno mostrato di apprezzare decisamente anche per la possibilità di seguire in titolo in autonomia. Inoltre abbiamo applicato alcune modalità di entrata che non prevedono più il breakout brutale sui massimi ma una entrata o anticipata o posticipata in base alle diverse circostanze. E questo per non comprare insieme alla massa degli altri investitori, ma un po’ prima o un po’ dopo. Insomma, alcune modifiche che non toccano i cardini del sistema ma che lo hanno reso non tanto più efficiente quanto più forse adatto alla situazione odierna dove il breakout lo vedono ormai tutti e tutti lo conoscono, a differenza di quando abbiamo iniziato a divulgare in Italia questa metodologia operativa quasi 30 anni fa. Ovviamente questa non è una situazione in cui questa strategia possa trovare applicazione al rialzo ma vi assicuriamo che è pronta per entrare in funzione non appena (presto ?) la situazione cambierà radicalmente.

Alla prossima.

FOCUS SU TITOLI

Advance Micro Devices e Samsung - I segnali si stanno accumulando sul fatto che la recessione tecnologica potrebbe essere più profonda e duratura di quanto temuto. Samsung Electronics registra il suo primo calo dei profitti dal 2019. Dopo anni di spesa in conto capitale record, i produttori di chip avvertono su base settimanale che la domanda è in calo. Nell'ultimo report, Samsung Electronics e Advanced Micro Devices hanno riportato risultati deludenti a poche ore l'uno dall'altro che hanno ampiamente mancato le proiezioni.

Samsung, il più grande produttore di chip di memoria al mondo, ha riportato un calo del 32% del reddito operativo, mentre il produttore di processori per PC, AMD, ha affermato che mancherà la sua precedente previsione per circa 1 mld $. Questi numeri fanno seguito ai cupi commenti dei produttori di memorie come, Micron Technologies e Kioxia Holdings, che stanno tagliando le spese e la produzione nel tentativo di stabilizzare il crollo dei prezzi. Il valore delle azioni AMD insieme ai produttori di chip tra cui Nvidia Corp. e Intel Corp. sono scese molto nell’ultimo trimestre ed anche i fornitori di componenti per chip come ASML Holding, i produttori di PC, tra cui Lenovo Group, e la giapponese Disco Corp., la cui attrezzatura macina, lucida e taglia i chip, hanno perso valore.

"Sembra che la domanda finale sia probabilmente peggiorata notevolmente nelle ultime settimane e che i clienti finali stiano prosciugando in modo aggressivo le scorte", ha affermato Stacy Rasgon di Bernstein. Il taglio delle entrate dei clienti di AMD "è certamente un po' mozzafiato" (v.grafico):

Il valore anomalo è stato Taiwan Semiconductor Manufacturing, che ha registrato un aumento di circa il 48% dei ricavi trimestrali a circa 613 miliardi di dollari taiwanesi (19,4 mld $), nella fascia più alta della sua previsione in termini di dollari USA, aiutato dal suo crescente peso come il produttore di chip più avanzato al mondo. La tendenza al ribasso della domanda potrebbe non essere stata pienamente riflessa nei numeri, soprattutto alla luce del forte deprezzamento del dollaro taiwanese, ha affermato l'analista di Haitong International Securities Jeff Pu.

Le aziende di elettronica di consumo che hanno lottato con la carenza di chip durante la pandemia stanno ora affrontando un improvviso calo della domanda, anche se i costi di spedizione e dei materiali rimangono elevati. I timori di recessione stanno rendendo il taglio dei costi la nuova norma nel settore tecnologico e le aziende che hanno accumulato chip per due anni stanno ora optando per annullare o posticipare gli ordini e sfruttare il magazzino, proprio mentre la nuova capacità va online. L'industria dei semiconduttori è anche alle prese con le restrizioni all'esportazione da parte del governo degli Stati Uniti, che sta aumentando la pressione sui suoi alleati per impedire la spedizione di chip all'avanguardia a un elenco crescente di società cinesi, mentre cerca di contenere il paese asiatico. Questo sta ostacolando gli affari per i produttori di chip, da AMD a Nvidia, nel più grande mercato mondiale dei semiconduttori.

Domanda e offerta non sono tutto ciò che sta dietro l'attuale ciclo ribassista, ha affermato Heo Pil-Seok, amministratore delegato di Midas International Asset Management a Seoul. “I controlli sulle esportazioni da parte del governo degli Stati Uniti limiterebbero ulteriormente le vendite alle aziende Internet in Cina e una grossa fetta della domanda di chip sarebbe indebolita. Se AMD e Nvidia non possono vendere i loro chip in Cina, i guadagni dei produttori di memorie si deterioreranno ulteriormente". Il segmento dei PC, che da anni sta perdendo terreno rispetto agli smartphone, appare particolarmente vulnerabile. Ma una grave recessione martellerebbe la domanda anche in aree che sono rimaste solide, come il cloud computing, l'automotive e l'automazione industriale. "Continueremo a stare lontani dai nomi incentrati sui PC, che nella nostra lista di copertura includono AMD, Intel e Nvidia, a causa di una probabile prolungata flessione dei PC nel prossimo anno e della continua debolezza dei giochi di consumo" hanno affermato diversi analisti gli analisti.

I prezzi delle azioni sono scesi lungo tutta la catena di fornitura dei semiconduttori, dai produttori di materiali come JSR Corp. ai produttori di ingranaggi per chip come Advantest Corp. e Screen Holdings, anche i produttori di wafer di silicio come Shin-Etsu Chemical e Sumco Corp. sono diminuiti. Le stesse società si stanno preparando a una prolungata recessione. Kyung Kyehyun, responsabile della divisione chip di Samsung, ha dichiarato il mese scorso di non vedere un rimbalzo del mercato delle memorie per tutto il prossimo anno. Kyung ha detto ai dipendenti, in un evento interno, che Samsung ha ridotto del 32% le sue indicazioni per le vendite di chip nella seconda metà di quest'anno rispetto alla previsione fatta ad aprile.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.

Non ci sono state pubblicazioni nella settimana appena trascorsa.

===============================================================

SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (10/10/2022)
Non sono presenti ordini di acquisto per la settimana entrante.

Pagina a cura di SANDRO MANCINI e GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.