Aggiornamento portafoglio: gli USA non falliranno, ma…


Dopo un lungo periodo di tensioni, finalmente è stato raggiunto un accordo sul tetto del debito pubblico degli Stati Uniti. Come noto, il tetto del debito è stato aumentato di 4.000 miliardi di dollari e si prevede che rimanga in vigore per due anni, cioè dopo le prossime elezioni presidenziali.

Nonostante l'esito atteso, però, potrebbero esserci alcune sorprese nel medio termine. Infatti, le agenzie di rating Fitch e DBRS hanno posto sotto osservazione il rating del debito americano con possibili implicazioni negative. Non è proprio un’ottima notizia, perché significa che potrebbero revocare al debito degli Stati Uniti lo status di massimo merito di credito. In tal caso, rimarrebbe solo Moody's ad assegnare il rating massimo AAA, dopo che S&P l'aveva già declassato ad AA+ con prospettive fortunatamente stabili.

Questa sottile instabilità si innesta nel dibattito riguardo alla cosiddetta "de-dolarizzazione". Pare proprio che la disputa sul tetto del debito sia solo un’ulteriore dimostrazione di come la reputazione degli Stati Uniti sia ultimamente piuttosto a rischio, e come la superpotenza stia pericolosamente rischiando di perdere il suo ruolo di punto di riferimento per il resto del mondo.

Ma a parte questo, se consideriamo gli eventi più imminenti, è interessante analizzare l'impatto sull'economia dei mercati che seguirà l'emissione di una grande quantità di titoli di Stato in seguito all'accordo sul tetto del debito. Alcuni osservatori già avvertono gli investitori del rischio che un'elevata emissione di nuovo debito possa portare ad un aumento dei tassi di interesse.

A prescindere dai rendimenti, destinati a crescere quando sul mercato arriva nuova carta, sotto il profilo della politica monetaria probabilmente assisteremo ad un rallentamento nell'aumento dei tassi d'interesse nella riunione di giugno. Tuttavia, è possibile che la Federal Reserve intensifichi nuovamente la politica monetaria nel mese di luglio.

Questa notizia, naturalmente, non è positiva né per i titoli di Stato né per le azioni. Se guardiamo alle dinamiche dei Treasury statunitensi a 10 e 30 anni, è evidente che i rendimenti stanno aumentando, forse anticipando le mosse future della Federal Reserve. Senza considerare che, a parte l'aumento del tetto del debito, gli ultimi dati macroeconomici hanno sollevato diverse preoccupazioni tra gli osservatori.

Il mercato del lavoro negli Stati Uniti continua a essere solido, mentre la spesa dei consumatori sta riprendendo slancio. Tuttavia, molti membri del FOMC ritengono che l'inflazione sia ancora troppo elevata, nonostante una riduzione osservata negli ultimi mesi. E, ad ogni buon conto, l'ultimo dato disponibile non lascia spazio a interpretazioni: l'inflazione è aumentata oltre le previsioni.

Poi, per quanto riguarda la temuta recessione, questa sembra probabile in Europa, mentre negli Stati Uniti si dovrà aspettare almeno un altro trimestre per poter determinare se “tecnicamente” si verificherà o meno una recessione. In tutto questo contesto, il Nasdaq sta mostrando un andamento che assomiglia sempre di più a quello del 2000, nell'euforia delle "dot-com".

Questa volta, il tema è molto specifico e affascinante: infatti, si sta puntando molto sull'intelligenza artificiale e sulle aziende coinvolte nel suo sviluppo. Mentre i mercati obbligazionari seguono le indicazioni provenienti dai dati macroeconomici, insieme al declino evidente del Dow Jones e di altri indici statunitensi, il nuovo trend dell'intelligenza artificiale sta conquistando sempre più investitori. E questo, a noi che nel 2000 c’eravamo e avevamo i nostri soldi sul mercato, piace poco.

Tornado alle obbligazioni, nelle prossime settimane, il destino dei nostri titoli di Stato (ma anche di tutti quelli europei) sarà legato alle decisioni della Banca Centrale Europea. È quasi certo che nella riunione del prossimo 15 giugno ci sarà un altro aumento dei tassi di interesse dello 0,25%.

Ma non è tutto, poiché anche se la Forward Guidance dovesse suggerire che l'Istituto intende fissare un impegno in tal senso anche per la riunione di luglio, va comunque detto che stando alle proiezioni le probabilità di un'ulteriore stretta monetaria per quell'occasione, così come per quella di settembre, sono in aumento.

L'inflazione nell'Area Euro rimane innegabilmente elevata, con un lieve rallentamento solo nell'inflazione sottostante. Secondo le parole del "falco" Joachim Nagel, è improbabile che in questo indicatore si registri un netto cambio di tendenza entro l'estate. Pertanto, non sorprendiamoci se dovessimo assistere ad un aumento dei rendimenti dei nostri BTP e anche dei nostri BOT. Continuiamo a monitorare sia i grafici sia le indicazioni fornite dalla ZC Yield Curve e dai forward su Euribor, poiché non potremmo avere una bussola migliore.

Venendo al nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile valorizza un NAV a 104,74 in progresso rispetto all’ultima valorizzazione di 104,60. Sale anche la performance storica su base annua, ora in area +1,51% rispetto al precedente +1,48%, portando quella cumulata al +4,74%. Scende invece la volatilità totale, ora sotto il 2,00%, così come quella negativa che cala all’1,30%.

Portafoglio aggiornato nella sezione consueta.