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Mercato obbligazionario: Fed e Bce legate a doppia mandata?


Nell’attesissimo discorso tenutosi venerdì al simposio economico annuale di Jackson Hole, Jerome Powell ha condiviso il suo favore per un mantenimento stabile dei tassi di interesse attuali. Tuttavia, ha anche osservato che una possibile stretta ulteriore potrebbe essere giustificata nel caso in cui l'economia non riuscisse a rallentare abbastanza per contribuire a mitigare l'andamento dell'inflazione.

Le parole di Powell hanno messo in evidenza quanto attentamente lui e gli altri membri della Federal Reserve stiano cercando di bilanciare le leve della politica monetaria, cercando di contenere l'escalation dei prezzi senza al contempo innescare un declino generale dell'intera economia.

Stando alle proiezioni sui tassi, ad oggi c'è un'80% di probabilità che la Federal Reserve mantenga il costo del denaro all'interno dell'intervallo 5,25% - 5,50% durante la prossima riunione di settembre. Nel frattempo, la probabilità di un rialzo di un quarto di punto durante la riunione di novembre si attesta appena sotto il 50%, ma in crescita rispetto al circa 35% della settimana scorsa.

L'occasione per valutare l'inflazione si presenterà alla Federal Reserve già in settimana, quando sarà pubblicato l'indice di spesa per consumi personali, che rappresenta il loro indicatore di crescita dei prezzi preferito. La lettura di questo dato dovrà però essere integrata con quello atteso per il mercato del lavoro, visto che come sappiamo la Fed ha un doppio mandato.

Quindi i membri del Fomc prenderanno in debita considerazione anche il rapporto sull'occupazione non agricola di agosto, atteso venerdì prossimo. Gli analisti stimano che negli Usa siano stati creati circa 170.000 posti di lavoro ad agosto, in calo rispetto ai 187.000 di luglio, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere stabile al 3,5%. Questi numeri potrebbero suggerire che gli aumenti dei tassi della Federal Reserve stiano iniziando ad influenzare la richiesta da parte dei datori di lavoro, nonostante il mercato del lavoro rimanga nel complesso solido.

Sul fronte europeo, il dato sulla fiducia dei consumatori tedeschi ha mostrato ulteriore fragilità, con l’indice che si è collocato a -25,5, secondo quanto annunciato martedì scorso, evidenziando una contrazione rispetto al dato rivisto di agosto, collocatosi a -24,6.

È quindi piuttosto evidente che l'economia tedesca – la quale gioca un ruolo predominante in Europa – continua ad essere in difficoltà, con una marcata contrazione della produzione manifatturiera. Infatti, i dati della settimana scorsa hanno evidenziato che la maggiore economia dell'eurozona non ha registrato alcuna crescita nel secondo trimestre.

Anche sul fronte inflazione, nei prossimi giorni, saranno rilasciati i dati relativi ai prezzi al consumo di agosto. Si prevede che l'indice dei prezzi al consumo (CPI) dell'eurozona mostri un leggero calo nella variazione annuale, passando dal 5,3% registrato a luglio al 5,1%.

E anche la Bce è ormai prossima alla riunione di settembre e questa situazione di rallentamento economico potrebbe spingere la banca centrale a mettere in pausa il suo ciclo di aumento dei tassi. Tuttavia, nonostante ciò, considerando che l'inflazione rimane notevolmente al di sopra dell'obiettivo di medio termine del 2%, c'è ancora una probabilità che si verifichi un ulteriore aumento dei tassi di 25 punti base entro la fine dell'anno.

Ma, a parte i rispettivi dati macro, ci sono buone ragioni per ritenere che le politiche monetarie di Usa e Ue siano legato a doppio filo.

Infatti, la posizione più incisiva di quanto gli analisti avessero previsto tenuta a Jackson Hole da Jerome Powell fa sì che, in prospettiva, l'eventualità che la Fed mantenga una politica restrittiva nel lungo periodo comporta implicazioni rilevanti per l'Europa e la Banca Centrale Europea.

Non a caso alcuni analisti hanno iniziato a considerare che a seguito delle dichiarazioni di Powell, i mercati potrebbero iniziare a prezzare eventuali futuri tagli ai tassi della Fed in una fase più avanzata rispetto a quanto ci si aspettava.

Va da sé che questa prospettiva potrebbe ad indebolire l'euro rispetto al dollaro, e un euro debole potrebbe apportare sollievo all'industria manifatturiera europea che sta affrontando evidenti difficoltà. Tuttavia, l’altro lato della medaglia comporta un aumento dei costi delle materie prime, dei prodotti alimentari e del petrolio espressi in euro. Di conseguenza, l'inflazione potrebbe rimanere sopra gli obiettivi più a lungo di quanto inizialmente previsto.

Ed è chiaro che questa eventualità potrebbe costringere la Bce a rialzare ulteriormente i tassi o a mantenere una politica restrittiva prolungata, nonostante i segnali di debolezza della produzione evidenziati dagli indici PMI, allo scopo di controllare eventuali spinte inflazionistiche derivanti dalla debolezza dell'euro.

E, in ultima analisi, una politica monetaria più restrittiva e prolungata negli Stati Uniti avrebbe anche un ulteriore impatto sull'aumento dei rendimenti obbligazionari globali, ponendo i Paesi europei periferici di fronte ad una sfida non trascurabile per la sostenibilità del debito.

L'attesa, quindi, ora è tutta rivolta alla seconda metà di settembre, quando si terrà la riunione della Fed, visto che i mercati osserveranno l’evento con grande attenzione per comprendere se, dietro alle affermazioni assertive di Powell, seguirà effettivamente un ulteriore aumento dei tassi d'interesse negli Stati Uniti.

Come sempre, staremo a vedere.

Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve mostra ancora una lieve salita dei rendimenti sul tratto della curva a medio e a lunga rispetto alla scorsa analisi. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni sale in area 3,16% rispetto al 3,12% precedente, mentre la scadenza trentennale sale in area 2,70% rispetto al precedente 2,64%. Sempre immutata la conformazione della curva, che rimane invertita con un differenziale 10Y-2Y stabile agli attuali -57 bps dai precedenti -56 bps. In lieve discesa il tratto a breve, con la curva che evidenzia ora un massimo di rendimento sulle scadenze di metà 2024 in area 4,10% rispetto al 4,15% della scorsa analisi. Ridimensionamento anche per le previsioni dei tassi forward su Euribor 6 mesi sulle scadenze a breve. La curva rimane impennata e vede ora i tassi attesi in area 4,10% per metà 2024, per poi scendere sotto al 3,00% solo verso fine 2026 e riprendere a salire progressivamente verso area 3,25% a partire dal 2027.

Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali si evidenzia ancora una sorta di lateralità sui rendimenti delle diverse aree valutarie. L’area UK vede il rendimento per il GILT in lieve rialzo in area 4,46% dal precedente 4,37% e con Trendycator che si conferma in stato LONG. Ritoccano lievemente al rialzo anche i rendimenti del BUND, che si porta ora in area 2,56% rispetto al precedente 2,52% e con Trendycator che si mantiene stabilmente in stato LONG. In aumento anche i rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 4,23% con uno spread in area 166 bps e modello Trendycator che si conferma in stato NEUTRAL. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che continuano a salire e si portano al 4,23% ad un soffio dai precedenti massimi in area 4,30% registrati a a fine 2022, con Trendycator che si conferma in stato LONG.

Bond Governativi Mondo Weekly Ranking
Consueta sezione dell’analisi sui mercati obbligazionari, con l’introduzione sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.