Radio finanza: quando e perché Wall Street franerà


Lo diranno alcuni numeri di cui il mercato sta già discutendo. Individuarne la causa? Più complesso di quanto forse si pensi.

Cedole & dividendi

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A metà aprile, nel report della domenica dedicato quel giorno alle “fake news”, riportavamo l’opinione dei gestori di Aberdeen Standard Investements secondo cui l’appiattimento della curva dei tassi Usa non sarebbe il preludio della recessione. Nelle settimane successive sui media statunitensi sono state pubblicate varie analisi: sostengono esattamente l’opposto, confermando quanto stabilisce la dottrina finanziaria. Lo spread fra il Treasury a 10 anni e quello a 2 anni nel frattempo è sceso allo 0,446%, segnale anticipatore di una fase recessiva futura per l’economia a stelle e strisce. Il problema sta nel fissare di quanto esso precorre l’inversione. Sei mesi? Dodici mesi? Diciotto mesi? Le valutazioni in merito discordano, anche perché per la prima volta ci si trova, nella storia di Wall Street, in una fase post Qe e di sostanziale rivoluzione nella politica economica da parte dell’amministrazione in corso.

Quale sarà l’elemento deflagratore? Un rallentamento dei consumi farà franare la Borsa americana o ci sarà dell’altro? Ci sono numerosi fattori da prendere in considerazione, come dimostra un recente studio di Schroders, uno dei leader mondiali del risparmio gestito. Che ipotizza quattro cause alla base dell’elemento principale, una nuova recessione appunto.

1

Eccessivo indebitamento delle grandi società e quindi meno profitti

2

Riduzione della domanda interna Usa

3

Elevata inflazione, con ulteriore inasprimento dei tassi

4

Guerra commerciale con la Cina

A questa chiara enunciazione dei maggiori rischi noi ne aggiungiamo altri.

Il primo si chiama effetto Treasury, non più in termini di spread 10 years – 2 years quanto di livello del suo rendimento oltre il quale il mercato azionario potrebbe franare. L’attuale “earnings yield” dell’S&P 500, cioè il rapporto fra utili e prezzo, si attesta al 4,13%, contro un valore medio storico del 6,81% e uno minimo dello 0,81% (maggio 2009). Disponendo del dato di redditività generale del mercato è facile effettuare un confronto rispetto al rendimento del titolo di Stato su scadenza decennale. La prassi dice che l’“earning yield” deve essere maggiore di un 20-30% nei confronti di quest’ultimo. In caso di rottura al ribasso l’appeal dell’azionario scende e inevitabilmente si annuncia una profonda correzione, a causa di un obbligazionario molto più competitivo.

Oggi la partita si gioca su un 4,13% contro un 3%, ma fra un anno? I mercati scontano che il decennale salirà nei prossimi mesi oltre tale valore; c’è chi dice al 3,2% e chi al 3,5%. Altri ipotizzano addirittura un 4,20-4,30%, cioè oltre il 4,13% dell’attuale “earning yield”. Se ciò succedesse, si scatenerebbe un terremoto, con possibili forti correzioni dell’azionario.

E’ pur vero che la politica fiscale di Trump ha le potenzialità per risollevare l’“earning yield”, magari di poco ma pur sempre di una quota sufficiente a riportarlo lontano dal rendimento del decennale. All’opposto pesa l’incertezza sui dazi: se applicati realmente potrebbero provocare una contrazione dell’1% del Pil mondiale, con conseguenze pesanti anche per Wall Street.

Le potenziali cause di crisi proseguono, sebbene meno considerate finora dal mercato.

Una riguarda il fatto che mediamente ogni anno esiste un focolaio di tensioni tale da provocare correzioni limitate nel tempo dell’S&P 500, così come delle altre Borse mondiali. Ecco cosa è successo dal 2010 in poi.

Anno

Calo S&P 500

Causa

2010

-16%

Crollo della Grecia

2011

-19%

Crisi del debito periferico europeo

2012

-10%

Timori sull’avvio del “tapering” da parte Fed

2015

-12%

“Bear market” cinese

2016

-10%

Tensioni sull’high yield petrolifero Usa

2018

-10%

Allarme inflazione Usa e rialzo tassi

Finora tutto questo è stato limitato nel tempo e negli effetti, ma la prossima volta cosa accadrà? Una piccola scossa potrebbe alimentare un terremoto di maggiori dimensioni. Di pretesti se ne possono ipotizzare tanti. Il fallimento di Tesla? Qualche grande banca Usa coinvolta in scandali relativi alle criptovalute? Una riduzione della liquidità da parte dei “primary dealers” nelle aste dei titoli di Stato Usa? La pandemia, di cui parla Bill Gates, provoca decine di milioni di morti? Sono solo ipotesi, che valgono come tali, ma che fanno capire come da una scintilla parta l’incendio. Dal 2010 in poi si è sempre riusciti a controllarne gli effetti. La prossima volta invece?

Andiamo allora alla sintesi del tutto.

Quando

Probabilmente a fine 2019 – inizio 2020

Perché

L’origine partirà forse da una causa minore

Effetti

Un forte “down side” (almeno del 30%)

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