La BCE prepara la fine del QE?


Da qui ai prossimi giorni si aprono, probabilmente, nuovi scenari sui mercati, poiché diversi fattori hanno contribuito in queste ultime settimane a modificare il quadro prospettico. Le attese maggiori sono ovviamente dirette alla prossima riunione della BCE, in programma giovedì 14 giugno, poiché ci si attende l’ufficializzazione della fine del QE.

I mercati, in effetti, scontano da diversi giorni questa evenienza e anzi a giudicare dai movimenti stanno proprio scommettendo che Draghi ponga fine alla lunga fase ultra espansiva, spostando il timone verso una politica monetaria meno accomodante. Quali che siano le ragioni per cui i mercati scommettono e si attendono la conferma della fine del QE, certamente l’ultimo dato sull’inflazione è uno dei motivi che alimenta questa prospettiva.

Infatti, il dato di aprile ha evidenziato un’inflazione ormai molto prossima al target del 2% (per alcuni con una certa sorpresa), preparando di fatto il terreno a Draghi per modificare i toni della politica monetaria. Non di meno, la crescita economica risulta ancora robusta a completamento degli elementi a favore del termine del QE. Attenzione però: ciò non significa che la BCE staccherà la spina tout court, ma darà semplicemente l’avvio ufficiale al c.d. “tapering”, cioè la graduale riduzione degli acquisti di titoli.

Da più parti si legge, in questi giorni, che la fine del QE rischia di avere forte impatto sul nostro debito pubblico; tuttavia, sarebbe più onesto (intellettualmente) dire che la fine del QE avrà impatti differenti sul debito dei diversi Paesi UE, poiché la BCE ha acquistato anche titoli tedeschi, francesi, spagnoli e via di seguito. Far quindi passare il concetto che solo l’Italia sia esposta alla fine del programma di acquisti è fuorviante.

Anche perché il QE della BCE è ben diverso da quello della FED o della BoJ o della BoE: infatti la BCE ha diversi limiti e vincoli sulle quantità di titoli di Stato acquistabili. Il discorso è lungo e se del caso dedicheremo un articolo ad hoc, ma in estrema sintesi i due vincoli principali sono la c.d “chiave capitale” e il tetto del 33% del possesso di titoli per emittente. In base a questi vincoli il Paese con il maggior peso pro-quota è la Germania, seguita dalla Francia e poi dall’Italia. In soldoni, questo vuol dire che la BCE ha dovuto comprare più titoli governativi tedeschi rispetto agli altri Paesi.

Vale pertanto, in ottica prospettica, quanto già detto nello scorso articolo, e che qui riportiamo testualmente a mo’ di promemoria:  “Considerando quindi i vari fattori che incideranno sull’andamento del mercato (sia sotto il profilo globale sia sotto quello squisitamente nazionale) possiamo individuare:
1. Fine del QE e di conseguenza ripresa dei normali differenziali di rendimento da Paese a Paese
2. Inflazione in aumento, come confermato dall’ultimo dato che ha spiazzato i più, anche se già da tempo le curve parlavano chiaro
3. Aggiustamenti e revisioni eventuali sugli aspetti comunitari, probabilmente differenti da Paese a Paese”

Per ciò che concerne il nostro portafoglio, come previsto la volatilità continua a farsi sentire, e lo farà sinché non verranno trovati i nuovi equilibri di cui ai punti precedenti. Il NAV vale oggi 110,63 rispetto ai 111,32 dell’ultima valorizzazione. Anche in questo caso, a costo di essere noiosi, riportiamo quanto già detto a suo tempo: “la volatilità di questi giorni sarà riassorbita con fasi molto probabilmente altalenanti […]”.

Attendiamo quindi le reazioni dei mercati agli importanti appuntamenti dei prossimi giorni e solo dopo valuteremo se apportare delle piccole modifiche al portafoglio. In realtà non crediamo sarà necessario poiché quasi la metà del portafoglio va a scadenza nei prossimi 6 mesi tra cui un Btp-i che libera liquidità per oltre il 20% del portafoglio.