NASDAQ100 WEEKLY - Settimana all'insegna della correzione sugli indici azionari USA, ma non su quello tecnologico.


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Questa volta, soprattutto la FED, ci ha messo lo zampino per far correggere i mercati azionari USA anche se in settimana, S&P500 e Nasdaq100, hanno aggiornato i rispettivi record. Ma andiamo con ordine.

La settimana di contrattazioni si è focalizzata soprattutto tra le giornate di mercoledì e gio-vedì a seguito della riunione del FOMC con le relative dichiarazioni del Presidente Powell e di qualche altro membro del board. Le parole accomodanti di Powell hanno avuto come contraltare un tono più battagliero di quanto preventivato da parte di alcuni membri del FOMC, causando un rialzo dei rendimenti e ridato forza al dollaro che si è portato, nei confronti della divisa europea, sotto l’1,20.

La conferenza di Powell ha infatti pesato su Wall Street, soprattutto nell’intraday di mercoledì quando i listini hanno fatto registrare uno sfondone per poi riprendersi in chiusura di seduta, comunque negativa. Il più colpito dalle vendite è stato l’indice Dow Jones, seguito da S&P e Nasdaq Composite.

In particolare, il dot plot della riunione infatti ha mostrato come, rispetto all’ultimo meeting di marzo, diversi membri del FOMC si attendono ora due rialzi dei tassi entro il 2023 anziché soltanto uno. Benché il numero uno della FED abbia espresso cautela, questo sembrerebbe uno scenario coerente con le previsioni macro, riviste al rialzo sia dal lato della crescita (+7% nel 2021 e +3.3% nel 2022) che dell’inflazione (+3.4% nel 2021 e +2.1% nel 2022). Per quanto riguarda il “tapering”, Powell ha ammesso che il dibattito interno è iniziato visto il ritmo della ripresa “sorprendente”, ma per il momento il QE è stato confermato al ritmo corrente di 120 miliardi $ al mese.

Ma, a dare il colpo di grazia ai listini azionari, sono state le dichiarazioni del Presidente della FED di St. Luis, James Bullard, che ama collocarsi agli estremi del consenso, o super colomba, o super falco, che hanno ribadito con forza i concetti espressi nel FOMC, collocandosi tra coloro che vorrebbero alzare i tassi direttamente l'anno prossimo. Secondo Bullard lo scenario macro ha sorpreso la FED in positivo e bisogna agire di conseguenza. Riportiamo le dichiarazioni nel capitolo riguardante la FED.

Sembra che il mercato si diverta a contraddire la FED. Finchè questa ha giudicato l'inflazione temporanea e sostenuto che i tassi sarebbero stati fermi fino a fine 2023, la curva monetaria ha prezzato 2 rialzi entro fine 2023 e rischio inflazione, con i “breakeven inflation” che volavano e i reflation trade in voga (n.b. rotazione settoriale dai titoli tecnologici ad alta crescita potenziale che vengono improvvisamente venduti, invece i titoli “value”, a crescita più lenta e più sensibili all’andamento dell’economia come banche, industrie, aziende delle materie prime vengono acquistati). Ora che la FED ha ceduto, e ammesso che la situazione inflattiva non è così tranquilla, e quindi lo stimolo andrà ritirato e i tassi alzati prima del previsto, il mercato si comporta come se fosse quasi esagerato: fa calare bruscamente le attese di inflazione, con il breakeven inflation a 10 e 30 anni in calo, e un’ondata di prese di beneficio su reflation trades e sulle commodity. Naturalmente la caduta dei reflation trades porta in dote una correzione sull'azionario, meno su quello tecnologico.

Come detto in precedenza non solo la riunione del FOMC ha depresso i mercati azionari, ma anche il fronte COVID e la sua variante DELTA (indiana) ha ripreso a far sentire la sua voce con più del 13% dei casi totali in USA e soprattutto in UK.

Inoltre nelle ultime due settimane, ma soprattutto in quest’ultima, hanno avuto risalto le questioni geopolitiche. Con l’attenzione focalizzata sul bilaterale tra il presidente USA Biden e il leader del Cremlino Vladmir Putin che si è tenuto a Ginevra. Questi alcuni passaggi scaturiti dall’incontro:

- I COLLOQUI DI PUTIN CON JOE BIDEN SONO STATI INTENSI, I LEADER HANNO DISCUSSO L'ORDINE DEL GIORNO COMPLETO - FONTE TASS.

- PUTIN DICE STABILITÀ NUCLEARE STRATEGICA, SONO STATI DISCUSSI CONFLITTI REGIONALI E DISCUSSIONI SUL COMMERCIO NELL’ ARTICO.

- PUTIN DICE DI ESSERE D'ACCORDO CON BIDEN SUL RITORNO DEGLI AMBASCIATORI ED INVIATI NEI DUE PAESI.

- PUTIN DICE CHE CON BIDEN ABBIAMO ACCETTATO DI AVVIARE LE CONSULENZE SULLA CYBER SECURITY.

- PUTIN DICE CHE LA MAGGIOR PARTE DEGLI ATTACCHI CYBER NEL MONDO PROVENGONO DAGLI STATI UNITI

- PUTIN DICE DI ESSERE SODDISFATTO DELLA SPIEGAZIONE DI BIDEN SUI COMMENTI CIRCA LA DEFINIZIONE DI "KILLER".

- PUTIN DICE CHE MOSCA CAPISCE LA POSIZIONE DEGLI STATI UNITI SULLE 'LINEE ROSSE' E VICEVERSA.

- PUTIN E BIDEN ADOTTANO DICHIARAZIONE CONGIUNTA SULLA STABILITÀ NUCLEARE STRATEGICA - CITA IL CREMLINO

Dopo l’incontro con Putin, ora il focus dell’amministrazione Biden si sposta sulla Cina di Xi Jinping. Il consigliere della sicurezza nazionale, Sullivan, ha confermato la volontà di intraprendere il dialogo con Pechino. Tra le parti tuttavia i conflitti rimangono, soprattutto per quanto riguarda la competizione nel settore tecnologico con i regolatori USA che hanno proposto un “ban” sui prodotti Huawei e su altre quattro società cinesi per rischi legati alla sicurezza nazionale.

Proprio per la competizione tecnologica, il Presidente cinese, Xi Jinping ha nominato Liu He come responsabile per guidare lo sviluppo del settore dei semiconduttori. La mossa fa seguito a quella oltreoceano di Biden di stanziare oltre 50 miliardi $ per favorire la produzione USA dei chip.

Sempre in ambito geopolitico si è tenuto il vertice NATO, terminato con il comunicato finale con cui, per la prima volta, la CINA è stata inserita nella lista dei rischi alla sicurezza comune. La risposta della CINA alle dichiarazioni al termine del G7 e del vertice NATO non si sono fatte attendere. Infatti Pechino in settimana ha eseguito un’incursione con 28 aerei all’interno della zona di identificazione di difesa area di Taiwan. La mossa arriva infatti a pochi giorni dal monito del G7 alla CINA affinché sia promossa una risoluzione pacifica delle questioni con Taiwan e mentre Taipei intensifica le relazioni con gli USA.

Infine, con l’intesa tra UE e USA sui dazi che non solo segna una tregua sulla vicenda Airbus-Boeing, ma pone le basi per un impegno comune tra Bruxelles e Washington contro la CINA. L’accordo infatti, oltre a sospendere per almeno 5 anni i dazi aggiuntivi introdotti come misura di ritorsione per i sussidi ai propri colossi dell’aviazione, prevede un’alleanza per contrastare l’ascesa di Pechino nel settore tecnologico.

Andando ora ad analizzare i rendimenti che, dopo aver segnato un minimo relativo, ironicamente il giorno dell'uscita dei dati sul CPI, sono rimbalzati di qualche cosa ma restano su livelli troppo bassi, anche se l'inflazione che stiamo osservando si dimostrasse effettivamente temporanea, e la FED restasse dovish:

Come si vede bene dal grafico, I breakeven inflation US continuano la loro fase di correzione dai 2,32% della scorsa settimana ai 2,24% di oggi:

Passiamo ora all’analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. A parte lo scivolone di mercoledì scorso, la settimana si chiude favorevolmente per l’indice tecnologico che, oltre ad aver fatto registrare un nuovo massimo storico a 14205.43, è stato l’unico indice a chiudere con il segno positivo (anche se di poco) ed a recuperare un bel po' di terreno rispetto all’indice S&P500. Come riportato in precedenza, la caduta dei “reflation trades” ha favorito la rotazione settoriale verso i titoli ad alta crescita potenziale. L’area 13800 che fungeva da resistenza nelle settimane precedenti, ora funge da supporto testato proprio mercoledì scorso, quando i listini sono scesi violentemente in intraday. La prosecuzione del rialzo trova la resistenza successiva posta in area 14350/14500. Viceversa, potremmo avere un re-test in area 13800/13700, poi in area 13500/13450 (ultimo swing e ritracciamento del 38,2% dai massimi di giovedì scorso). L’indice di volatilità (VIX) da 15 si è portato sopra 20, nulla di preoccupante ma da monitorare. Il livello di RSI a 60 indica che c’è spazio per ulteriori rialzi. La settimana si è chiusa a 14049.58 con un guadagno del + 0,37% che porta l’indice ad un guadagno del + 9,01% da inizio anno 2021.

S&P500, Pur avendo fatto registrare nuovi record ad inizio settimana in area 4255/4257, l’indice chiude la settimana di contrattazioni con un passivo abbastanza pesante. Nulla di preoccupante per quanto riguarda il trend rialzista, anzi sarebbe salutare correggere ancora un po' (3-5% ?) per ricaricare le batterie in previsione di un nuovo attacco alla resistenza posta in area 4270 ed oltre. La settimana scorsa scrivevamo che per raggiungere il successivo target posto in area 4440/4450 c’era bisogno di propulsione per poterlo raggiungere, ebbene la correzione di questi ultimi tre giorni questa se si tramutasse in fase correttiva, potrebbe fornire l’energia adatta per il raggiungimento di nuove vette. La correzione della scorsa settimana si è fermata con un re-test in area 4160 senza andare oltre, nulla osta andare a testare il supporto posto in area 4050 (ritracciamento del 38,2% dai massimi) senza comunque intaccare il trend rialzista. La settimana di contrattazione si è chiusa a 4166.45, con una perdita del – 1,91%, il che porta ad una performance del + 10.93% da inizio 2021.

Infine l’indice DOW JONES, che dopo aver visto la barriera dei 35000 come fermo baluardo rialzista, la settimana scorsa ha prodotto una perdita rilevante, nettamente superiore all’S&P500. La rottura confermata di area 33350 (ritracciamento del 38,2% dai massimi) proietterebbe i prezzi a 32800 ed al test della trendline ascendente e del supporto del 50% di ritracciamento dai massimi. Ovviamente nulla di grave, ma conferma la debolezza in questa fase dei titoli dei settori finanziari, industriali ed energetici. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 33290.08 con una perdita del – 3.45% il che riporta ad una performance del + 8.77% da inizio anno 2021.

ORO INDEX 

L’Oro è spesso pubblicizzato come un modo per proteggersi dall’inflazione ma, al momento, sembra rappresentare un rischio per gli investitori.

Un investimento che si protegga dall’inflazione generalmente aumenterebbe insieme alla rapida crescita dei prezzi al consumo. Tuttavia, l’Oro ha prodotto un rendimento negativo per gli investitori durante alcuni dei più recenti periodi di inflazione negli Stati Uniti

Secondo Amy Arnott, portfolio strategist di Morningstar, gli investitori preoccupati per l’aumento dei prezzi al consumo potrebbero prendere in considerazione altre asset class. “L’oro non è davvero una copertura perfetta”, ha affermato Arnott, che ha analizzato i rendimenti di varie classi di attività durante periodi di inflazione superiore alla media. Ha detto: “Non c’è alcuna garanzia che se c’è un picco nell’inflazione, l’Oro genererà anche rendimenti superiori alla media”.

Secondo l’analisi di Arnott, ad esempio, gli investitori in Oro hanno perso in media il 10% dal 1980 al 1984, quando il tasso di inflazione annuale era di circa il 6,5%. Allo stesso modo, l’Oro ha prodotto un rendimento negativo del 7,6% dal 1988 al 1991, un periodo in cui l’inflazione era di circa il 4,6%. Tuttavia, gli investitori hanno vinto alla grande dal 1973 al 1979, quando il tasso di inflazione annuale era in media dell′8,8%. La commodity ha restituito un enorme 35%. Il record suggerirebbe che gli investitori preoccupati per l’inflazione effettivamente scommetterebbero usando l’Oro come copertura nel loro portafoglio.

“Non lo comprerei solo perché pensi che l’inflazione stia arrivando”, ha affermato Michael McClary, chief investment officer di Valmark Financial Group ad Akron, Ohio.

Invece, gli investitori potrebbero considerare di aumentare le allocazioni a quattro classi di attività: azioni, titoli protetti dall’inflazione del Tesoro (noti come TIPS), fondi di investimento immobiliari e materie prime (petrolio, ad esempio) come una migliore copertura contro l’inflazione, ha affermato McClary.

Si consideri un portafoglio allocato per il 60% ad azioni e per il 40% a reddito fisso (ovvero obbligazioni e investimenti equivalenti). Un portafoglio con copertura dell’inflazione potrebbe allocare dal 5% al 15% del bucket azionario a REIT e materie prime. (I fondi comuni di investimento o scambiati in borsa investono in un’ampia gamma di ciascuno.) La parte a reddito fisso può avere un’allocazione del 25% a TIPS, ha detto McClary.

Queste classi di attività hanno un track record più coerente durante i periodi inflazionistici rispetto all’oro, secondo l’analisi di Arnott.

Ad esempio, i REIT hanno restituito l′11,5%, il 20,4% e il 9% rispettivamente nel periodo 1973-79, 1980-84 e 1988-91. Le materie prime hanno reso 19,4%, 2,3% e 21% negli stessi intervalli di tempo.

Naturalmente, queste analisi hanno esaminato periodi inferiori a cinque anni. Il record dell’Oro a lungo termine, che abbraccia diversi decenni, è più coerente con la sua reputazione di copertura contro l’inflazione. “Se guardi al lunghissimo termine, l’Oro dovrebbe mantenere il suo valore contro l’inflazione. Ma per un periodo più breve, potrebbe non essere una buona copertura”, ha detto Arnott.

L’inflazione è aumentata del 4,2% ad aprile rispetto all’anno precedente, l’accelerazione più rapida dal 2008.

Naturalmente, mentre i prezzi al consumo sono aumentati nel breve termine, l’alta inflazione molto probabilmente non sarà prolungata nel tempo. La maggior parte degli economisti di Wall Street si aspetta che sarà una fase temporanea. Tuttavia, Deutsche Bank, in una previsione fuori consenso, ha avvertito che l’aumento dell’inflazione potrebbe essere una “bomba a orologeria” globale e gli investitori potranno vedere l’Oro come una classe di attività benefica nonostante l’argomento dell’inflazione. Ad esempio, i sostenitori della commodity, spesso pensano al bene come a un rifugio sicuro anche durante i periodi di turbolenza.

L’Oro si è dimostrato resistente durante la disfatta del mercato nei primi giorni della pande-mia di Covid. L’ indice azionario S&P500 ha perso il 34% dal massimo del 19 febbraio al minimo del 23 marzo dello scorso anno, mentre il fondo SPDR Gold Shares ha perso solo il 3,6% nello stesso periodo. (Queste percentuali si basano sui prezzi alla chiusura del mercato.)

Gli investitori la cui tesi di investimento per l’Oro è intatta, indipendentemente dall’inflazione, non dovrebbero necessariamente cambiare la loro allocazione dato il suo track record misto, ha detto McClary.

“Rien ne va plus”, l’area 1900 $/oz. è, de facto, diventata una resistenza di un certo spessore, anche se non ci aspettavamo che lo sfondone settimanale potesse riportare i prezzi ad Aprile 2021. Sfondato senza ritegno il supporto posto in area 1850 $/oz. i prezzi sono andati direttamente a testare il secondo importante supporto in area 1770 $/oz che, un paio di volte a fine 2020 aveva fermato il ribasso. Ci auguriamo che non si vada ad un re-test di area 1700 $/oz., altrimenti si apriranno scenari di….guerra.

Per quanto riguarda le altre due commodities presenti nel nostro Portafoglio operativo, la settimana è stata funerea anche per l’argento tornato ai livelli di 26 $/oz., peggio ancora per il Platino che, purtroppo, sfonda ogni supporto e si posiziona in area 1050 $/oz., valori di fine 2020. Nulla di buono. La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1769 $/oz. facendo registrare una perdita del –5,88% che porta il deficit da inizio anno al – 6,65%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1763.30 $/oz. con una perdita del – 6,04%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES AGOSTO 2021:

LA POLITICA DEGLI STATI UNITI

Mercoledì scorso un gruppo formato da 21 senatori, tra questi 11 repubblicani, ha appoggiato un quadro infrastrutturale bipartisan: una proposta da circa un trilione di dollari, che non aumenterebbe le tasse sulle aziende o sui benestanti. Il piano, però non andrebbe incontro a diversi obiettivi dei Dem in tema di investimenti in energia pulita e programmi sociali. Un gruppetto di liberali al Senato ha minacciato di votare contro l’accordo bilaterale, che secondo loro non fa abbastanza per combattere il cambiamento climatico o la disparità di reddito.

Per essere approvato al Senato, il piano deve ottenere il sostegno di tutti i Dem, altrimenti, se qualche democratico dovesse opporsi, servirebbe l’appoggio di più di 10 repubblicani. La soglia per il passaggio al Senato è fissata a 60 voti.

Alcuni democratici hanno suggerito che il loro partito potrebbe approvare un piano di infrastrutture “fisico” con il sostegno repubblicano se agli scettici verrà garantito che le loro priorità saranno trattate successivamente. A seguire i Dem potrebbero utilizzare la legge sulla “riconciliazione di bilancio” per far passare investimenti in assistenza a bambini ed anziani, energia pulita, istruzione ed assistenza sanitaria.

Anche se i dialoghi per il pacchetto bipartisan continuano, il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, ha detto che i democratici inizieranno il processo di elaborazione di una risoluzione di bilancio e che sarà discussa una proposta, anche senza sostegno bipartisan, che comprenda i programmi sociali e climatici inclusi nell’American Jobs Plan e American Families Plan.

A tal proposito, consulenti della Casa Bianca si sono incontrati con i cinque senatori democratici che hanno negoziato la proposta. Dopo il meeting, il portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, ha detto a NBC News che i funzionari hanno trovato l’incontro produttivo ed incoraggiante.

Cambiando argomento, giovedì scorso il presidente Joe Biden ha messo la firma su un disegno di legge che stabilisce la nascita del “Juneteenth”, una nuova festa nazionale che inizierà ad essere celebrata, a partire dal prossimo anno, il giorno 19 giugno per ricordare la fine della schiavitù negli USA. Non veniva istituito un nuovo giorno festivo dal 1983, quando il presidente Ronald Reagan firmò la legge sul Martin Luther King Jr. Day. La vicepresidente Kamala Harris, in occasione dell’evento organizzato alla Casa Bianca per la firma, ha detto: “Siamo arrivati lontano e dobbiamo ancora andare lontano. Ma oggi è un giorno di festa”. Il presidente Joe Biden a sua volta ha dichiarato: “Le grandi nazioni non ignorano i loro momenti più dolorosi. Li accettano”. “In breve, questo giorno non celebra solo il passato. Richiede un’azione oggi”.

POLITICA USA-RUSSIA

L’incontro di mercoledì scorso a Ginevra tra Joe Biden e Vladimir Putin ha portato ad alcuni risultati positivi. I leader delle due nazioni hanno deciso di riprendere i dialoghi sul nucleare e riportare i propri ambasciatori ai loro rispettivi posti esteri (entrambi furono richiamati in primavera dopo l’annuncio di Biden di nuove sanzioni alla Russia per un attacco informatico dell’anno scorso alle agenzie di governo statunitensi). Anche i commenti post-incontro hanno confermato l’esito favorevole del meeting; Putin ha parlato di colloqui “molto produttivi” e senza ostilità, Biden ha descritto il dialogo come “buono, positivo”.

Per quanto riguarda il nucleare, saranno i funzionari di livello operativo a decidere la composizione, il luogo e la frequenza dei dialoghi. Biden ha detto che in pratica questo significa “riunire i nostri esperti militari e diplomatici per ottenere il controllo sui nuovi e pericolosi sistemi d’armi”. Secondo un comunicato congiunto pubblicato su Twitter dal ministro degli esteri russo, i due paesi: “nel prossimo futuro si impegneranno insieme in un dialogo bilaterale integrato di stabilità strategica. Proveranno a gettare le basi per future misure di controllo delle armi e di riduzione del rischio”.

Al centro dell’incontro anche la sicurezza informatica. Biden ha detto: “Determinate infrastrutture essenziali dovrebbero essere intoccabili da attacchi, informatici o di qualsiasi altro mezzo”. “Ho dato loro una lista, 16 entità specifiche definite come infrastrutture essenziali per la politica USA, dal settore dell’energia ai sistemi idrici”. Il presidente americano ha spiegato che i due paesi incaricheranno esperti di lavorare su accordi riguardo ciò che è off-limits. Identificando infrastrutture essenziali come off-limits, Biden ha individuato obiettivi che nel caso in cui dovessero essere attaccati, da attori statali o non statali, probabilmente meriterebbero una risposta governativa. Nelle scorse settimane si sono verificati due attacchi informatici “ransomware”: uno al più grande oleodotto statunitense, Colonial Pipeline, l’altro all’azienda brasiliana JBS, più grande fornitrice mondiale di carne. Si crede che entrambi gli attacchi siano stati effettuati da criminali che si trovano in Russia. Putin ha deviato le domande riguardo gli attacchi ed ha specificato che la Russia non ha avuto nulla a che fare con la vicenda di Colonial Pipeline. Secondo funzionari statunitensi l’idea che Putin sia all’oscuro di questi attacchi non è credibile.

In un articolo su The Spectator Mary Dejevsky spiega che la ripresa di relazioni più normali tra USA e Russia rappresenta un dilemma per il Regno Unito, dato che secondo lei la “demonizzazione” di Mosca durante la presidenza Trump – nonostante, o più probabilmente a causa del suo dichiarato desiderio di avviare un riavvicinamento – si adattava perfettamente a Londra. Mary Dejevsky si chiede se un eventuale miglioramento delle relazioni USA-Russia possa forzare una rivalutazione a Londra e portare a qualche apertura. “E – si legge nell’articolo – quanto potrebbe essere problematico, vista la durezza della retorica che ci si è scambiati per così tanto tempo tra Londra e Mosca ?”. Downing Street potrebbe essere particolarmente interessata dal piano di Russia e USA di discutere di sicurezza informatica, un’area considerata centrale dal Regno Unito per la sua politica tecnologica e di sicurezza e probabilmente chiederanno di partecipare a questi dialoghi.

POLITICA USA-CINA

Dopo l’incontro di mercoledì scorso con il Presidente russo Vladimir Putin, per Joe Biden all’orizzonte potrebbe esserci un importante e delicato dialogo anche con il Presidente della Cina, Xi Jinping. Jake Sullivan, consigliere di Biden per la sicurezza nazionale, giovedì scorso ha detto che i due leader hanno in programma di: “fare il punto su dove siamo nella relazione bilaterale”. Sullivan ha spiegato che presto si valuterà la modalità di dialogo, che potrebbe avvenire tramite chiamata, ma anche a margine di un altro summit internazionale. E a tal proposito, l’incontro potrebbe avvenire proprio nel nostro paese. Ad ottobre, infatti, l’Italia ospiterà una riunione del G20, alla quale dovrebbero partecipare sia il Presidente americano che quello cinese. Sullivan ha detto che non sono state prese decisioni definitive.

Sullivan ha tracciato un bilancio positivo del viaggio in Europa del presidente USA: “Il punto è che Joe Biden in questo viaggio ha indossato il mantello del leader del mondo libero con sicurezza ed abilmente”. “Il Presidente precedente aveva ceduto quel mantello ma questo l’ha recuperato con enfasi”, ha detto Sullivan.

LA POLITICA DELLA FED

 Nel corso dell’ultima riunione del FOMC (il comitato che delibera in materia di politica monetaria) è stato deciso di mantenere ancora il tasso di prestito a breve termine di riferimento ancorato vicino allo zero, tuttavia i funzionari hanno indicato che aumenti dei tassi potrebbero manifestarsi nel 2023. Una previsione che anticipa i tempi rispetto a quanto detto a marzo, quando non si ipotizzavano aumenti fino almeno al 2024.

Per quanto riguarda l’inflazione, la FED ha alzato le proprie previsioni al 3,4%, pur restando dell’idea che le pressioni inflazionistiche siano “transitorie”. Nonostante una previsione aumentata per quest’anno, la commissione nel lungo periodo vede ancora ancora un’inflazione tendente al proprio obiettivo del 2%. Dopo la riunione, il numero uno della banca centrale, Jerome Powell ha dichiarato: “La nostra previsione è che questi dati di inflazione alta, ora si ridurranno”. Powell ha osservato che alcune dinamiche legate alle riaperture stanno “aumentando la possibilità che l’inflazione possa risultare più alta e persistente rispetto a quanto abbiamo previsto”. Il presidente della FED ha anche parlato di un avvicinamento al doppio obiettivo di occupazione ed inflazione più rapido del previsto, sottolineando in particolare la forte ripresa nella crescita, con una banca centrale che ora prevede un PIL al 7% nel 2021: “Gran parte di questa crescita rapida riflette il costante rimbalzo dell’attività da livelli di depressione e i fattori maggiormente colpiti dalla pandemia restano deboli, ma hanno mostrato un miglioramento”.

CNBC riporta le dichiarazioni di Kathy Jones, responsabile del reddito fisso di Charles Schwab: “Se hai intenzione di ottenere due aumenti dei tassi nel 2023, devi iniziare il “tapering” abbastanza presto per raggiungere quell’obiettivo”. “Ci vogliono forse da 10 mesi ad un anno per fare “tapering” ad un ritmo moderato. Quindi dobbiamo considerare che bisogna iniziare con il “tapering” forse alla fine dell’anno, e se l’economia continuerà a correre un po’, aumenti dei tassi prima piuttosto che dopo”.

Il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard venerdì scorso, in una intervista televisiva, ha detto che prevede un primo aumento dei tassi di interesse a fine 2022, in anticipo quindi rispetto quanto stimato dal punto di vista medio del FOMC, che ha parlato di due rialzi dei tassi d’interesse nel 2023. Bullard ha dichiarato: “Ci aspettiamo un buon anno, una buona riapertura. Ma questo è un anno più grande di sviluppo di quanto ci aspettassimo, più inflazione di quanta ce ne aspettassimo”. “Penso sia naturale che ci siamo avvicinati ad una posizione un po’ più hawkish (una politica monetaria più dura, ndr) per contenere le pressioni inflazionistiche”. Se da un lato il presidente della Federal Reserve Bank di St. Louis ha evidenziato quanto sia positivo avere un’economia in crescita veloce ed un mercato del lavoro in miglioramento, dall’altro ha avvertito che la crescita sta portando un’inflazione più veloce del previsto. Bullard pensa che sarebbe saggio iniziare ad alzare i tassi d’interesse già dal prossimo anno. Per lui l’inflazione quest’anno sarà al 3% e al 2,5% nel 2022, prima di tornare al 2% fissato come target dalla FED. Bullard ha detto: “Se questo è quello che pensiamo che accadrà, quando arriveremo alla fine del 2022 avremo già due anni di inflazione dal 2,5% al 3%”. “Per quanto mi riguarda, questo soddisferebbe il nostro nuovo assetto nel quale abbiamo detto che permetteremo all’inflazione di andare oltre il target per un po’ di tempo e da lì potremmo portare l’inflazione giù al 2% nell’orizzonte successivo”. Per quanto riguarda il ritmo di acquisto di asset della FED, Bullard pensa che ci vorranno diversi mesi di discussione prima che si decida come iniziare a ridurlo.

Il segnale che la FED stia cercando di allontanarsi da alcune sue politiche accomodanti diventa un aspetto centrale. In questa settimana, particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai dati sulle spese per consumi personali, in pubblicazione venerdì, che includono l’indice PCE, dato inflattivo che la FED guarda molto da vicino. Peter Boockvar, capo stratega di investimenti a Bleakley Global Advisors, ha detto che i dati sull’inflazione dovrebbero riflettere lo stesso picco dei prezzi mostrato nell’indice dei prezzi al consumo di maggio, con un aumento del 5% a livello annuale: “Mostrerà alcuni aumenti a livello mensile piuttosto robusti”. Per Boockvar i dati sull’inflazione saranno i più importanti per i mercati: “Questo è tutto ciò su cui è incentrato il resto dell’anno – inflazione, inflazione, inflazione e come la Federal Reserve si adatterà ad essa”. Il dibattito sull’inflazione, secondo Boockvar, è una questione globale e che non riguarda solo gli Stati Uniti.

Julian Emanuel, capo delle strategie equity e derivati a BTIG, ha detto che la FED ha immesso un nuovo livello di volatilità nei mercati; si aspetta che gli investitori saranno nervosi ora che si avvicina il meeting di fine luglio del FOMC e anche con l’avvicinarsi del simposio annuale di Jackson Hole, a fine agosto. Diversi economisti si aspettano che Jackson Hole sarà il forum in cui la FED rilascerà dettagli riguardanti il programma di “tapering”. 

Infine, la domanda per il meccanismo di “reverse repo facility” (struttura di pronti contro termine inversa) della FED ha raggiunto un altro nuovo massimo. Ben 68 società hanno deciso di “parcheggiare” 756 miliardi $ presso la FED a rendimento 0%, superando di gran lunga il precedente record di 584 miliardi $.

DATI MACROECONOMICI

Nel mese di maggio il dato relativo alle vendite al dettaglio delude le attese, subendo una contrazione superiore a quella prevista dal consensus (-0,8%), perdendo l’1,3% dopo la crescita dello 0,9% di aprile (dato rivisto da 0%). Il dato annualizzato di maggio, invece, cresce del 28,15% rallentando rispetto al +53,40% del mese precedente (dato rivisto da 51,22%). Il dato sulle vendite al dettaglio Control Group a maggio segna un -0,7%: praticamente in linea con quanto previsto (consensus a -0,6%) e con un calo leggermente superiore a quello di aprile (-0,4%, rivisto da -1,5%). Peraltro, i consumi di beni sono saliti in US di oltre il 20% dai livelli pre-pandemia grazie a stimolo fiscale e lockdown: è evidente che è insostenibile come aumento. Ma probabilmente a compensare questo calo interverrà la spesa per servizi.  I dati precedenti sono rilasciati dall’U.S. Census Bureau.

Delusione anche dall’indice NY Empire Manufacturing, che stima le condizioni commerciali dei produttori di New York, passa dai 24,3 punti di maggio ai 17,4 punti di giugno. Una contrazione decisamente superiore al consensus fissato a 23 punti. Il dato è elaborato dalla Federal Reserve Bank di New York.

Il dato annualizzato dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI) di maggio ha (naturalmente) sorpreso al rialzo (+6.6% da prec +6.2% e vs stime per +6.2%). Il dato è rilasciato dal Department of Labor.

Il numero di nuovi cantieri per la costruzione di case nel mese di maggio cresce del 3,6% rispetto ad aprile passando da 1,517 milioni (dato di aprile rivisto da 1,569 milioni) a 1,572 milioni. La crescita, tuttavia, è stata più contenuta di quanto previsto (il consensus era fissato a 1,630 milioni). Il numero di permessi di costruzione a maggio cala del 3%: da 1,733 milioni (dato rivisto da 1,76 milioni) si è passati a 1,681 milioni. Il consensus prevedeva una piccola contrazione a 1,730 milioni. I due dati sono rilasciati dall’U.S. Census Bureau.

Nella settimana terminata il 12 giugno inatteso dato sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione, il numero è tornato a crescere andando oltre quota 400 mila. Le richieste sono state 412 mila; il consensus prevedeva un calo da 375 mila (dato della settimana precedente, rivisto da 376 mila) a 359 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

L’indice che misura le condizioni del settore manifatturiero della regione di Philadelphia a giugno subisce un calo rispetto a maggio (31,5 punti) attestandosi a 30,7 punti; poco sotto le stime (consensus 31 punti). Il dato è elaborato dalla Federal Reserve Bank di Philadelphia.

PORTAFOGLI AZIONARI

Continuano le soddisfazioni sui Portafogli azionari del LombardReport. Anche nella settimana appena trascorsa, sono ben 3 i titoli sui quali abbiamo raggiunto i target previsti. Iniziamo dal Portafoglio LombardReport storico, nel quale registriamo la vendita del titolo CADENCE DESIGN con la strategia del “Nasdaq Weekly”, portando a casa un buon + 7%. Inoltre siamo entrati in acquisto sul titolo italiano UNIPOLSAI, mentre l’unica criticità rimane sempre sul titolo COGNIZANT con la strategia “Nasdaq Weekly”, ad un passo dallo STOP. Ci sta, non si può sempre vincere.

Passiamo ora al Portafoglio “The Challenge” che ci propone guadagni più succulenti a partire dalla vendita dell’ETF DIGITAL INFRASTRUCTURE & CONNETTIVITY a 8,29 € con un profit del + 26,47% ed a seguire la vendita del titolo del Nasdaq, SORRENTO THERAPEUTICS a 10,20 $ con un profit del 41,67%. Non male, no ! Da segnalare l’entrata in acquisto sul titolo italiano BREMBO ed il recupero prodigioso di FASTLY. Per quanto riguarda il titolo francese NOVACYT sul quale avevamo messo un ordine di acquisto per il secondo lotto, appena ci ha visti è subito scappato all’insù. Poco male, noi siamo sempre lì in attesa così come su altri 4 titoli, senza fretta e soprattutto senza svenarsi.

Alla prossima.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.

ADOBE SYSTEMS – 0,80%. La società offre una linea di software e servizi utilizzati da professionisti creativi, professionisti del marketing, sviluppatori, imprese e consumatori, ha riportato utili nel secondo trimestre fiscale 2021 pari a 3,03 $/az. su ricavi per 3,84 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 2,81 $/az. su ricavi per 3,73 mld $. Il fatturato è aumentato del 22,6% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi per il terzo trimestre fiscale 2021 utili per ca. 3,00 $/az. su ricavi pari a ca. 3,88 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 2,89 $/az. su ricavi pari a 3,83 mld $.

Shantanu Narayen, CEO di Adobe, ha affermato: "Adobe ha avuto un secondo trimestre eccezionale in quanto, Creative Cloud, Document Cloud ed Experience Cloud continuano a trasformare il lavoro, l'apprendimento e il gioco in un mondo digitale. La nostra roadmap innovativa del prodotto e la leadership senza pari nella creatività, nei documenti digitali e nella gestione dell'esperienza del cliente ci posizionano per un successo continuo nel 2021 e oltre".

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (6/21/2021)
Non sono presenti ordini di acquisto per la settimana entrante.

Pagina a cura di GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.