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Aggiornamento portafoglio: una volta si diceva “don’t fight the Fed”


In quello che ormai sembra davvero aver assunto i connotati di un “duello” tra Wall Street ed economia, la Fed sarà l’ago della bilancia. I dati macroeconomici continuano a segnalare un rallentamento dell’economi ma l'inflazione rimane tenace.

E, nonostante le recenti giornate di correzione, il mercato azionario sembra non voler mollare, mentre i bond sembra abbia preso decisamente la via del ribasso. Se dovessimo rappresentare questa situazione con un disegno, potremo immaginare una competizione "tira e molla", con prezzi e indici che puntano a uno scenario positivo, mentre i dati economici e molti economisti mettono in guardia su un quadro meno roseo.

Come sappiamo, da un lato, c'è una ostinata inflazione dall’altro un'economia in rallentamento che potrebbero avere un impatto sui consumi e sugli utili delle società. D'altra parte, gli ottimisti vedono un'inflazione in calo grazie a forze come i guadagni di produttività e l'efficienza previsti dall'intelligenza artificiale, con un mercato azionario che mostra per ora una sufficiente tenuta nel breve termine.

Un altro elemento che supporta il mercato è la grande quantità di denaro parcheggiata in attesa di essere utilizzata, stimata in 5.500 miliardi di dollari. Sempre secondo gli ottimisti, questa liquidità, che offre rendimenti interessanti rispetto agli strumenti monetari e ai corporate bond, potrebbe spingere gli investitori ad entrare nel mercato azionario.

Però non possiamo ignorare che ci sono ancora forze opposte in gioco. L'ultimo dato sull'occupazione negli Stati Uniti mostra una situazione contrastante, con nuovi posti di lavoro creati in numero inferiore alle attese, ma un tasso di disoccupazione in calo e tensioni salariali persistenti.

In questo contesto, come sempre, la Fed rimane la chiave di tutto. Fino ad ora, nonostante una fase di sottovalutazione iniziale dell'inflazione, la Fed ha gestito l'economia in modo morbido. Ora, come sappiamo anche grazie alle minute dei verbali Fed, è ampiamente atteso un aumento di altri 25 punti base a fine luglio, anche se ormai l'attenzione del mercato è focalizzata sulla durata del periodo di tassi di interesse elevati.

Ciò che conta, a questo punto, non è tanto se i tassi saranno più vicini al 6% rispetto al 5% attuale, ma per quanto tempo rimarranno alti rispetto all'andamento dell'inflazione. Il rischio o, meglio, ciò che smonterebbe le velleità degli ottimisti, non è nel breve termine, ma piuttosto nel medio-lungo, causa una politica restrittiva più a lungo di quanto l'economia possa sopportare senza subire danni o invertire la rotta troppo presto, costringendo a un aumento dei tassi successivo per correggere l'errore.

In definitiva, come già più volte osservato su queste colonne, il rischio minore sembra proprio essere una recessione moderata. Se l'inversione della curva dei rendimenti, che in passato ha previsto correttamente le recessioni, si rivela uno strumento di previsione corretto anche questa volta, la prossima recessione potrebbe iniziare intorno ad ottobre.

Chiaramente saranno necessari ulteriori dati per confermare questa ipotesi, poiché negli Stati Uniti la recessione viene ufficialmente dichiarata dal National Bureau of Economic Research, non solo in base a due trimestri consecutivi di crescita negativa del PIL.

Alla fine, la situazione potrebbe risolversi con una situazione di stallo, dove le due “squadre” si arrendono a vicenda nella competizione del tiro alla fune. Gli investitori potrebbero quindi modificare il peso dei loro asset in portafoglio contestualmente ad attento monitoraggio delle decisioni e delle comunicazioni della Fed, le quali come sempre giocano un ruolo cruciale nel determinare il futuro dell'economia e dei mercati finanziari.

Stante questa possibile situazione di indecisione generale, è difficile dare una lettura sensata per le prossime settimane, per di più condizionate dal periodo estivo con volumi in calo e movimento spesso scomposti. Per cui, manteniamo le posizioni in portafoglio inalterate, poiché l’equilibrio generale è buono e compatibile a cogliere movimenti in un senso o nell’altro.  

Venendo al nostro portafoglio, in questo avvio di estate soffriamo un po’ la volatilità negativa del periodo (per altro, come accade ogni anno) e all’ultimo close disponibile valorizziamo un NAV a 103,99 in lieve contrazione rispetto all’ultima valorizzazione di 104,31. Scende un Po’ la performance storica su base annua, ora in area +1,23% rispetto al precedente +1,34%, portando quella cumulata al +4,00%. In aumento la volatilità totale, ora al 2,03%, così come quella negativa che sale all’1,37%.

Portafoglio aggiornato nella sezione consueta.