Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

Dalla confusione alla strategia: Il mio percorso nel trading in opzioni


Buongiorno a tutti,
innanzitutto mi scuso se sono un po' latitante, mi riprometto di cercare di essere un po' più costante nei prossimi tempi.

Oggi non vi parlerò di operazioni specifiche, non vi presenterò titoli su cui ho intenzione di aprire posizioni in questi giorni. Al contrario,vorrei condividere con voi alcune riflessioni "metodologiche" e in parte anche "filosofiche", da un certo punto di vista.

Penso che uno degli errori più diffusi, soprattutto tra i trader novelli, ma anche in quelli un po' meno di "primo pelo", è il credere che esista un modo "giusto" per tutti di fare questo mestiere, e che quindi si debba inseguire quel trader capace di trasmettere questo fantomatico metodo universale.

La buona notizia, per chi ancora non ha trovato la propria strada sui mercati, è che non c'è un solo modo giusto di fare le cose. Ma è anche una brutta notizia, perché siccome di modi giusti di fare le cose ce ne sono tanti, bisogna farsi il mazzo per trovare quello più adatto a sé stessi.

Alla base di tutto, bisogna capire quali siano i piani di lavoro su cui muoversi nella ricerca della propria strada ottimale. Sono quattro, questi piani:
- obiettivi
- tempo
- capitale
- psicologia

Quattro piani fortemente interdipendenti, a ben vedere, perché è molto difficile isolarli l'uno dall'altro.

Vogliamo parlare di obiettivi? Di base, il problema è che stabilire obiettivi ragionevoli nel mondo degli investimenti è molto difficile, se non si ha una qualsivoglia esperienza pratica sul campo. E soprattutto, è pressoché impossibile stabilire obiettivi specifici senza metterli in relazione al tempo, al capitale e alla psicologia.

Se non sai quanto tempo ci vuole per analizzare correttamente i mercati ogni giorno; se non sai quanto tempo (e quante energie mentali) richiede la ricerca rivolta alla formulazione, valutazione e ottimizzazione delle proprie strategie di trading; se non sai quanto è difficile azzeccare la direzione del mercato ogni giorno che Dio manda in terrra; se non sai quanto è difficile guadagnare tanto in poco tempo, anche se hai azzeccato le tue previsioni; se non sai quanto è difficile guadagnare tanto se hai investito troppo poco in un trade; se non sai che difficilmente riuscirai a gestire al meglio una posizione che ti causa un forte nervosismo; se non hai ancora capito che la leva non è la panacea di tutti i mali, e che se non hai capitale vai poco lonano...

Allora non hai ancora capito bene come porti su quei quattro piani.  

Sono 27 anni, ormai, che faccio trading. Sono passato per varie fasi, ho sperimentato strumenti, mercati, strategie, tecniche, indicatori... Mi sono perso in mille strade e alla fine mi sono sempre ritrovato allo stesso punto: equity line altalenante, senza meta, senza sprint.

Nemmeno con le mie amatissime opzioni sono riuscito a trovare metodi di lavoro efficaci, fino a una decina di anni fa. Un po' meno, in realtà, perché il metodo di lavoro che uso oggi, seppur affinato nel tempo, risale alla fine del 2017.

Finalmente, ho trovato il MIO modo giusto di fare trading.

Non avevo mai considerato la vendita naked di put su azioni. Pensavo fosse una strategia per kamikaze: e se il prezzo scende e ti esercitano? Sei pazzo?

L'eventualità di trovarmi in portafoglio titoli azionari assegnati per esercizio di put mi sembrava una follia, pur avendo fatto trading in azioni già nel lontano 1998, e conoscendo bene lo strumento.

Eppure, non so perchè, ma si trattava di una pratica che mi faceva molta paura, all'inizio. Oggi, rappresenta la quasi totalità della mia operatività, che ogni tanto mi vede anche fare altre tipologie di trade, ma sempre su opzioni, e sempre su sottostanti azionari.

L'idea della naked put è piuttosto banale: vendo volatilità (leggasi rischio potenziale) a chi è disposto a spendere per acquistare protezioni per i propri investimenti, o vuole scommetere su un ribasso.

Qui si aprono grandi diatribe in merito alla scelta ottimale degli strike da vendere e si innesta una delle più grandi boiate rifilate ai trader retail: vendi put a basso delta così hai poche probabilità di perdere.

Se siete convinti di questo, o se avete sentito queste dicerie e volete approfondire la questione, vi esorto a prendervi un'ora di tempo (vi assicuro che sarà un'ora molto ben spesa) per guardare un mio webinar di un paio di anni fa, con il quale ho letteralmente disintegrato - in modo assolutamente scientifico e inoppugnabile - questa leggenda metropolitana.

Il punto focale è completamente diverso: come scegliere i sottostanti. Questo è il vero nocciolo della questione!

A monte di tutto, quindi, FONDAMENTALI! Scegli titoli che fanno utili, che hanno una buona posizione finanziaria, che producono ROE elevati.

Poi è chiaro che per quanto buone possano essere le aziende che sceglierai, ti capiterà comunque che qualcuna vada male. Anche le aziende migliori mancano qualche target, qualche volta. Deludono le aspettative. E i loro prezzi crollano. Non puoi evitarlo, puoi solo ridurne la probabilità di verificarsi. E puoi diversificare il portafoglio in modo che il singolo evento fortuito impatti meno possibile.

Ma se l'azienda che manca un target crolla, comunque non fallisce. E prima o poi si risolleverà. E comunque, la tua vita finanziaria non finirà se uno dei tuoi titoli crollerà.

Sai perché? Perché la naked put non finisce alla scadenza dell'opzione, perché se "va male" ti trovi il titolo in tasca, e la tua operazione non è finita. Puoi ancora combattere.

Chiamasi "piano B", cosa fare se le cose vanno male, di base. Se vuoi avere un piano di riserva, però, devi poter gestire la posizione trasformata in azioni.

E non è solo questione di discesa del prezzo. Certo, se il titolo su cui hai "scommesso" perde il 50%, o anche di più, il recupero può essere impegnativo. Ma non significa che sia impossibile; significa che porebbe richiedere due cose, soprattutto: tempo e pazienza. Dote rara, la seconda, e fa la differenza.

Ma c'è anche un'altra variabile fondamentale, per la riuscita del piano di recovery: l'efficienza delle opzioni. Il che non significa che devono avere spread contenuti nei prezzi. Lo spread denaro-lettera delle opzioni è l'ultimo dei problemi, se sai come determinare il prezzo teorico e spuntare qualcosa di abbastanza simile a quello per i tuoi eseguiti.

Il punto è un altro: le distanze tra gli strike quotati. Personalmente, prediligo titoli di prezzo non superiore a 50-60$ e con opzioni quotate ad 1$ di distanza l'una dall'altra. E anche che ci siano le opzioni settimanali, che spesso incorporano volatilità implicite maggiori, e permettono di gestire meglio le posizioni assegnate.

Per il resto, c'è l'esperienza. Non vi dirò che è facile gestire al meglio una posizione azionaria fortemente deprezzata, ma vi dirò che si può fare. E alla peggio si riduce soltanto il danno, invece di eliminarlo, ma è già comunque qualcosa di meglio rispetto alla sconfitta totale.

Un elemento fondamentale: mai guardare al singolo titolo, perché il risultato lo fa il portafoglio. Se ci si fossilizza su una posizione ingestibile, pur di averla vinta a tutti i costi, ci si fa solo sangue amaro e si perde la concentrazione sulle questioni importanti.

Ad majora!

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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