Un portafoglio (sofferto) di bond per proteggersi. Basato sui Cds più bassi


Cedole & Dividendi

Che la Germania sia il porto sicuro per gli obbligazionisti è noto anche ai sassi, ma non sempre si riesce a disporre di dati imparziali per effettuare un confronto dei vari Paesi alternativi a Berlino e dintorni. Si possono utilizzare i rating (che danno una certa fotografia) oppure i Cds (che consentono una fotografia diversa) o infine i parametri economici dei singoli Stati (che trasmettono una terza fotografia del tutto differente). Oggi ci proviamo con i Cds, credit default swap, strumenti derivati di copertura, in altre parole una specifica forma assicurativa rispetto al rischio default del creditore. Indicativamente si stima che un valore di 20 basis points equivalga a una probabilità di circa lo 0,3% di fallimento dell'emittente obbligazionario, punto di riferimento utile per comprendere la solidità o meno dello stesso.

Germania prima ed Europa solidissima

Vediamo allora la classifica dei Paesi più affidabili. Al primo posto la Germania, che si colloca a quota 19 bp, seguita da Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia, Austria, Olanda e Gran Bretagna, la quale si piazza a livello di 31 bp. Fra loro si inseriscono anche Usa e Australia, rispettivamente quarta e sesta. E’ evidente che – se si vuole impegnare parte di un patrimonio obbligazionario su emittenti al di sopra di ogni sospetto è qui che occorre posizionarsi, sebbene i rendimenti dei rispettivi bond siano spesso vicini allo zero. Dato che da qualche settimana sono ricominciate a circolare notizie di ristrutturazione del debito italiano e di creazione di un’Europa a due velocità, proviamo allora a costruire un portafoglio a quasi protezione totale, basato sulla fotografia che emerge appunto dai Cds, la cui graduatoria è così strutturata:

Germania

19

Norvegia

19

Svezia

20

Usa

20

Danimarca

21

Australia

23

Finlandia

23

Austria

26

Giappone

26

Olanda

26

Gran Bretagna

31

Belgio

32

Repubblica Ceca

40

Slovacchia

42

Corea

49

Francia

50

Berlino fa penare

Per la Germania, i cui rendimenti sono micro, scegliamo un titolo “inflation linked” a lunga scadenza, con cui affrontare ogni possibile tensione sull’andamento del costo della vita in Europa: cedola 0,5% + inflazione europea Eurostat – scadenza 15/4/2030 – Isin DE0001030559 – quotato a Borsa Italiana e su Tlx – ma con spread denaro/lettera inconcepibili: sul Mot addirittura di 350 punti base (contro i 60 alla Deutsche Boerse)! In assenza di titoli tedeschi a tasso variabile e se si ha fiducia nel faro europeo, non resta che puntare sugli inflation di Berlino con questo bilancio di pro e contro:

A favore: Solidità dell’emittente La struttura protettiva del bond La forte sensibilità nell'anticipare le evoluzioni sul costo della vita nell’area euro, e in caso di spaccatura, nel suo futuro contesto centro-nordico La scadenza lunga: si entra e si resta dentro Se l’Ue si scindesse l’investimento trarrebbe vantaggio dall’appartenere all’area iperforte

A sfavore: Il rendimento attuale è pari a zero Lo “spread” inconcepibile, ma questo è un problema di scambi su Mot e Tlx Il calo della quotazione in presenza di un eventuale rialzo dei tassi

Quotazione attuale sui 118,5 – quotazione consigliata per un posizionamento sui 110 euro, quindi molto sotto quella attuale e – se possibile – ricorrendo al mercato “Otc”, assolutamente più liquido.

E Vienna non è da meno

Se si vuole operare mediante piattaforme di trading, sull’Austria non resta che affidarsi a un solo titolo: quello con scadenza 2086!! E’ infatti quotato su Tlx ed è l’unico sotto quota 100. Prezza sugli 86 euro. Paga una cedola dell’1,5% (Isin AT0000A1PEF7), con “spread” elevato ma minore rispetto all’inflation tedesco.

A favore: Solidità dell’emittente ● quota ben sotto 100: se l’Europa si sconquassasse di certo i tassi non lieviterebbero e il suo prezzo salirebbe…salirebbe. E’ quindi una scommessa sul “bye bye Italia” ● Consente di costruire una strategia a piano di acquisto negli anni ● Bond molto liquido e quotato su numerose Borse europee

A sfavore: Un 2086 può apparire una follia, soprattutto se i tassi in Europa si normalizzassero e partisse un rialzo La volatilità è elevata e va saputa gestire Il modo di pensare di tantissimi investitori non propende per titoli così “matusalemme”; eppure il Btp 2067 è sempre in testa alla classifica degli scambi sul Mot

Quotazione attuale sugli 86,6 – quotazione consigliata per un posizionamento: a questi livelli l’importante è – se si scegli di entrare – farlo con piani di acquisto su livelli ben precisi, per poi attivare trading di breve-medio periodo, allo scopo di aumentare la profittabilità dell’investimento, altrimenti marginale (lo yield attuale è sull’1,8%).

La Finlandia quasi a zero, ma..

Un’alternativa solida (rating AA+) su un Paese fuori dalle grandi tempeste economiche e con un rapporto debito/Pil abbastanza basso, sebbene in crescita (al 63%): investire sulla Finlandia è possibile perché alcune sue emissioni sono presenti su Tlx. In questo caso segnaliamo un poco meno che decennale: scadenza 2026, cedola 0,5% e Isin FI4000197959. Quota sotto i 100 (sui 99,8), il che significa che questo bond è una specie di mini conto deposito, pur sempre con un rischio…

A favore: Solidità dell’emittente ● ottimo lo “spread”, da vero titolo di Stato ● Il rendimento effettivo a scadenza è di poco inferiore allo 0,50%: di fronte a tempeste europee è comunque positivo ● Consigliabile realizzare piani di acquisto nel tempo, trattandosi di un bond molto esposto in termini di “duration”

A sfavore: Il rischio di cui si diceva: è naturalmente quello di un rialzo dei tassi in area euro! La liquidità non sempre elevata La Finlandia resta in ogni caso un’economia marginale

Quotazione consigliata: trattando 100 sotto c’è poco da dire, se non di valutarlo con un piano di acquisto strutturato nel tempo

La Svezia ha un giudizio ok, pur con rischio valuta

Un altro Paese i cui Cds portano a un giudizio assolutamente favorevole è quello svedese, il cui rating resta tripla A. Su Tlx ci sono quattro titoli quotati, tutti a tasso fisso e sopra la pari. Proponiamo allora un bond estraneo a questa lista e presente sull’“Otc”: E’ un inflation linked, naturalmente in corone, che consente di seguire sia un possibile incremento del costo della vita a Stoccolma e dintorni sia un rafforzamento della Sek sull’euro dopo la fase ostile del 2016: lo Sweden 2026, con coupon 0,25% + Cpi, scadenza 1/6/2026 (Isin SE0008014062), a taglio 5.000 Sek, quota sui 115.

A favore: Solidità dell’emittente ● Bene lo “spread” ● Positiva l’indicizzazione a un’inflazione extra Ue, attualmente all’1,7% su media annua, in crescita da alcuni mesi ● Ha una volatilità molto bassa

A sfavore: La quotazione è elevata ma sconta un’inflazione in crescita Il rischio cambio, che su rendimenti cedolari modesti incide pesantemente Il titolo è presente solo alla Borsa di Stoccolma Un rialzo dei tassi ne schiaccerebbe la quotazione

Quotazione consigliata: tutto dipende dall’inflazione svedese. Questo bond si è comunque mosso quasi sempre sopra quota 115, con un immediato scatto dopo il suo collocamento sul mercato

Meravigliosa Australia, che rende un po’ di più

E’ l’emittente perfetto: un’economia solida, un rating ai massimi (AAA), un tasso d’interesse (1,5%) mediamente elevato rispetto alla situazione europea, un’inflazione stabile sull’1,5-2% e una bilancia commerciale attiva: l’Australia è quasi una cassaforte, sebbene ci sia da valutare il fattore cambio per chi acquista in euro. Il dollaro australe si è infatti rafforzato non poco rispetto all’euro. Non resta – per chi lo possa fare – che operare con un conto nella specifica divisa; alcune banche lo rendono disponibile. Le obbligazioni prescelte sono le seguenti, quotate su Tlx:

Australia 3.25% 21ap29 – Isin AU3TB0000150: prezza sui 103,3 Aud, con uno “spread” modesto – taglio minimo 1.000 Aud. Quotazione consigliata: sulla parità

Australia 2.75% 21ap24 – Isin AU3TB0000143: prezza sui 101,7 Aud, con uno “spread” molto basso – taglio minimo 1.000 Aud. Quotazione consigliata: sotto la parità

Dal mercato “Otc” estrapoliamo invece un inflation linked:

Australia 1,25% + Australia Cpi scadenza 21feb22 – Isin AU000XCLWAB3: prezza sui 113, comprensivo del fattore inflattivo – taglio minimo 1.000 Aud. Quotazione consigliata: quella attuale è corretta

A favore: Solidità dell’emittente ● E’ un sistema economico del tutto slegato dall’Europa ● Titoli liquidi e con rendimenti interessanti rispetto alla media di casa nostra ● Possibilità di abbinare tasso fisso con “inflation linked” su una valuta forte ● “Spread” contenuti anche su Tlx

A sfavore: Il fattore valutario: l’Aud ha trottato parecchio sull’euro Al segnale di crescita dell’inflazione l’Australia correrebbe subito ai ripari con un rialzo dei tassi, storicamente più elevati rispetto ai livelli attuali Le scadenze sono inevitabilmente lunghe se si vuole restare su quotazioni vicine alla parità

Le linee guida della selezione

Si sono dovuti scartare alcuni emittenti perché troppo penalizzanti in termini di quotazioni: è il caso, per esempio, di Norvegia, Danimarca e Olanda. Si è cercato di inserire nella lista bond con strutture diverse, per rispondere meglio alle incertezze del futuro: quindi tassi fissi (se possibile, con quotazione sotto la pari) e “inflation linked”, dove prezzi sopra 100 sono meglio ammotizzabili. Non si è riusciti a reperire per questi governativi bond a tasso variabile, del tutto assenti, a eccezione del caso Usa, di cui scriveremo in futuro. La logica è stata quella di individuare soltanto Paesi molto solidi per ipotizzare un portafoglio capace di affrontare i rischi di un’Europa a doppia velocità o a doppia valuta, con tutti gli inevitabili impatti che ciò comporterebbe per qualsiasi portafoglio. In un quadro di questo tipo il fattore rialzo tassi appare marginale, sebbene sia stato sempre citato laddove presente. Siamo riusciti nell’obiettivo? A voi la risposta.