Btp Italia 2023 (in sottoscrizione dal 15 maggio): a chi conviene e a chi no


Cedole & dividendi

Questa volta sarà più difficile decidere se sia consigliabile investire sul Btp Italia 2023 della nuova emissione prevista in sottoscrizione da lunedì 15 maggio. Tornerà ad avere durata di sei anni - contro gli otto delle ultime tre - e il titolo sarà come sempre collocato sul mercato attraverso la piattaforma elettronica Mot di Borsa Italiana in due fasi: la prima, da lunedì 15 a mercoledì 17 (tre giorni che potranno essere ridotti a due in caso di chiusura anticipata) riservata ai risparmiatori individuali; la seconda, nella sola mattinata del 18 maggio, destinata agli investitori istituzionali. Per questi ultimi il collocamento potrebbe prevedere un riparto, nel caso in cui il totale degli ordini ricevuti risultasse superiore all’offerta finale stabilita dal Mef. Al contrario, per i piccoli risparmiatori non sarà applicato alcun tetto, assicurando la completa soddisfazione degli ordini, come in tutte le precedenti emissioni.

Il tasso reale annuo minimo garantito per questa nuova emissione verrà comunicato al pubblico venerdì 12 maggio 2017.

Fin qui le notizie ufficiali. Ma – come avvenuto per le ultime emissioni – non è dato per scontato se la scelta di mettersi in coda sia realmente appropriata. Ecco perché.

L’inflazione aumenta e quindi un bond che la riconosca sulle varie cedole pagate negli anni ha vantaggi significativi, alla base del successo in generale del Btp Italia.

Anche il Btp Italia soffre i tassi

C’è un però: è il rischio di tasso. Il Btp Italia, seppure abbia le cedole indicizzate, è pur sempre un titolo da considerare a cedola fissa e quindi soggetto a variazioni di prezzo dovute ai cambiamenti di politica monetaria. In presenza di un rialzo, le quotazioni subiranno inevitabili discese. Si tratta allora di capire quale fattore avrà il sopravvento:

1°) Se l’inflazione salisse moderatamente e i tassi non si rialzassero - salvo nel medio e lungo periodo - acquistarlo avrebbe senso;

2°) Se l’inflazione salisse velocemente e i tassi si adeguassero, pur con un certo ritardo, i rischi di calo delle quotazioni diventerebbero notevoli;

3°) Se l’inflazione tornasse a scendere sotto i livelli attuali e i tassi si rialzassero anche di poco l’effetto sarebbe negativo per le quotazioni.

Il tutto è soggetto inevitabilmente ai se e al condizionale. E’ quindi evidente che molto dipende dalla cedola “base” del nuovo Btp Italia 2023 e dall’andamento del rialzo del costo della vita, con quanto ciò comporta in termini di politica monetaria.

L’investitore medio potrebbe tuttavia pensare: io compro a 100, tengo il Btp Italia 2023 per sei anni, me lo rimborsano a 100 e intanto incasso l’inflazione maturata più il cosiddetto “premio fedeltà", pari al 4 per mille lordo sul capitale nominale investito non rivalutato. Il ragionamento non tiene conto del fatto che la quotazione potrebbe scendere nei prossimi dodici/diciotto mesi anche di molto (per esempio di 4 o 5 punti) e il non acquistarlo oggi comporterebbe una possibile significativa plusvalenza futura in conto capitale nel caso lo si comprasse poi appunto ben sotto 100. Quest'aspetto è decisivo per la scelta.

Ecco perché ogni valutazione sulla convenienza o meno di comprare in collocamento oggi risulta incerta. Tutto dipenderà dalla benedetta cedola “base”, che comunque non potrà superare di molto quella dell’ultima emissione, fissata nello 0,35%, dato che la politica monetaria della Bce non è cambiata e non cambierà almeno nei prossimi dodici mesi. Se fosse anche dello 0,40% o al limite (improbabile) dello 0,50% esporrebbe comunque a un rischio rialzo tassi.

Una conferma del tutto viene da questo confronto fra attuali quotazioni e cedole “base” delle emissioni presenti sul mercato:

Scadenza

Isin

Cedola base

Quotazione

Durata (1)

Novembre 2017

IT0004969207

2,15%

101,5

4

Aprile 2020

IT0005012783

1,65%

104,5

6

Ottobre 2020

IT0005058919

1,25%

104,1

6

Aprile 2023

IT0005105843

0,50%

100,2

8

Aprile 2024

IT0005174906

0,40%

99,6

8

Ottobre 2024

IT0005217770

0,35%

99,3

8

  1. (1) Anni al momento dell’emissione

    Non dimentichiamo poi che c’è anche un rischio di credito, che potrebbe peggiorare in previsione delle elezioni politiche.

    A chi conviene di certo collocarsi allora sul nuovo Btp Italia 2023? Sostanzialmente a queste categorie di investitori:

    1°) Chi abbia in portafoglio le scadenze fino al 2020, che quotano ben sopra la pari. Vendendole oggi e rientrando sulla nuova scadenza 2023, si incassano buone plusvalenze (tassate al 12,5%) e naturalmente si ha a che fare con lo stesso coefficiente inflattivo, seppur con cedole inferiori.

    2°) Chi non sia esposto sugli “inflation linked”, ritenendoli oggi troppo cari, sempre che la cedola “base” del nuovo Btp Italia sia almeno allineata a quelle del 2024. Non paga commissioni e, se andasse a scadenza, potrebbe incassare il “premio fedeltà”. Deve comunque essere convinto che l’inflazione è un problema strutturale per il suo portafoglio.

    3°) Chi detenga Btpi con elevate plusvalenze in conto capitale; per esempio la scadenza 15/09/23 (Isin IT0004243512) quota sui 113,6 e la 15/09/26 (Isin IT0004735152) sui 117,4. Vendere oggi, entrare sul Btp Italia e attendere le evoluzioni può essere una scelta giusta.

    A chi non conviene nell’attuale situazione:

    1°) A chi abbia già in portafoglio i Btp Italia lunghi (2023 e 2024).

    2°) A chi non punti al fattore inflattivo e cerchi invece quotazioni nettamente sotto la pari. In questo caso è meglio attendere, forse uno o due anni, restando collocati in parte su titoli a tasso fisso e in parte su tassi variabili.

    3°) A chi voglia diversificare su varie inflazioni, per esempio quella Ue, quella Usa e quella di altri Paesi occidentali o emergenti. Probabilmente otterrà maggiori performance, pur con un livello di rischio più elevato, soprattutto di natura valutaria.

    Non ci si faccia quindi prendere dall’ansia dell’inflazione a tutti i costi. Aumentare l’esposizione su tali titoli oltre un 10% complessivo di ogni portafoglio non è consigliabile. E va fatto comunque con una diversificazione di bond, riferiti non solo all’Italia. Il loro ruolo è di difendere: certamente dall’inflazione ma anche dal rischio tassi e da quello di credito.