Bancari sotto pressione, e non solo…


Capita di rado, ma a volte capita, e questa è una di quelle volte.

Mi riferisco a fasi e momenti di mercato che non si riescono a leggere ed interpretare, poiché pur scavando a fondo non tutti i numeri tornano, o per lo meno, un dubbio si insinua poiché parrebbe evidente che qualcosa stride. Prendo le mosse di questa riflessione dall’ultimo articolo di Tomasini, che senza fare dietrologia spicciola (cosa che non appartiene al LombardReport), pone comunque un interrogativo che, onestamente, anche a me da giorni gira per la testa.

Ma vediamo i numeri, almeno quelli più salienti, per renderci conto di quanto siano aggressive le forze ribassiste, e mi riferisco in particolare al mercato obbligazionario, che al pari di quello azionario non è risparmiato dalle vendite.

Iniziamo a vedere l’impennata, notevole, del nostro spread BTP/BUND che passa da poco più di 105 bps di fine gennaio agli attuali 146 bps: una sberla del +38% in due settimane. Eppure, apparentemente, non pare che le vicende italiche vadano peggio di come son sempre andate…

Se guardiamo il BTP Futures, vediamo sì una correzione, ma di fatto siamo sui livelli di novembre 2015, sopra 136,50 quando lo spread viaggiava, nientemeno, che in area 100 bps.

Verrebbe da dire, colpa del settore bancario, che da quando è entrato in vigore il Bail-In è entrato in fibrillazione, con botte da orbi sulle subordinate e, in qualche caso, anche sulle senior. Però, anche la situazione delle banche, in genere a livello europeo – salvo i casi più o meno noti di seri problemi, in alcuni casi anche conclamati – non può essere peggiorata all’improvviso per il solo fatto che è entrata a regime una norma (Bail-In) che regola i potenziali futuri dissesti. Eppure, se diamo uno sguardo ai CDS del settore bancario, anche qui, troviamo degli ampliamenti di Credit Risk con variazioni a doppia cifra percentuale.

La tendenza è chiara, con Credit Risk in progressivo allargamento e se teniamo conto che quelli sopra sono i CDS del debito senior, capiamo perché i subordinati non migliorano le loro quotazioni dopo il rimbalzo dallo sfondone di qualche settimana fa. Tutto questo per dire cosa? Semplicemente per dire che delle due l’una: o tutte le banche sono diventate all’improvviso marce, oppure la percezione del rischio in questo momento non è del tutto obiettiva. Va da sé che nessuno sa quale delle due è la risposta giusta, lo si scopre sempre dopo, come ormai sappiamo.

Ed è quindi evidente, rebus sic stantibus, che la voglia di avventurarsi su bond dai rendimenti allettanti per fare asset sia in questo momento del tutto assente. Quando anche emittenti che si possono considerare più che discreti iniziano a perdere terreno e arrancano, è il momento di assumere un atteggiamento estremamente prudente, in attesa che gli eventi si sviluppino e le cose siano, per quanto possibile, più chiare.

Ne consegue che la via è quella di cercare operazioni aggressive in termini di timing, provando a sfruttare momenti (e movimenti) di forte tensione (o distensione) per impostare un’operatività di breve termine puntando a rosicchiare una manciata di basis points con una certa costanza.