Pronti alla ristrutturazione del debito? Bruxelles affila le armi. E voi?


Una semplificazione delle norme già in vigore renderà più facili modifiche ai titoli emessi. Il progetto approvato dai ministri delle Finanze europee. Quali effetti sui risparmi.

Cedole & dividendi

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Le notizie non scritte sono di solito quelle più vere. Di una decisione dei ministri delle Finanze europee, riuniti la settimana scorsa, non si è detto proprio nulla. Solo un breve lancio di agenzia della Reuters e niente più. Cosa c’è di tanto misterioso? Il tema della ridiscussione delle norme sulla ristrutturazione dei debiti in area europea. Vi fischiano forse le orecchie? State pensando ai vostri Btp? Ecco cosa è successo.

I fatti – Teniamoci allora a quanto si è saputo, seppur in maniera fra l’ufficiale e l’ufficioso. I ministri delle Finanze Ue stanno innovando la ristrutturazione dei debiti, allo scopo di renderla più semplice. Per ora non si è deciso nulla ma per dicembre è previsto un testo che modificherebbe le cosiddette “Cacs” – clausole di azione collettiva – introdotte con il trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità e applicate in Italia dal 1° gennaio 2013. Di fatto con le “Cacs” i titoli di Stato europei (naturalmente Ue) non sono più garantiti e possono essere soggetti a profondi cambiamenti durante la loro vita: per esempio posticipi delle date di scadenza, ritardi nei pagamenti delle cedole, tagli delle stesse e altro ancora. Il problema sta però nel fatto che la normativa è macchinosa, di non facile applicazione e dai potenziali conflitti in sede giudiziaria. Pertanto si vorrebbe semplificare il tutto, in particolare relativamente alle maggioranze qualificate dei detentori dei vari titoli necessarie per variarne le caratteristiche.

E ora le parole – Una sola dichiarazione ufficiale in merito è stata riportata sempre dalla Reuters. Il presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno, ha dichiarato: “Non c’è alcun sostegno all’introduzione di qualsiasi automatismo o approccio meccanico dell’ambito della ristrutturazione dei debiti”. Come a dire che non esistono rapporti di debito /Pil oltre i quali il Paese tale o il Paese talaltro andrebbe sotto i ferri. Passiamo adesso alle indiscrezioni raccolte qua e là. Si dice che le “Cacs” fossero figlie di qualche maestro nel rendere impossibili le cose possibili, un insieme di norme ingestibili, che saranno riconsegnate alla trasparenza, puntando a “facili” (fra mille virgolette) ristrutturazioni. Pensando all’Italia? Apparentemente no ma nei fatti sì, soprattutto se dalle urne delle elezioni europee di maggio uscisse una forte compagine nazionalista non solo nel nostro Paese. Di fronte a una Francia che brucia, a una Spagna dove nascono nuovi movimenti euroscettici, a una Polonia un po’ separatista e al resto dell’est scarsamente amico di Bruxelles, l’idea che il prossimo esecutivo possa ipotizzare un taglio dei debiti è politicamente improbabile. Ciò non esclude che si stia preparando un meccanismo semplificato con cui sarebbe comunque meno arduo bastonare le nazioni storicamente più spendaccione.

Il conto delle probabilità – Qui passiamo dai fatti alle opinioni. L’eventualità esiste e non può essere presa sotto gamba ma difficilmente un Governo politico – cioè eletto dai cittadini – accetterebbe una simile ipotesi, che – sia chiaro – sarebbe di terribile traumaticità. Un eventuale Governo tecnico avrebbe meno problemi ad approvare il taglio, nel nome magari di qualche ragione internazionale. Che l’ipotesi comunque esista lo si ammette anche in Italia, dove c’è chi preferirebbe la ristrutturazione all’adozione di una patrimoniale pesante, considerata di difficile applicazione. Non pensando che enti pensionistici, assicurazioni e tanto altro vivono ancora in parte con le cedole dei Btp. Probabilità quindi? Attualmente quasi nulle ma crescenti in prospettiva, cioè nell’arco almeno di alcuni anni, soprattutto se l’economia andasse in palla.

La trappola – In realtà, secondo alcuni esperti di finanza pubblica, il rischio è un altro, ovvero quello di un forte aumento dei costi derivanti dai premi di rischio per i Paesi ad alto debito come l’Italia. L’operazione di indebolimento nei nostri confronti sarebbe quindi condotta in maniera subdola, al fine di costringerci un giorno o l’altro ad accettare una scelta dolorosa, il che potrebbe poi variare dall’amicizia o meno del Governo in carica nei confronti dell’asse franco-tedesco, ispiratore di questa modifica nel silenzio più totale degli altri partner europei.

Come – L’ipotesi più dolorosa sarebbe quella di un vero e proprio taglio del valore nominale dei titoli di Stato interessati. Le “Cacs” tuttavia ipotizzano anche soluzioni di compromesso, ovvero variazioni delle caratteristiche di emissione dei governativi, il che potrebbe avvenire con gradualità nel tempo. Il fatto però che si voglia modificare le maggioranze qualificate dei detentori lascia intendere che il regolatore finanziario europeo ipotizza interventi pesanti, come realizzati per esempio in Grecia, sebbene prima dell’entrata in vigore di tali norme.

Gli effetti – Sulla base delle ipotesi formulate gli impatti sui patrimoni – piccoli o grandi – degli italiani dipenderebbero logicamente dal tipo di ristrutturazione e dalla tipologia di asset. Non si pensi però solo all’inevitabile effetto diretto per chi detenga Btp. Una riorganizzazione del debito colpirebbe infatti molti più strumenti di quanto si creda. Sulla base di quelli maggiormente detenuti (si vedano le percentuali), secondo una ricerca dell’Associazione Italiana Private Banking (Aipb), queste le possibili conseguenze.

Asset

% sul totale

Effetto Btp

Gestioni patrimoniali

16%

Dipende dalla tipologia ma nella maggioranza dei casi la presenza di titoli di Stato è inevitabile

Liquidità

14%

Nessun impatto

Fondi azionari

9%

Nessun impatto

Azioni

9%

Nessun impatto

Polizze ramo 3

8%

Conseguenze solo per quelle di diritto italiano (dove la presenza di Btp è forte) per la parte a gestione separata

Fondi bilanciati

8%

L’incidenza dei Btp è possibile ma comunque marginale

Polizze ramo 1

7%

Stessa situazione delle Ramo 3, con però un rilievo solitamente maggiore

Fondi obbligazionari

6%

Sono attivi qui i gestori che più hanno alleggerito le posizioni negli ultimi mesi

Titoli di Stato

6%

Se di altri Paesi – soprattutto europei – possibili esiti indiretti

Polizze multiramo

5%

Peso marginale

Bond corporate

5%

Scarso impatto, salvo per gli italiani

Prodotti alternativi

0,3%

Impatto modesto

Altri vari

6,7%

Dipende dalla tipologia degli asset

In sintesi: per ora siamo solo a livello di ipotesi ma il darsi da fare dei ministri finanziari Ue – in un quadro di tensioni del debito italiano – è un segnale da non trascurare. Si tenga però conto che una ristrutturazione pesante di Btp e compagni scatenerebbe effetti a livello di tutta Europa, perché – per fare un esempio – non poche gestioni pensionistiche estere detengono rilevanti posizioni in titoli di Stato tricolore. Bruxelles cerca quindi di spianare la strada ma per completarla sarebbe necessario un ulteriore forte peggioramento dello scenario dei nostri conti pubblici.

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