Mercato obbligazionario: che fine farà il debito globale?


Inutile cercare di minimizzare: di fatto siamo al secondo lockdown in tutta Europa. La Francia per ora ha adottato quello più severo, mentre gli altri Paesi cercano di circoscrivere la prepotente avanzata del virus con misure dure ma potenzialmente mirate. Sotto il profilo dei contagi i casi più gravi si hanno in Francia, Spagna e Regno Unito, ma anche gli altri presentano ritmi preoccupanti e anche oltre oceano. Tutto questo porta con sé che la ripresa dell’economia europea – anzi di quella globale – si allontana.

Per quanto si sperasse il contrario, la tanto sospirata ripresa a “V” non potrà avere luogo molto verosimilmente e al rimbalzo del PIL visto nel terzo trimestre farà facilmente seguito una nuova contrazione o, nella migliore delle ipotesi, un andamento stagnante. Da qui ne consegue che per far fronte a questa situazione i governi dovranno potenziare gli aiuti e pertanto è nell’ordine delle cose che i livelli di debito pubblico siano destinati a lievitare oltre le previsioni.

A spanne, per l’Italia si potrebbe arrivare al superamento del rapporto tra debito/PIL al 160% mentre Francia e Spagna oltrepasserebbero quota 130%, come del resto anche gli USA. Anche il Giappone veleggia spedito verso il 270%, e solo la Germania resta per ora l’unica eccezione positiva tra le grandi economie. Infatti, le stime danno un limite del 75% a fine anno.

Mettendo tutto insieme, e cioè ragionando in termini di debito pubblico globale, il Fondo Monetario Internazionale stima che a fine anno questo sarà in area 105%, mentre nell’Eurozona dovrebbe attestarsi intorno al 100%. Ora, è naturale che il problema sia la sostenibilità a lungo termine di un debito in continua espansione. Ed è altrettanto pacifico che sino a quando le Banche Centrali continueranno ad assorbire le emissioni nette dei governi e a tenerne i costi a livelli irrisori il sistema reggerà.

Il crinale però si fa sempre più stretto: se il debito cresce troppo rispetto al PIL serviranno risorse sempre più ingenti e contestualmente i tassi di rifinanziamento dovranno restare sempre bassi, al di sotto dei tassi di crescita dell’economia. Tuttavia, se l’inflazione tornasse a salire robusta, le Banche Centrali sarebbero costrette ad alzare il costo del denaro mettendo a rischio diversi bilanci pubblici.

Come scongiurare tale scenario?
Su alcuna stampa specializzata abbiamo letto una suggestione interessante – in realtà sul piano teorico se ne parla già da anni – che indica come strada maestra procrastinare la scadenza del debito tra molti decenni, monetizzando di fatto i debiti degli Stati senza dichiararlo in via ufficiale.

E’ noto che la FED detenga oltre 4.500 Mld USD in Treasuries (oltre il 20% del PIL USA del 2019), mentre la BCE ha a bilancio titoli governativi dell’Eurozona per 3.000 Mld Euro, cioè oltre il 25% del PIL dell’area a fine 2019; e siamo in buona compagnia perché in Giappone la BOJ detiene già circa la metà del debito. Ora, è chiaro che a questi livelli – destinati a crescere – nessuno Stato potrà permettersi di rimanere in balia degli umori del mercato.

Ed è per questo che, secondo la teoria in parola, saranno le Banche Centrali a levare le castagne dal fuoco ai governi. Immaginiamo, ad esempio, che la BCE prenda 3.000 Mld di bond ad oggi accumulati in anni di acquisti e li “trasformi” in un maxi-bond perpetuo o della durata di almeno 100 anni, chiedendo in cambio ai governi debitori il pagamento di un tasso d’interesse molto basso, nell’ordine dell’1%. Non di meno, come già avviene, la BCE potrebbe girare loro gli interessi incassati alle banche centrali nazionali, azzerando praticamente il costo del debito.

In questo modo, il debito pubblico resterebbe sostenibile anche se dovesse raggiungere livelli esorbitanti e il mercato, conscio di questa “rete di salvataggio” non avrebbe remore a comprare le emissioni residue. Tale scenario potenzialmente si sta avvicinando molto rapidamente a causa della pandemia che ha giocoforza fatto esplodere i livelli di indebitamento.

Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve, questa settimana, mostrare una decisa contrazione dei rendimenti su tutto il tratto della curva, con tutte le scadenze nuovamente in area negativa, come successo qualche tempo fa. Siamo quindi ora con rendimenti negativi su tutte le scadenze; la scadenza a 10 anni si porta ad un rendimento negativo in area -0,26% e la scadenza trentennale passa dallo 0,00% al -0,05% di rendimento. Rimane stabile la forma della curva, sempre ripida e con rendimenti decrescenti ora dalla scadenza 2043; la curva esprime ora il massimo rendimento in area -0,01% per le scadenze tra il 2043 e il 2044 in buona contrazione rispetto alla scorsa analisi. Deciso crollo dei tassi forward su Euribor 6 mesi, che sul tratto a lunga sono ora scivolati sotto area 0,30%, con il tratto a breve ora deciso verso area -0,60%.

Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali, non è cambiato molto rispetto alla scorsa analisi. Purtroppo, rimane una certa pressione sul nostro debito pubblico con lo spread che prosegue seppur lentamente a salire trascinando con sè i rendimenti dei nostri governativi. Per il resto, i rendimenti rimangono sui minimi, con Trendycator sempre SHORT sull’area UK, con i rendimenti sostanzialmente stabili poco sopra area 0,20%. Progressivo rafforzamento del BUND, con il modello Trendycator sempre SHORT e con il rendimento del decennale tedesco ora oltre area -0,60%. Cerca di tenere botta il nostro Btp, con i rendimenti che pare stiano consolidando la fase di rimbalzo con lo spread ad un passo dai 140 bps; il rendimento del decennale è ora in ballo tra area 0,70% e 0,80% con Trendycator che conferma ancora SHORT. In movimento laterale l’area USD, con i rendimenti ora nuovamente sotto area 0,80% e con Trendycator stabilmente SHORT.

Bond Governativi Mondo Weekly Ranking
Analisi sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.

Questa settimana ci occupiamo sempre dei nostri bond governativi, poiché la guardia a nostro avviso deve rimanere alta dato il momento. Lo spread ha ripreso ha salire, seppur compostamente, e ora siamo di fatto in area 140 bps non troppo lontani dalla “soglia” dei 150 bps che abbiamo indicato nella scorsa analisi. Non abbiamo fatto in tempo a festeggiare la “promozione” da parte di Standard&Poor’s, che ha lasciato invariato il nostro rating a BBB e ha migliorato l’outlook da negativo a stabile, e ci ritroviamo con i mercati in fibrillazione per la violenta recrudescenza del Covid-19.

Come si vede dal grafico qui sotto, sotto il profilo tecnico non si apprezzano rilevanti differenze rispetto alla scorsa analisi, ma la pressione sui nostri governativi non molla su alcune emissioni pare di assistere alle prime prese di beneficio. Per ora il rendimento è sempre sotto area 0,80% con pressione però apparentemente in aumento.

Rimangono per ora valide le indicazioni tattiche della scorsa analisi, anche se – in modo del tutto discrezionale – potrebbe venir voglia di stringere un po’ le maglie e alleggerire alcune posizioni. Ad ogni buon conto, i livelli tecnici di vero pericolo rimangono quelli esposti qui sotto.

  1. 1 - Lo spread non deve andare oltre area 150 bps per non innescare un fuggi-fuggi generale
    2 - Il rendimento del decennale, in prima istanza non deve superare area 0,80% di rendimento, e tantomeno tornare sopra area 1,00%
    3 - Trendycator deve rimanere SHORT e non cambiare stato. Se i punti 1 e 2 sono soddisfatti, allora un Trendycator grigio è solo un’allerta, ma se anche i punti 1 e 2 non sono soddisfatti, allora lo scenario è potenzialmente sfavorevole ai nostri Btp

Seguire a vista, e pronti ad intervenire. Come dicevamo la scorsa settimana, abbiamo margine per uscire con buone plusvalenze ma non facciamoci cogliere impreparati.