Previsioni di Borsa con le Onde di Elliott e Fibonacci


Previsioni di Borsa con le Onde di Elliott e Fibonacci  

Piano Bar : Focus Europa _Maggio 2020

Focus Europa è un’estensione periodica senza fissa frequenza della rubrica Piano Bar di Virginio Frigieri volta ad offrire una panoramica sull'Europa, che normalmente non viene trattata negli appuntamenti settimanali. 

Il punto

Mentre tutti discutono del virus, della ripartenza, del vaccino etc, voglio fare qualche passo indietro perché credo che sicuramente il virus ci ha messo del suo ed ha scatenato una tempesta da cui ci vorranno anni per riprendersi, ma credo anche che prima dei tracolli delle borse di febbraio, c’erano già stati diversi segnali che non lasciavano presagire niente di buono. In altre parole l’economia viaggiava già in uno stato di salute fortemente compromesso, con molti paesi dell’euro zona in recessione o prossimi ad una recessione prima che il virus facesse la sua comparsa. Diciamo che il virus è stata l’ultima pompata d’aria che ha fatto esplodere un palloncino che era già al limite.

Per sviluppare meglio il discorso mi torna utile mettere il grafico pubblicato due settimane fa su Elliott Wave International.

Questo grafico mostra come l’orso non sia piombato sulla scena come un pazzo che spara all’impazzata, ma sia partito da lontano con una manovra di accerchiamento che alla fine non poteva non provocare lo sciacquone sui mercati azionari.

Nel primo grafico in alto si vede la variazione annuale dei prezzi degli immobili nel Regno Unito che dal suo picco del 2016 è scivolato per oltre tre anni fino a toccare quota 0% a gennaio del 2019. Sull’importanza del settore immobiliare in generale come motore di traino di tanti altri settori e sui cali che si vedevano sulla piazza di Londra ne ho parlato a più riprese sulle righe di questa rubrica che all’inizio si chiamava European Zone ora ribattezzata in Focus Europa. Le prime volte già nell’estate del 2016 e successivamente su altri numeri come a dicembre 2017 e credo anche dopo. Quando un settore così importante e trainante come quello immobiliare comincia a deteriorarsi state tranquilli che l’orso è già nei paraggi, magari ben nascosto, ma coi motori caldi pronti ad entrare in azione.

Il secondo grafico mostra l’andamento dell’Euro che dopo un picco a febbraio 2018, inizia una lenta inesorabile discesa interrotta solo dal rimbalzo all’inizio di quest’anno. Questa follia di “tetto costruito sul nulla” ha richiesto più di cinque anni di mercato toro dopo la fine della seconda guerra mondiale solo per dar vita quell’embrione di comunità economica europea che  dopo oltre quarant’anni di tira e molla avrebbe dato vita alla moneta euro. Diversi economisti che ci osservano da oltre oceano ritengono che il mercato ribassista in via di sviluppo, impiegherà molto meno tempo per terminarlo; molti membri dell'Eurozona lasceranno quasi sicuramente il blocco valutario volontariamente o verranno espulsi dai membri più economicamente conservatori. La Grecia ha fornito un primo test del mercato orso nel 2010 ed è riuscita a malapena a rimanere nel blocco valutario. La Gran Bretagna non ha mai aderito all'euro, ma ha votato per lasciare l'Unione europea tramite referendum nel 2016. Oggi, con azioni e umore sociale che hanno iniziato una recessione più drammatica, c’è da scommettere che col tempo, la società si guarderà indietro e si chiederà in primo luogo come e perché il scellerato progetto di un "Euro senza Europa" sia stato avviato.

Un altro argomento già trattato a più riprese riguarda i mercati obbligazionari globali che abbiamo definito come “il canarino nella miniera di carbone”. Mentre i rendimenti sul debito sovrano più sicuro del mondo sono precipitati in territorio negativo, lo spread decennale italo-tedesco che vediamo nel terzo grafico su scala invertita   ha raggiunto il minimo ben sotto i 150 punti ad aprile del 2018 per poi invertire la rotta superare i 300 punti in concomitanza col calo delle borse tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. E infine è tornato a ridursi col nuovo rally azionario del 2019. Si è invertito nell'aprile 2018 e ha iniziato una tendenza in espansione che ha fatto eco a tutti gli strumenti di debito più rischiosi del Continente.  Ora con  il  crollo di febbraio sospinto dal corona virus, si è tornato ad allargare mentre il mercato orso riemerge sull’azionario e dovrebbe produrre col tempo un disprezzo epico verso mutuatari rischiosi. Ne deriveranno probabilmente diversi default sovrani.

Il quarto grafico illustra l'indice Thomson Reuters CRB dei prezzi delle materie prime in tutto il mondo. Dopo aver raggiunto un picco a maggio 2018, l'indice è stato scambiato in modo stabile nel 2019 e quindi ha iniziato una scivolosa discesa del 40% all'inizio di quest'anno. La crisi ora si estende a quasi tutti i prodotti agricoli, zootecnici e energetici ampiamente scambiati, come vedremo più avanti e questo è un segnale piuttosto potente dell’intensificarsi delle forze deflattive. Infine ultimo grafico l’EuroStoxx50, ma potremmo prendere qualunque altro indice a rappresentare l’inversione del mercato azionario. A questo punto si apre per tutti i sistemi una stagione destinata a passare alla storia finanziaria come una delle epoche più tumultuose di sempre.

I Mercati Azionari

Volendo stringere il focus sull’azionario, vediamo comunque come sono bastate poche settimane per riallineare gli indici su livelli minimi che vanno dai tre agli otto anni. Il prossimo grafico mostra per l’appunto questo fatto.

Ora a distanza di un paio di mesi da quei minimi, i sentimenti di paura e disperazione che aleggiavano a metà marzo si stanno stemperando e i titoli dei giornali rispecchiano ormai un clima disteso e un senso collettivo di speranza e i titoli dei giornali ovviamente lo fotografano.

Oltre ai giornali anche diversi indicatori di sentiment hanno fotografato l’inversione di tendenza e mentre lo Stoxx600 il 16 aprile saliva al massimo dell’ultimo mese, alcuni “strategist” riaccendevano le aspettative per una ripresa a V. Qualcuno più prudente parlava di W, ma in generale ritorna l’ottimismo, e il calo dei prezzi delle opzioni riflette per l’appunto l’opinione che il peggio sia alle spalle. Questo tuttavia è l’obiettivo classico delle seconde onde, quello di ricreare l’ottimismo che esisteva al tempo dei massimi precedenti.

Crepe diffuse attraverso il vecchio ordine finanziario

Nel frattempo il settore bancario europeo ha iniziato a fare una valutazione dei danni ad Aprile, e i risultati sono stati, com’era prevedibile, terribili. Bloomberg ha parlato di “centinaia di milioni di dollari, persi su complessi titoli azionari” da parte di BNP Paribas, la più grande banca francese. Si parla quindi di 100 milioni di euro persi su prodotti strutturati, e di circa altri 100 milioni di euro sui future sui dividendi, che sono derivati ​​che consentono agli investitori di speculare sui pagamenti delle società agli azionisti. Eppure nonostante tutto questo, le negoziazioni di BNP si sono acuite nonostante la presunta competenza della banca con questi prodotti. "Tali transazioni complesse sono state un punto di forza delle banche francesi", ha scritto Bloomberg.

Quando l’umore sociale muta, la maggior parte delle banche iper-indebitate vengono messe fuori uso. Nello specifico, la presunta competenza di BNP si rivela nient'altro che una dipendenza senza speranza delle tendenze in scadenza del vecchio mercato toro. In effetti, le banche specializzate in future sui dividendi stanno semplicemente scommettendo che questi pagamenti aumenteranno nel tempo, giacché di solito, dopo tutto è questo che fanno. Purtroppo a Marzo, le più grandi società europee hanno tagliato i dividendi o li hanno sospesi del tutto, facendo crollare del 48% l'indice Euro Stoxx 50 Dividend Points Futures. Al suo minimo di marzo, l'indice aveva cancellato tutti i suoi guadagni dal giugno 2009 e, secondo quanto riferito, le perdite di BNP erano salite a 300 milioni di euro.

Nel grafico sotto è visibile la rasoiata di onda 3 sull’indice suddetto.

Se questo succede durante l’onda (1) dei cali azionari, vi lascio immaginare cosa succederà quando l’onda (3) prenderà il largo e quante Bear Stearns, Lehman Brothers, Northen Rock e Long Term Capital Management dovremo vedere con un sistema bancario seduto su una vasta montagna di commerci rischiosi.

Siccome qualcuno mi accusa di parlare troppo spesso male di Deutsche Bank, come vedete oggi  resto su Francia e Svizzera.

Nel rimandare il lettore a Wikipedia, per le definizioni di Tier 1, Tier 2 e Tier 3 che sono le classificazioni del capitale a disposizione delle banche,   stabilite dagli accordi di Basilea, un buon metodo per misurare la leva finanziaria consiste nel calcolare le attività difficili da valutare (Tier 2 e 3 ) e rapportarle al capitale di classe 1 (Tier 1). A luglio del 2018 quando la BCE ha indagato sulle attività bancarie sostenne che in realtà esistevano due metodi per ridurre il rischio: o ridurre i prestiti per alleggerire i libri contabili, o vendere attività per aumentare la liquidità. Secondo Bloomberg le banche non avrebbero seguito nessuna delle due strade. Così lo stock di Societè Générale delle attività Tier 2 e Tier 3, supererebbe di sette volte il capitale di Classe 1, e nel gruppo Credit Swiss in Svizzera il rapporto si attesta a più di otto volte. La Barclays britannica e l’immancabile Deutsche Bank stanno soffocando con coefficienti di leva finanziaria di oltre undici volte le attività. Poi qualcuno si mette a ridere quando dico che tra una banca e il materasso di casa oggi è meglio il secondo!.

Ma andiamo avanti: nonostante lo scrollone di febbraio/marzo, le banche continuano a mantenere i prestiti “nella speranza di poter avviare processi di sindacazione lungo la linea” (Reuters 24/04/20). In parole povere, le banche stanno aspettando che i cieli si schiariscano prima di vendere il debito rischioso. L’indice S&P European Leveraged Loan da quando è crollato a febbraio/marzo ha recuperato circa il 50% delle perdite. L’ETF AT1 Capital Bond di Invesco, (altro fondo altamente speculativo) ha recuperato oltre il 60% del calo precedente. Così come la maggior parte degli investitori azionari si tengono gli scheletri nell’armadio sperando un giorno di poter recuperare le perdite, così le banche resistono, nella falsa convinzione che i mercati del credito, torneranno alla normalità una volta che il corona virus sarà sotto controllo.

Reuters il 24/04/20 ha titolato “Le banche hanno respinto le offerte dei finanziatori diretti per acquistare parti dei finanziamenti e alleviare il rischio bancario”.

Se i corsi seguiranno quello che le onde ci raccontano, avrebbero fatto bene a vendere ora anche in perdita, perché più avanti quando i pochi acquirenti ancora esistenti avranno lasciato il mercato per sempre, non riusciranno più a vendere nulla!

 Mentre fino a pochi mesi fa si pensava ancora di poter rilanciare l’inflazione oggi sta tornando in primo piano un futuro deflazionistico del mondo e le più importanti organizzazioni che fino a pochi mesi fa lanciavano stime ottimistiche di PIL in crescita positiva seppur rallentata, ora nel giro di poche settimane hanno dovuto ingranare delle rapide retromarce per rivedere in maniera drastica le loro previsioni. Ma andiamo per ordine.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico afferma che il PIL mondiale perderà circa il 2%  per ogni mese di contenimento del coronavirus. Parallelamente l’Organizzazione mondiale del commercio ha tracciato due scenari uno ottimistico che prevede per il 2020 un calo del PIL del 13% ed uno pessimistico che vede un collasso del 32%!  Non c’è dubbio che siano numeri decisamente brutti. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha cambiato visione. A gennaio del 2020 l’FMI  stimava una crescita globale del 3,3% e fino al 22 febbraio l’amministratore delegato Kristalina Georgeiva si aspettava un impatto dei blocchi del coronavirus dello 0,1% del PIL mondiale.  Oggli l’FMI prevede un PIL al -3% che sarebbe il calo più altro dai tempi della Grande Depressione.

Interessanti le immagini prima e dopo sul sito web dell’FMI che evidenziano i cambiamenti dell’economia prima e dopo.

A sinistra in verde chiaro i paesi con una crescita del PIL (2019) compresa fra il 3 e il 6%. In verde scuro i paesi con crescita superiore al 6%. Nove i paesi in giallo (Angola, Argentina, Haiti, Iran, Liberia, Messico, Namibia, Repubblica del Congo e Sudan) che a fine 2019 presentavano un tasso di crescita tra lo zero e il -3%. Dulcis in fundo sei paesi (Guinea Equatoriale , Iran, Libano, Nicaragua, Venezuela e Zimbabwe) dipinti in rosso con una crescita attestata tra il -3% e il -6%.

A destra la mappa del 2020 dominata dal rosso e dal giallo che coprono praticamente tutto il Nord e il Sud America, l’Africa, l’Australia, l’Europa e la Russia. Alla fine della fiera la contrazione globale del PIL dovrebbe raggiungere la bella cifra di 9.000 miliardi di Dollari.

Di fronte a questi numeri, io credo che non ci sarà nessuna inversione né a V né a W che contrastano nettamente con il quadro delle Onde di Elliott attuale.  Anche se sbagliassimo di un grado e fosse solamente un orso di Ciclo anziché di Superciclo, il calo schiacciante  dell’attività economica e degli scambi commerciali, dovrebbero persistere, per gran parte di questo decennio.

Economia e Deflazione

Un’altra considerazione che contrasta con la previsione di una ripresa a V è che questa crisi non impatta solo sulla domanda con un evidente calo, ma è costretta a fare i conti anche con un eccesso di offerta, che rappresenta il sottoprodotto naturale della deflazione: quando si arresta la crescita economica  le persone riducono drasticamente ogni tipo di spesa. In questo scenario, ad un certo punto il mondo si trova inondato di tutto…(aeroplani, automobili, alluminio, carbone, petrolio greggio, latte, gas naturale etc etc..  

Secondo il Financial Times, "L'industria dell'alluminio sta affrontando un enorme eccesso di offerta che potrebbe causare la perdita di migliaia di posti di lavoro". Poiché le case automobilistiche riducono la produzione, quest'anno la produzione di alluminio potrebbe superare i consumi globali di 6 milioni di tonnellate. Per fare un confronto, la crisi finanziaria globale del 2008-2009 ha generato un surplus di soli 3,9 milioni di tonnellate.

Un tale squilibrio tra domanda e offerta può essere corretto solo in un modo: con un forte calo dei prezzi. In Cina, una "grave discrepanza" nell'offerta e nella domanda di carbone antracite "ha provocato un crollo dei prezzi interni del carbone termico che registrano il livello più basso dal 2016." (Bloomberg, 19/04/20) .

In risposta, una dozzina di compagnie cinesi di estrazione del carbone hanno detto ai dirigenti del settore di tagliare la produzione. Nel frattempo, i produttori di latte nello stato americano del Vermont stanno scaricando latte, perché nessuno lo sta acquistando. Un contadino seduto su 500 blocchi di formaggio artigianale cerca di "darlo via prima di doverlo dare  da mangiare ai suoi maiali". (WCAX, 09/04/20). Basta dare uno sguardo ai prezzi dei contratti Future di luglio 2020, per vedere come su almeno 10 materie prime agricole ed energetiche  i cali di prezzo di quest'anno hanno raggiunto il 40%. Parliamo di Zucchero, Cacao, Soia, Gomma, Crude Oil, Live Cattle, Lean Hogs, Mais, Legname e Cotone). Il caso più eclatante ed emblematico, si è visto tuttavia sul Crude Oil dove il contratto per la scadenza di maggio ha visto un crollo intraday all’incredibile prezzo di   -40$ al barile, ovvero, le compagnie pagavano i commercianti perché gli portassero via il petrolio dalle loro mani. Ed ora ci si comincia chiedere dove stocchiamo tutto questo surplus? I prezzi del petrolio in dodici anni hanno perso l’89%. Mai prima d’ora l’industria petrolifera si è trovata a dover fare i conti con la sua capacità logistica.  

Le recenti mosse di Cina, India, Corea del Sud e Stati Uniti per rimpinguare le loro riserve strategiche di petrolio non hanno avuto quasi alcun impatto. Secondo l'AIE, le perdite involontarie di approvvigionamento tra i produttori al di fuori dell'OPEC supereranno i 5 milioni di barili al giorno nel quarto trimestre, con Stati Uniti e Canada colpiti in modo particolarmente duro. Il mese scorso, mentre 20 petroliere saudite erano dirette verso porti degli Stati Uniti nella Louisiana e nel Texas - che detengono collettivamente 40 milioni di barili di greggio, un gruppo di politici degli Stati Uniti, ha chiesto l'embargo per fermare l'afflusso. 

Un dirigente del petrolio intervistato dal Wal Street Journal  ha detto: "Questa è la Pearl Harbor dei produttori di energia americani" e ancora "Sappiamo che le navi stanno arrivando, eppure nessuno sta facendo nulla al riguardo." (WSJ, 17/04/20)

Lentamente ma sicuramente, i media hanno colto al volo il messaggio più ampio dietro i prezzi del petrolio negativi. Ecco un titolo del New York Times della scorsa settimana:

What the Negative Price of Oil Is Telling Us

We’re in a deflationary moment that surpasses

anything seen in most people’s lifetimes.

—NY Times, 04/21/20

Se il Petrolio piange, il gas certamente non ride, dato che lo stoccaggio di gas naturale si sta rivelando ancora più difficile. “I commercianti di gas naturale liquefatto stanno immagazzinando enormi quantità di merci sulle navi cisterna, sperando che i prezzi aumentino prima delle banchine delle navi” (Bloomberg, 3/3/20)

Ma i problemi sono enormi: se il greggio può restare immagazzinato in un serbatoio per anni, il gas liquido evapora all’interno dei serbatoi e ogni nave, può perdere in un viaggio di 75 giorni dal 5 all’11% del suo carico. Per non parlare poi dei costi. In questi serbatoi occorre mantenere la temperatura a -265 gradi Fahrenheit e questo ha costi enormi. Il mercato europeo era già ben fornito prima della pandemia, sicché nel secondo trimestre i prezzi già ai minimi storici sono destinati ad un’altra ondata ribassista. Infine nel settore delle compagnie aeree l’eccesso di offerta è visibile ad occhio nudo. L’aeroporto di Gatwich in Inghilterra è stipato di Jet passeggeri della British Airway. Easy Jet ha parcheggiato in 30 aeroporti europei 344 aerei. L’aeroporto di Francoforte ha dedicato un’intera pista per ospitare gli aerei lasciati a terra dalla Lufthansa che ha fermi 700 dei suoi 763 aerei. Lo scenario non cambia spostandosi negli Stati Uniti dove Southwest e Delta hanno parcheggiato oltre 50 velivoli in una ex base aerea in California. Delta ha poi altri 160 velivoli depositati in Arizona e Alabama.

Ora Merkel e Macron si stanno dando da fare per garantire un fondo di 500 miliardi di Euro di debito comune perché hanno capito che se non si muovono ora, i populisti vinceranno in Italia, in Spagna, forse in Francia e altrove, ma in ogni caso non sarà facile perché i paesi del nord Europa restano contrari agli Eurobond. I vecchi tempi in cui nazioni europee indipendenti potevano unirsi per il bene comune sono ormai lontani. La pandemia sta inoltre peggiorando il sistema di viaggi senza passaporto. Lo spazio Schengen è stato completamente sospeso nelle prime due settimane di marzo con nove paesi che hanno chiuso i loro confini ed anche la Germania lo ha fatto parzialmente. L’irritazione sta salendo particolarmente in Italia dove sta montando una rabbia senza precedenti, per le troppe chiacchiere e i pochi fatti concreti portati a termine in questi mesi. Secondo un recente sondaggio il 59% degli intervistati ha affermato che l’UE “non ha più senso” (meglio tardi che mai dico io euroscettico da sempre di un Euro senza Europa). E quasi la metà degli italiani ritiene che la Germania sia nemica. Intanto Salvini, scalda i motori per il dopo corona virus, lasciando intendere una sorta di resa dei conti.

A questo punto diciamo che l’Italia potrebbe essere la prima ad   uscire dall’Euro, ma quasi sicuramente non sarebbe l’ultima. Senza contare che da recenti articoli apparsi sulla stampa tedesca, ad un certo punto potrebbe essere la stessa Germania ad avere interesse ad uscire. In un articolo del 9 maggio su Deutsche-Wirtschafts si titolava “Weik & Friedrich: il corona uccide l’euro – la Germania   ha bisogno di una nuovo valuta.”  L’articolo è piuttosto lungo e se vi interessa lo trovate qua: https://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/503899/Weik-%26-Friedrich-Corona-versetzt-Euro-den-Todesstoss-Deutschland-braucht-eine-neue-Waehrung

In estrema sintesi la Germania è convinta che l’Italia sarà il chiodo finale della bara per l’esperimento dell’euro e che l’allargamento del debito a livelli inusitati per soccorrere i paesi del sud Europa, alla fine avrà conseguenze economiche enormi al punto che si parla già di “decennio perduto”. Tuttavia ragionando sul lungo termine gli autori dell’articolo sono convinti che più i politici tedeschi resteranno fedeli all’euro, e maggiore sarà la massimizzazione del danno economico. E l’articolo si conclude con questa chiosa:

“Abbiamo  bisogno dell’Europa come unione economica, ma non come unione monetaria. L’Euro che doveva fare l’Europa sta separando il continente e il fatto è che se l’euro rimane, l’UE fallirà sicuramente. E’ tempo di ripensarci.

"Se pensi che il cambiamento in meglio sia impossibile, non arriverà mai."

Noam Chomsky

alla prossima

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