S&P500 all’attacco di quota 3000: voglia di salire, ma...


Come indicato nelle settimane passate, l’S&P 500 (PC: 3016, cfr. grafico) si trova al test di una soglia chiave di resistenza: quota 3.000. Il forte rally messo a segno dai minimi di metà marzo ha consentito di riportare l’azionario Usa ad un contenuto -11% rispetto ai picchi di fine febbraio, dopo avere registrato addirittura un -35% sui minimi di 2 mesi e mezzo orsono. Contestualmente, e specularmente, il Vix (PC: 30,45) continua ad attaccare il supporto chiave a quota 30.

Ebbene, qui si parrà la sua nobilitate. O l’S&P500 e il Vix riescono a superare in modo convincente questi importanti spartiacque, oppure si conferma l’ipotesi avanzata - e tuttora valida - che quello in corso sia solamente un bear market rally, per quanto decisamente sostenuto.

È a tutti evidente il forte e crescente disallineamento tra il marcato recupero dei mercati azionari, da un lato, e dall’altro le incerte prospettive di miglioramento dell’economia reale - dove sembra di potere escludere un recupero a “V” - nonché la persistente fragilità di fondo dei mercati finanziari - pensiamo anche solo all’enorme mole di debito pubblico e privato (oltre 250 trilioni di dollari USA) accumulatasi negli ultimi anni grazie a tassi artificialmente compressi verso e sotto lo zero dalle politiche monetarie ultraespansive della Fed e delle altre banche centrali mondiali.

Ciò che continua a preoccupare è il legame sempre più stretto tra le sorti dei mercati finanziari e l’enorme flusso di liquidità immesso nei circuiti dalle politiche concertate delle varie banche centrali nel mondo. Già prima del Covid eravamo in una situazione di espansione creditizia record (la liquidità globale era a circa 80 trilioni di dollari USA, il doppio rispetto ai livelli del 2008-2009): tale fiume di denaro creato ex-nihilo dalle autorità monetarie aveva prodotto una vera e propria asset inflation, ovvero un rialzo generalizzato di quotazioni azionarie e obbligazionarie. Ebbene, post Covid abbiamo assistito ad un’ulteriore accelerazione nei flussi di liquidità immessi nei mercati, nel tentativo di stabilizzarli e di rigonfiare quelle bolle che l’ago del Covid aveva improvvisamente fatto scoppiare. 

La domanda è: come e quando potremo tornare ad una situazione di normalità, in cui le dinamiche finanziarie riflettano le dinamiche dell’economia reale e non la droga monetaria immessa dalle banche centrali? A questa domanda nessuno sa rispondere, né i governi (il cui debito è anch’esso sostenuto dagli acquisti sul mercato secondario delle Banche Centrali così come anche il debito privato corporate dall’Investment grade all’high yield) né le stesse Banche Centrali che si ritrovano prigioniere degli schemi che hanno implementato a partire dalla Grande Crisi Finanziaria post 2008-2009.

L’ipotesi di lavoro che manteniamo è quella che il mercato azionario sia sostanzialmente arrivato e che ulteriori spinte all’insù possano configurarsi come delle bull trap. In prima battuta si tratta di livelli dove è opportuno chiudere posizioni lunghe e ipotizzare, per i più aggressivi, anche l’apertura di qualche posizione short sull’azionario, non solo Usa. In ogni caso pare inopportuno correre dietro al mercato anche se l’S&P500 dovesse riuscire a spingersi oltre quota 3000: sui livelli correnti i rischi appaiono troppo grandi rispetto alle opportunità.

Al di là delle previsioni, che ovviamente potrebbero essere smentite dal mercato, rimane la validità del consiglio di money management di attuare un derisking in presenza di un deterioramento delle prospettive di rischio-rendimento. La possibilità latente di assistere a future fasi di debolezza, anche violente, sull’azionario nelle settimane e mesi a venire rende quindi opportuna una valutazione attenta dei rischi, concentrandosi sulla composizione dei portafogli per renderli meno fragili e più diversificati.

Un buon motivo per mantenere un’importante quota dei propri investimenti strategici allocata sui metalli preziosi, in specie l’Oro (PHAU. PC: 148,14)  ma anche l’Argento (PHAG. PC: 15,018) e il Platino (PHPT. PC: 70,260). Mantenere invece posizioni corte sul Palladio (si segnala l’ETC con ticker 1PAS. PC: 14,472), in modo da ridurre tatticamente l’esposizione lunga sugli altri preziosi, che rimane strategica.  

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)